venerdì 24 gennaio 2014

"La luce in fondo al tunnel" di Greta Sollazzo


“Non pensate che l’anoressia sia un capriccio o sia
una malattia semplice da superare, comporta non
solo problemi fisici ma anche mentali"
(Greta Sollazzo, "La luce in fondo al tunnel")


"La luce in fondo al tunnel" è un libro autobiografico in cui l' autrice  si racconta a partire dalla sua tenera età fino ad oggi, soffermandosi a descrivere maggiormente gli anni dell'adolescenza durante i quali attraversa un momento difficilissimo, comune purtroppo a tanti ragazzi e ragazze. Un periodo buio, dal quale ne esce con forza e determinazione mettendo la sua esperienza dolorosa al servizio della scrittura.
Il libro vuole essere di aiuto a tutte le persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare, che  non riescono a trovare una via di salvezza.




Greta Sollazzo nasce a Gioia Tauro (RC) il 3 Novembre 1986, trascorre i suoi anni  a Galatro (RC) dove vive ancora oggi. Dopo aver conseguito, con tanto impegno e costanza, il diploma, si laurea nel 2011 in matematica all’Università della Calabria con sede in Arcavacata di Rende (CS). E’ proprio durante gli anni universitari che scopre la passione per la scrittura. Oggi è  un' affermata insegnante di matematica.

"Memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar

"Animula vagula, blandula, 
Hospes comesque corporis, 
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos...."
P. Aelius Hadrianus, IMP.



"Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo. Volevo che le città fossero splendide, piene di luce, irrigate d’acque limpide, popolate di esseri umani il cui corpo non fosse deturpato né dal marchio della miseria o della schiavitù, né dal turgore di una ricchezza volgare….” dice di sè Adriano, uomo totalmente immerso nella sua epoca e vicinissimo al tormento dell'uomo di tutti i tempi, nell'accanita ricerca di un'accordo tra la razionalità e la felicità, tra il destino e l'intelligenza.

Edith Wharton (New York, 24 gennaio 1862 – Saint-Brice-sous-Forêt, 11 agosto 1937)

La felicità è un'opera d'arte. Trattatela con cura.
 (da "Il canto delle muse")


“Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti. La collezione Netter“ in mostra a Roma



"Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti"
Fino al 6 Aprile 2014
Indirizzo:Via del Corso, 320
Via di Montecatini, 18 Roma
Acquisto online: www.ticket.it/modiglianiroma
Email: didattica@arthemisia.it (info didattica)
Sito web: www.mostramodigliani.it
Telefono: +39 06 98373328 infoline
Twitter: https://twitter.com/search?q=%23modigliani
Orario Dal 14 novembre 2013 al 6 aprile 2014
Lun ore 14.00-20.00
Mar-dom ore 10.00-20.00
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura


Amedeo Modigliani (Livorno, 12 luglio 1884 – Parigi, 24 gennaio 1920)


Quando nel 1906, Amedeo Modigliani, appena ventiduenne, giungeva a Parigi, era già in possesso di una notevole cultura letteraria e artistica. Quest'ultima spaziava soprattutto dall'arte gotica italiana a quella rinascimentale, con particolare riferimento a Simone Martini e a Botticelli, dai quali l'artista  aveva appreso il significato della linea di contorno che definisce l'oggetto rappresentato, lo costruisce e, al tempo stesso, è di per sè mezzo espressivo; di essi adotta anche l'allungamento delle figure, elemento funzionale sia alla continuità lineare che all'idealizzazione del soggetto. Modigliani aveva iniziato i suoi studi pittorici sotto una guida di un allievo di Fattori; in seguito si era iscritto alla "Scuola libera del nudo" dell'Accademia di Firenze e aveva frequentato lo studio di Giovanni Fattori , che aveva convalidato la sua naturale inclinazione al disegno e col quale condivideva le idee sociali. Dal 1903 frequenta la "Scuola del nudo " all'Accademia di Venezia: sono anni di studio intenso , che gli forniscono la base di preparazione tecnica e teorica dalla quale potrà sviluppare la sua personalità artistica. Nel 1906, Modigliani è maturo per recarsi a Parigi ed entrare nel vivo dei problemi artistici di quel periodo. E' un momento fervido di novità, discussioni, creazioni. Nel 1905, al Salon d'Automne, era esplosa la fiammata dei fauves e poco prima dell'arrivo a Parigi di Modigliani, era morto Cezànne, la mostra postuma parigina del 1907, rendendone evidente la grandezza, è una lezione per tutti. Il  1907 è anche l'anno delle Demoiselles d'Avignon, mentre nel 1908 si parla per la prima volta di cubismo. Tutto ciò influisce su Modigliani: dai fauves apprende la carica espressionista del colore, e, da Matisse in particolare, il ritmo della linea sinuosa, da Cezànne  e dal cubismo ricava la forza costruttiva. E' importante anche il suo incontro con Brancusi, il grande scultore rumeno e, più tardi, con un altro scultore, il polacco Lipchitz. Modigliani infatti non è soltanto pittore, ma è anche scultore, anzi la sintesi volumetrica è scultorea anche nelle opere di pittura; il disegno stesso ha la definizione della scultura. Sono degli anni intorno al 1910 alcune mirabili sculture: si tratta di teste fortemente stilizzate, allungatissime e sottili, dal profilo tagliente come la prora di una nave o più compatte e costruite, ma altrettanto stilizzate.

 In queste teste tutto è ridotto all'essenza: dal piano del volto , sfuggente verso i lati, emergono la fronte convessa , il crinale triangolare del naso con la bocca sottostante e, al di sopra, le due arcate sopracciliari formanti una linea unica con il naso, mentre gli occhi sono a mandorla, come nell'arte medievale. Troppo povero per acquistare il materiale per scolpire, Modigliani era costretto a rubare di notte le pietre nei cantieri e le  traversine della metropolitana. Ben presto però dovette smettere (1914- 1915) a causa di una salute declinante che non gli permetteva di sostenere lo sforzo fisico necessario ( era gravemente malato di tubercolosi); d'altra parte, egli non concepiva altro tipo di scultura che quella in pietra. Da questo momento Modigliani intensifica l'attività pittorica, peraltro mai interrotta. Nasce in pochi anni una serie di mirabili ritratti: non sono ritratti di committenti, persone estranee conosciute occasionalmente, ma di persone che gli sono state vicine, che lo hanno amato, che hanno sofferto insieme a lui. 

Le figure sono solidamente costruite con una linea energica e con gli stacchi tonali del colore; apparentemente monotoni, perchè seduti, inerti, si differenziano invece per le acute notazioni psicologiche. Ognuno di essi esprime un'infinita, dolcissima malinconia: la malinconia che Modigliani stesso vede in tutte le cose. Anche  in questi ritratti, come nelle sculture, le forme si allungano "innaturalisticamente", talvolta in maniera incredibile, e si deformano espressionisticamente. La realtà, che pure resta il fondamento della concezione di Modigliani, ne risulta trasfigurata, in una superiore perfezione stilistica  che si trova anche nella serie dei nudi, seduti o , per lo più, languidamente sdraiati come moderne "Veneri" tizianesche, anch'essi costruiti con la linea e il colore, casti proprio per la straordinaria trasfigurazione artistica.



giovedì 23 gennaio 2014

"Amore e Psiche. La favola dell'anima" alla Reggia di Monza

AMORE E PSICHE. La favola dell’Anima
Reggia di Monza
Serrone della Reggia di Monza e Rotonda Appiani (Viale Brianza 1)
24 gennaio – 4 maggio 2014
Orari: Lunedì chiuso; da martedì a domenica 10.00 – 20.00
Biglietti: intero € 10,00; ridotto € 8.00; scuole € 5,00
Info: 0392312185 – info@fondazionednart.it

Giorgio Caproni


Giorgio Caproni nacque a Livorno nel 1912. Vissuto tra Livorno, Genova e Roma, abbinò la professione di insegnante  elementare all'attività poetica. Le sue prime raccolte (Come un'allegria, Ballo a Fontanigorda, Finzioni, Stanze della funicolare), poi confluite ne " Il passaggio di Enea" (1956), si distinguono per la presenza del sonetto, della canzonetta rimata e per un lessico talora indugiante a certo preziosismo. La figura di Enea si pone come la metafora del viaggio, della ricerca di un'autenticità perduta e di un "oltre" trascendente; è il punto simbolico di convergenza di un'esigenza esistenziale, ma anche il referente della difficile ricostruzione dopo le rovine della guerra.
Nella raccolta successiva, "Il seme del piangere" (1959), il tema centrale si ha nel recupero incantato della figura della madre, immaginata come sarebbe stata da giovane e immortalata in quadretti idillici. Essa diventa una giovinetta che  - puntualizza lo stesso Caproni - " assume il volto che è stato capace di darle la leggenda che io mi ero formato di lei, udendo i discorsi in casa e guardando le fotografie". Il titolo "Il seme del piangere" rimanda al Purgatorio dantesco ( XXXI, 45- 46): "udendo le sirene sie più forte/ pon giù il seme del piangere ed ascolta". Caproni interpreta il momento in cui chiede a se stesso la forza di superare il dolore per la morte della madre e di ascoltare le voci interiori che possano innalzarla nel canto poetico.

Un notevole passo in avanti si ha ne "Il muro della terra(1975), una raccolta costituita da un'intensa versificazione epigrammatica che si salda con tematiche molto profonde, come quelle del viaggio e della ricerca di un'identità. Questi toni brevi e sentenziosi si protrarranno nelle successive raccolte "Il franco cacciatore" (1982) e "Il conte di Kevenhüller" (1986), ove, al di là di ogni forma di  acredine e di sarcasmo, il poeta svolge il tema dell'assenza e dell'impossibiltà per l'uomo di un approdo solido nell'effimero della vita, smarrito in un universo ottenebrato dall'assenza di Dio.Notevoli le sue traduzioni di poeti stranieri, soprattutto dal francese, da Baudelaire a Proust, ad Apollinaire, a Celine. La poesia di Caproni si inserisce nei metri e nelle rime della tradizione, recuperando certi moduli stilistici sabiani e superando in parte l'Ermetismo degli anni Trenta. Il l inguaggio poetico resta estraneo all'eccessiva colloquialità crepuscolare come all'oscurità degli ermetici e si distingue - puntualizza lo stesso Caproni in un'intervista (1965)- per "la chiarezza, l'incisività, la franchezza, il sempre crescente orrore per i giochi puramente sintattico o concettuali". Ciò tuttavia non impedisce la presenza di una disciplina formale e di una intrinseca musicalità, dovute al sapiente recupero della metrica tradizionale e alla capacità di conferire al sonetto alti livelli tecnici. Frequente l'impiego degli enjambements, che arricchiscono e movimentano il tessuto ritmico. Non mancano momenti di tensioni analogiche ed evocative.