Il rapporto tra l’alfabetismo e l’analfabetismo è costante, ma al giorno d’oggi gli analfabeti sanno leggere.
(Eugenio Montale)
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lunedì 22 giugno 2020
domenica 26 aprile 2020
Eugenio Montale
Tutto fa pensare che l'uomo d'oggi sia più che mai estraneo vivente tra estranei, e che l'apparente comunicazione della vita odierna − una comunicazione che non ha precedenti − avvenga non tra uomini veri ma tra i loro duplicati.
(Eugenio Montale, Auto da fé, 1966)
(Eugenio Montale, Auto da fé, 1966)
lunedì 20 aprile 2020
Eugenio Montale
Lei sola percepiva i suoni dei miei silenzi. Temevo a volte che fuggisse il tempo ostile mentre parlavamo.
Dopodiché ho smarrito la memoria ed ora mi ritrovo a parlare di lei con te, tra spirali di fumo che velano la nostra commozione.
Ed è questa la parte di me che ritrovo mutata: il sentimento, per sé informe, in quest'oggi che è solo di rimpianto.
- Eugenio Montale, Ricordo
Dopodiché ho smarrito la memoria ed ora mi ritrovo a parlare di lei con te, tra spirali di fumo che velano la nostra commozione.
Ed è questa la parte di me che ritrovo mutata: il sentimento, per sé informe, in quest'oggi che è solo di rimpianto.
- Eugenio Montale, Ricordo
mercoledì 24 aprile 2019
Eugenio Montale
Ogni giorno di più mi scopro difettivo:
manca il totale.
Gli addendi sono a posto, ineccepibili,
ma la somma?
lunedì 12 novembre 2018
Eugenio Montale
"Lo sai: debbo riperderti e non posso.”
— Eugenio Montale - Mottetti (1934, estratto)
domenica 22 luglio 2018
Eugenio Montale
Non c'è un unico tempo: ci sono molti nastri
che paralleli slittano
spesso in senso contrario e raramente
s'intersecano. E’ quando si palesa
la sola verità che, disvelata,
viene subito espunta da chi sorveglia
i congegni e gli scambi. E si ripiomba
poi nell'unico tempo. Ma in quell'attimo
solo i pochi viventi si sono riconosciuti
per dirsi addio, non arrivederci.
domenica 24 giugno 2018
Eugenio Montale
Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che cosí sia.
Hai raschiato a dovere la carta a vetro
e su noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico più grande del diadema
che ti abbagliava.
Non apparirai più dal portello
dell'aliscafo o da fondali d'alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non ti chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l'arco dal baraccone.
Non me lo chiedo neanch'io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.
giovedì 10 agosto 2017
mercoledì 28 dicembre 2016
Eugenio Montale
Non sai, quante volte mi definisco un difetto, non lo sai, quante volte vorrei sentirmi dire che sbaglio. Essere sfiorato di proposito, e sentire caldo. Non lo sai, vero? Che ogni piccola cosa per me è importante.
martedì 20 settembre 2016
domenica 18 settembre 2016
Eugenio Montale
Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che così sia.
non sei più chi sei stata
ed è giusto che così sia.
— | Eugenio Montale, Gli uomini che si voltano |
lunedì 12 settembre 2016
Ho sceso, dandoti il braccio
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
- Eugenio Montale, poesia n°5 di Xenia II, contenuta poi all'interno della raccolta Saturadomenica 11 settembre 2016
Montale
Quante volte t’ho atteso alla stazione
nel freddo, nella nebbia. Passeggiavo
tossicchiando, comprando giornali innominabili,
fumando Giuba poi soppresse dal ministro
dei tabacchi, il balordo!
Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una
sottrazione. Scrutavo le carriole
dei facchini se mai ci fosse dentro
il tuo bagaglio, e tu dietro, in ritardo.
Poi apparivi, ultima. È un ricordo
tra tanti altri. Nel sogno mi perseguita.
- Eugenio Montale
nel freddo, nella nebbia. Passeggiavo
tossicchiando, comprando giornali innominabili,
fumando Giuba poi soppresse dal ministro
dei tabacchi, il balordo!
Forse un treno sbagliato, un doppione oppure una
sottrazione. Scrutavo le carriole
dei facchini se mai ci fosse dentro
il tuo bagaglio, e tu dietro, in ritardo.
Poi apparivi, ultima. È un ricordo
tra tanti altri. Nel sogno mi perseguita.
- Eugenio Montale
mercoledì 3 agosto 2016
Eugenio Montale
Vieni qui, facciamo una poesia
che non sappia di nulla,
e dica tutto lo stesso.
— | Eugenio Montale, da "Suonatina di pianoforte" |
venerdì 26 giugno 2015
domenica 7 dicembre 2014
domenica 14 settembre 2014
sabato 13 settembre 2014
Eugenio Montale, “Un incontro a Milano” (dal Corriere d’informazione, 21 febbraio 1946)
“Sul finire dell’inverno del 1926, in un mattino quasi primaverile, un signore piuttosto anziano, non alto, alquanto corpulento ma elegante, si era fermato dinanzi all’ingresso del teatro della scala a Milano. Era con lui una signora di parecchi anni più giovane. Il signore anziano somigliava stranamente a un ritratto dell’industriale triestino Ettore Schmitz, da me visto poco prima sulle “Nouvelles litteraires”. In compagnia di un amico seguii per qualche tratto di via Manzoni la coppia, poi mi feci coraggio e arrischiai la domanda: “Il signor Schmitz?”. Non mi ero sbagliato. Avevo davanti a me il romanziere Italo Svevo, l’uomo che mi aveva scritto due mesi prima per ringraziarmi di un articolo con cui avevo precorso (modesta staffetta) lo scoppio della sua improvvisa celebrità. Il signor Schmitz ci invitò a sedere con lui a un caffè. Il mio nome aveva destato la sua curiosità. Un importatore di resine e di acquaragia che si chiamava come me gli aveva venduto merce per anni e anni, con molta sua soddisfazione; era forse mio parente? Ammisi che si trattava di mio padre, senza supporre che acquistavo un titolo di benemerenza ai suoi occhi.”
— Eugenio Montale, “Un incontro a Milano” (dal Corriere d’informazione, 21 febbraio 1946)
Eugenio Montale
“Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.”
— Eugenio Montale, Ossi di seppia
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.”
— Eugenio Montale, Ossi di seppia
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