giovedì 3 aprile 2014

Maria Gabriella Ferri (Roma, 18 settembre 1942 – Corchiano, 3 aprile 2004)

" Ognuno è un cantastoria 
tante facce nella memoria 
tanto di tutto tanto di niente 
le parole di tanta gente. 
Tanto buio tanto colore 
tanta noia tanto amore 
tante sciocchezze tante passioni 
tanto silenzio tante canzoni. “
Gabriella Ferri — Sempre 

Carlo Lizzani

La cosa più importante del cinema italiano è la sua doppia identità, una condizione che poi rispecchia perfettamente la cultura del nostro paese, formatasi nel corso dei secoli su una scala diversa da quella su cui si sono formate, ad esempio, la cultura e la lingua della Francia, della Russia, dell’Inghilterra, seguendo e assecondando processi di unità nazionale molto lenti, ma molto profondi. L’immaginario italiano, che si è costituito soprattutto nel Medioevo e nel Rinascimento, è legato a tematiche, ideologie e raffigurazioni non nazionali: la Chiesa, l’Impero, i Comuni, le signorie che nessun principe è riuscito a immettere in un disegno nazionale. Voglio dire che l’identità culturale italiana non si fonda solo su Dante, Manzoni e Verga, ma sull’universalismo rinascimentale, su quell’immenso repertorio di immagini e parole creato nei tanti secoli in cui l’Italia non fu nazione ma crocevia di tutta la civiltà occidentale. In questo senso, nessun’altra cinematografia ha saputo – come quella italiana – proporsi come sovranazionale, fino a identificarsi con altre culture. Visconti e i suoi sceneggiatori hanno fatto grande riferimento alla cultura tedesca e mitteleuropea; Antonioni ha girato film come Blow Up, Zabriskie Point e Professione Reporter; Gillo Pontecorvo ha girato La battaglia di Algeri e Queimada; Bernardo Bertolucci ha realizzato delle straordinarie mimetizzazioni culturali con L’ultimo imperatore e Il piccolo Budda; e andando indietro non possiamo dimenticare Germania anno zero di Rossellini, che fa parte a tutti gli effetti della storia del cinema tedesco del dopoguerra, e più di recente La presa del potere di Luigi XIV; e si potrebbe continuare ancora con Ferreri, Scola, Zeffirelli, la Cavani, Leone. A confermarmi in quest’idea è stato, curiosamente, proprio Sergio Leone, quando lo intervistai per un mio lavoro sulla storia del cinema italiano. Gli chiesi: «Come hai potuto identificarti così bene con l’epica del Far West? Quanto di più lontano dalla realtà in cui sei vissuto e ti sei formato». E lui con molto candore, e anche un po’ stupito, mi rispose: «E Ariosto, allora? Lui non si identificava con la chanson de geste? Non parlava dei mori e dei Pirenei?». Lì per lì, la frase mi fece venire un brivido, mi sembrava tradire una certa presunzione, ma poi ripensandoci mi sono reso conto che Leone aveva perfettamente ragione. Si tratta davvero di una peculiarità italiana, perché ad esempio i francesi, tranne rare eccezioni, hanno sempre fallito quando hanno cercato di identificarsi con altre culture, per non dire degli americani, che quando ambientano i loro film in Italia non riescono a sfuggire agli stereotipi e alle macchiette. Riescono ad essere credibili, forse, solo i registi di origine ebraica o slava, e non è un caso viste le loro radici culturali multietniche. Quello che voglio dire con questo discorso è che la doppia identità non è sinonimo di ambiguità, può essere invece, com’è stato in molti casi del cinema italiano, una straordinaria opportunità da mettere a frutto.
-Carlo Lizzani



mercoledì 2 aprile 2014

Stasera in tv

Per gli insonni...
Alle 0.35 su Rai Movie sarà trasmesso "Les amants", film del 1958 diretto da Louis Malle.
Con Josè Luis De Villalonga e Jeanne Moreau.

Premi:
Leone d'argento - Gran Premio della giuria al Festival di Venezia

Papa Giovanni Paolo II ( Wadowice, 18 maggio 1920 – Città del Vaticano, 2 aprile 2005)

"Vi diranno che non siete abbastanza. Non fatevi ingannare, siete molto meglio di quello che vogliono farvi credere!" 
Karol Wojtyla


Buon compleanno a ...

Mi piacerebbe una grande avventura: con Dio in persona, possibilmente.
- Giuliana De Sio
Buon compleanno alla grande Giuliana De Sio, nata a Salerno il  2 aprile 1957 <3


Aldo Fabrizi (Roma, 1º novembre 1905 – Roma, 2 aprile 1990)

Doppo che ho rinnegato pasta e pane,
so’ dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure…
me pare ‘n anno e so’ du’ settimane.
Nemmanco dormo più, le notti sane,
pe’ damme er conciabbocca a le torture,
le passo a immagina’ le svojature
co’ la lingua de fòra come un cane.
Ma vale poi la pena de soffrì
lontano da ‘na tavola e ‘na sedia
pensanno che se deve da morì?
Nun è pe’ fa’ er fanatico romano;
però de fronte a ‘sto campa’ d’inedia,
mejo morì co’ la forchetta in mano!
Aldo Fabrizi

Roma città aperta

‘Chi ce le farà dimentica’ tutte ‘ste sofferenze, tutte ‘ste ansie, ‘ste paure? Ma Cristo nun ce vede!?
Tanti mi fanno questa domanda, sora Pina. “Cristo non ci vede…”. Ma siamo sicuri di non averlo meritato questo flagello? Siamo sicuri di aver sempre vissuto secondo le leggi del Signore? Nessuno pensa di cambiar vita, di ravvedersi. Poi, quando i nodi arrivano al pettine, tutti si disperano e si domandano: “Ma non ci vede il Signore? Non ha pietà di noi il Signore?”. Sì, il Signore avrà pietà di noi, ma abbiamo tanto da farci perdonare.’

- Dal film “Roma Città aperta”,  Anna Magnani e  Aldo Fabrizi