domenica 9 marzo 2014

Charles Bukowski

"Ci sono volte che ti alzi dal letto la mattina e pensi: "non ce la posso fare", ma dentro ridi ricordandoti quante volte ti sei sentito nello stesso modo."

Charles Bukowski


Charles Bukowski

"Aspettando abbiamo scattato qualche foto e poi ci siamo salutati e siamo saliti, e abbiamo fatto anche i saluti dal finestrino mentre il treno partiva. Se ti importa di qualcuno, questo è uno degli avvenimenti più tristi della vita e degli esseri viventi, e il trucco migliore è fingere di essere annoiati, altrimenti può diventare imbarazzante, e poi il treno non si ferma nè inverte il senso di marcia, non là comunque, e quindi è un pò come morire lentamente, per niente bello, è meglio entrare nello scompartimento e sedersi a cercare carte geografiche e sigarette, a controllare che i bagagli non ci cadano in testa, a vedere se i braccioli si possono piegare in modo da potersi allungare, a controllare il passaporto e la stitichezza, poi pensare a come e quando riuscire a conquistarsi il primo drink.”
- Charles Bukowski,  "Shakespeare non l'ha mai fatto"

Charles Bukowski

Quello che più mi piace, mi sa, è che nel tempo tutto si risolve, si aggiusta, si cicatrizza, indipendentemente da quel che penso o faccio.
- Charles Bukowski

Charles Bukowski

E così vorresti fare lo scrittore?
Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo
a meno che non ti venga dritto
dal cuore e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo.
se devi startene seduto per ore
a fissare lo schermo del computer
o curvo sulla macchina da scrivere
alla ricerca delle parole,
non farlo.
se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo
se lo fai perchè vuoi
delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a
scrivere e riscrivere,
non farlo.
se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro
se prima devi leggerlo a tua moglie
o alla tua ragazza o al tuo ragazzo
o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di
persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e
pretenzioso, non farti consumare dall’autocompiacimento
le biblioteche del mondo
hanno sbadigliato
fino ad addormentarsi per tipi come te
non aggiungerti a loro
non farlo
a meno che non ti esca
dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo
non ti porti alla follia o
al suicidio o all’omicidio,
non farlo
a meno che il sole dentro di te stia
bruciandoti le viscere,
non farlo.
quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sè e continuerà finchè tu morirai o morirà in te.
Non c’è altro modo
e non c’è mai stato.

Charles Bukowski

sabato 8 marzo 2014

Natalia Aspesi

Se le mogli non riuscivano ad avere figli era solo colpa loro ed erano donne mancate. Se le donne diventavano madri senza essere sposate erano disonorate e i genitori cacciavano di casa. Se le donne non volevano quel figlio e tentavano clandestinamente di interrompere la gravidanza potevano morire. Le mogli allevavano da sole i figli ma la patria potestà era del marito. Il solo scopo delle donne era essere madri rinunciando ad essere donne. Il rapporto delle donne con la maternità è sempre stato gestito e approvato da leggi, idee, paure, maschili. Ma le donne molto hanno ottenuto e ancora più sognano. Vorrebbero, alla rinfusa: essere persone prima che madri; scegliere di essere o non essere madri; accedere alle tecniche di inseminazione eterologa; essere aiutate sin dall’adolescenza a non trovarsi madri per puro caso; essere madri di quanti figli desiderano senza dover rinunciare alla carriera o scegliere di rinunciarci per essere del tutto madri; avere accanto un uomo-padre come loro sono donna-madre, malgrado il lavoro e l’organizzazione domestica; essere madri di figli maschi e saperli far crescere affinché imparino ad amare, rispettare, aiutare le donne della loro vita; essere madri di figlie femmine che imparino a rispettare il proprio corpo, la propria intelligenza, il proprio valore, impedendo a chiunque di irriderle perché in grado di star sedute sulla propria fortuna.
Natalia Aspesi


Miriam Mafai

Corri, bambina, corri…, tu che hai buona la testa, le gambe e il cuore.
Corri senza rallentare davanti agli ostacoli, alla stanchezza, alla nostalgia (che pure talvolta ti coglie) del tempo della lentezza e della protezione.
Corri per arrivare dove avevi deciso, per soddisfare il tuo sogno e la tua ambizione. La modestia, la rinuncia alle proprie ambizioni, se pure riuscirono, segretamente, a nutrirle, fu il connotato delle donne delle generazioni che ti hanno preceduto, donne educate alla modestia e alla rassegnazione, a mettersi al servizio dell’ ambizione del maschio della famiglia, fosse il marito, il fratello, il figlio. Tu sei diversa, tu hai deciso di arrivare dove ti sei proposta.
Tra le donne che oggi hanno successo, molte portano nomi illustri. Hanno successo, dunque, per diritto ereditario. Tu non hai un nome illustre, né una famiglia importante alle spalle, ma hai buona la testa, le gambe e il cuore.
E hai diritto a correre, e ad arrivare prima se la corsa non sarà truccata.
Noi, della generazione che è venuta prima di te, una generazione che si è impegnata nella corsa, che spesso ha vinto, che più spesso ha perso, ti daremo una mano, se ce la chiederai. Ma tu devi sapere che hai diritto a una corsa non truccata, che hai diritto al successo.

Miriam Mafai, 8 marzo 2011






Anaïs Nin

Ho pianto perché il processo grazie al quale sono divenuta donna è stato doloroso. 
Ho pianto perché non sono più una bambina con la fede cieca di una bambina. 
Ho pianto perché i miei occhi sono aperti sulla realtà. 
Ho pianto perché non posso più credere e io amo credere. 
Posso ancora amare appassionatamente anche senza credere. 
Questo significa che amo umanamente.
Ho pianto perché d’ora in avanti piangerò meno.
Ho pianto perché ho perso il mio dolore e non sono
ancora abituata alla sua assenza.

Anaïs Nin