martedì 28 giugno 2022

L' artefice della fortuna critica di Pirandello

 «La tragedia di Enrico IV è la tragedia della vita in forma esemplare, tale appunto essendo la tragedia della vita per Pirandello: doversi necessariamente dare forma e non potersene contentare, chè sempre, presto o tardi, la vita paga il fio della forma che si è data o lasciata dare. Il centro del dramma pirandelliano è qui: in questo scontrarsi della vita con la forma in cui l’individuo l’ha incanalata o in cui per lui l’hanno incanalata gli altri. Pirandello sceglie i suoi personaggi nel comune materiale della vita, il meno eroico, il più consuetudinario e ordinario possibile: impiegati professionisti professori commercianti borghesucci. Li sceglie, cioè, nella classe in cui è più viva la preoccupazione delle regole delle convenienze delle forme delle finzioni delle apparenze delle maschere sociali. Dà loro un corpo sgraziato o infelice, con qualche particolarità del viso o del corpo o qualche tic ripugnante o antipatico o curioso. Li colloca negli ambienti più banali e piccolo borghesi che si possono immaginare. E, attraverso una preparazione lenta minuziosa secca arida ingrata, fatta di battute in apparenza disordinate e confuse, ma dalle quali a poco a poco, per una serie di accenni più o meno indiretti, s’incomincia a delinear la vicenda, li conduce al momento in cui tra la loro spontaneità vitale e la maschera che o si erano volontariamente posta o si erano lasciata porre sul volto si determina una opposizione violenta o quando, affacciandosi come in uno specchio nella costruzione che gli altri si sono fatta di loro, non vi si riconoscono e delirano di dolore e di orrore al dirsi : questo sono io».


Adriano Tilgher, Studi sul teatro contemporaneo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere, 1923


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