Nato a Firenze nel 1885, Aldo Palazzeschi ( il cui vero nome è Aldo Giurlani) si diploma ragioniere nel 1902, ma si dedica subito alla poesia, avvicinandosi a Marinetti e ai futuristi. Trasferitosi nel 1913 a Parigi con gli amici Soffici e Papini, il poeta ha modo di incontrare i maggiori artisti delle Avanguardie europee: da Picasso a Braque, da Matisse ad Apollinaire.
Nel 1914 Palazzeschi si distacca da Marinetti, di cui non condivide la retorica bellicistica. Chiamato alle armi, è costretto a vivere la drammatica esperienza della guerra, che racconterà poi nei bozzetti di "Vita militare" (1959). Il romanzo "Due imperi... mancati" (1920) è una forte accusa contro le ingiustizie del potere e soprattutto contro la guerra, che riduce l'uomo ad oggetto teso soltanto ad uccidere.
Al termine del conflitto lo scrittore sceglie di vivere in modo appartato. Fino al 1941 dimora a Firenze, poi si trasferisce a Roma, dove resterà fino alla morte, avvenuta nel 1974.
Dopo le prime raccolte giovanili - I cavalli bianchi (1905), Lanterna (1907) e Poemi (1909)- , l'opera che più fortemente esprime l'originalità di Pallazzeschi nell'ambito della poetica futurista è "L'incendiario" (1910). Presentandosi sotto le spoglie di questa bizzarra figura, in parte seria in parte ironica, il poeta gioca il ruolo di un moderno Cecco Angiolieri, deciso a bruciare tutto il vecchiume del mondo. L'incendiario è il distruttore di un ordine e di una moralità ipocriti, dell'interesse borghese e in genere delle convenzioni sociali, cui viene contrapposta la sublime e leggera gratuità della poesia.
Il tono raramente è "marinettiano", in quanto il gusto per le deformazioni linguistiche, le onomatopee e i giochi fonici riveste di una nota di ridente musicalità l'apparente aggressività del contenuto. Nel contempo i personaggi poetici, deformati in modo grottesco, diventano simili a burattini o a maschere.
Si può parlare in effetti, a proposito di Palazzeschi poeta, di una dimensione pre- razionale, simile a quella di un bambino, che smonta e rimonta, sconvolgendoli e disgregandoli, i materiali della poesia sentimentale tradizionale, in un'operazione che può sembrare gratuita ed arbitraria, ma che ha in sé una valenza tutt'altro che meramente ludica.
Centrale, in questo "gioco", è la polemica contro un'immagine troppo " seria" della poesia, che sarebbe comune, secondo Palazzeschi, sia alle poetiche tradizionali,sia a quelle dannuunziane o crepuscolari. In questo senso è fondamentale il manifesto "Il controdolore" (1914), dove lo scrittore rifiuta l'idea che soltanto l'esperienza del dolore sia degna della poesia, la quale, al contrario, può e deve esprimere la gioia di vivere, l'allegria e il divertimento.
Il codice di Perelà (1911) rappresenta forse il culmine della tendenza disgregatrice e distruttiva, ma nel contempo ironica e leggera, di Palazzeschi futurista: protagonista di questo romanzo surreale e beffardo è Perelà, un uomo di fumo, che si materializza per vivere mille avventure fantastiche e grottesche all'insegna del puro divertimento per poi dissolversi di nuovo e sparire.
L'esperienza di narratore, già avviata nel periodo futurista con Il codice di Perelà, La Piramide (1914) e i racconti di Il re Bello (1921), viene ripresa negli anni Trenta, quando Palazzeschi pubblica un fortunato romanzo - Sorelle Materassi (1934) - e una nuova raccolta di novelle, Il palio dei buffi ( 1973): sono opere dove si esprime, dietro l'ironica e bonaria messa in scena, una visione amara e disincantata della vita. La violenta deformazione, che prima riguardava il linguaggio, prende di mira ora i personaggi: mentre infatti la lingua si presenta irmai come regolare ed elegante, le figure rappresentate sono quelle di individui marginali, spesso prigionieri di una mania o ossessionati da paure irrazionali, incapaci di vivere ma disperatamente nostalgici della vita.
Tipico, in questo senso, è il romanzo Sorelle Materassi, da molti considerato il capolavoro di Palazzeschi. Le due protagoniste, Teresa e Carolina Materassi, che lavoravano come ricamatrici in un paese presso Firenze, hanno raggiunto una certa agiatezza grazie a una vita rigorosamente dedita al risparmio. Ma l'arrivo del nipote Remo, rimasto orfano, introduce una nota di colore e una vampata di giovinezza nella loro monotona esistenza: con gioia le due sorelle mettono a disposizione del cinico e affascinante nipote ogni loro bene, fin quasi a ridursi in miseria. Alla fine Remo sposa una ricca ereditiera e si trasferisce in America, mentre le due donne, costrette a faticare duramente per sopravvivere, continueranno a pensare a lui con malinconica nostalgia.
Anche nel secondo dopoguerra Palazzeschi scrive importanti testi, soprattutto in prosa. Spicca il romanzo I fratelli Cuccoli (1948), dove il protagonista è ancora un tipo bizzarro e strano, che supera però ostacoli e difficoltà proprio con la sua irrazionale voglia di vivere.
Accanto a nuove raccolte di racconti - Bestie del 900 (1951) e Il buffo integrale ( 1966), appaiono anche testi poetici dai toni spesso ironici e salaci, che ricordano la produzione giovanile legata al futurismo.
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