《Il reale va bene, l'interessante è meglio》.
Stanley Kubrick (New York, 26 luglio 1928 – Harpenden, 7 marzo 1999)
《Il reale va bene, l'interessante è meglio》.
Stanley Kubrick (New York, 26 luglio 1928 – Harpenden, 7 marzo 1999)
"Ventiquattr’ore prima che ti sbranassero, venni a Roma con Panagulis. Ci venni decisa a vederti, risponderti a voce su ciò che mi avevi scritto. Era un venerdì. E Panagulis ti telefonò a casa ma, alla terza cifra, si inseriva una voce che scandiva: «Attenzione. A causa del sabotaggio avvenuto nei giorni scorsi alla centrale dell’EUR, il servizio dei numeri che incominciano col 59 è temporaneamente sospeso». L’indomani accadde lo stesso. Ci dispiacque perché credevamo di venire a cena con te, sabato sera, ma ci consolammo pensando che saremmo riusciti a vederti domenica mattina.
Per domenica avevamo dato appuntamento a Giancarlo Pajetta e Miriam Mafai in piazza Navona: prendiamo un aperitivo e poi andiamo a mangiare. Così verso le dieci ti telefonammo di nuovo. Ma, di nuovo, si inserì quella voce che scandiva: attenzione, a causa del sabotaggio il numero non funziona. E a piazza Navona andammo senza di te. Era una bella giornata, una giornata piena di sole. Seduti al bar Tre Scalini ci mettemmo a parlare di Franco che non muore mai, ed io pensavo: mi sarebbe piaciuto sentir Pier Paolo parlare di Franco che non muore mai.
Poi si avvicinò un ragazzo che vendeva «l’Unità» e disse a Pajetta: «Hanno ammazzato Pasolini». Lo disse sorridendo, quasi annunciasse la sconfitta di una squadra di calcio. Pajetta non capì. O non volle capire? Alzò una fronte aggrottata, brontolò: «Chi? Hanno ammazzato chi?». E il ragazzo: «Pasolini». E io, assurdamente: «Pasolini chi?». E il ragazzo: «Come chi? Come Pasolini chi? Pasolini Pier Paolo». E Panagulis disse: «Non è vero». E Miriam Mafai disse: «È uno scherzo». Però allo stesso tempo si alzò e corse a telefonare per chiedere se fosse uno scherzo. Tornò quasi subito col viso pallido. «È vero. L’hanno ammazzato davvero». In mezzo alla piazza un giullare coi pantaloni verdi suonava un piffero lungo. Suonando ballava alzando in modo grottesco le gambe fasciate dai pantaloni verdi, e la gente rideva. «L’hanno ammazzato a Ostia, stanotte» aggiunse Miriam. Qualcuno rise più forte perché il giullare ora agitava il piffero e cantava una canzone assurda. Cantava: «L’amore è morto, virgola, l’amore è morto, punto! Così io ti piango, virgola, così io ti piango, punto!».
Non andammo a mangiare. Pajetta e la Mafai si allontanarono con la testa china, io e Panagulis ci mettemmo a camminare senza sapere dove. In una strada deserta c’era un bar deserto, con la televisione accesa. Si entrò seguiti da un giovanotto che chiedeva stravolto: «Ma è vero? È vero?». E la padrona del bar chiese: «Vero cosa?». E il giovanotto rispose: «Di Pasolini. Pasolini ammazzato». E la padrona del bar gridò: «Pasolini Pier Paolo? Gesù! Gesummaria! Ammazzato! Gesù! Sarà una cosa politica!». Poi sullo schermo della televisione apparve Giuseppe Vannucchi e dette la notizia ufficiale. Apparvero anche i due popolani che avevano scoperto il tuo corpo. Dissero che da lontano non sembravi nemmeno un corpo, tanto eri massacrato. Sembravi un mucchio di immondizia e solo dopo che t’ebbero guardato da vicino si accorsero che non eri immondizia, eri un uomo. Mi maltratterai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una luce s’è spenta?".
Tratto da "Pasolini, un uomo scomodo", di Oriana Fallaci, Rizzoli, 2015
《Certo, ho pochi amici, ma quei pochi sono veri. Me li sono scelti. Quanta gente incontriamo nella vita e quanta ce ne lasciamo indietro. Sono pochi perché in un modo o nell'altro riescono sempre a ferirmi, o a tradirmi: ed esser traditi in amicizia è molto peggio che esser traditi in amore》.
— Anna Magnani
Estratto dall'intervista di Oriana Fallaci ad Anna Magnani (da "Gli Antipatici", di O. Fallaci)
ORIANA FALLACI: Di qualcosa avrà pur paura anche lei, signora Magnani. Di invecchiare, ad esempio. Non ha paura di invecchiare?
ANNA MAGNANI: No, a condizione che non mi invecchi il cervello. Le grinze in faccia, sa, son sopportabili. Soprattutto se si è goduto abbastanza quando non c'erano. Ma le grinze al cervello, che orrore! Di morire, allora. Non ha paura, lei, di morire? Io sì, tanta. Ci penso sempre, alla morte. È così ingiusto morire, dal momento che si è nati. Morire è finire: perché si deve finire? Un uomo dovrebbe finire quando decide di finire, quando è stanco, pago di tutto: non prima. Oddio, c'è una tale sproporzione tra la dolcezza con la quale si nasce e la fatica con la quale si muore. Nascere è quattro strilletti sani e gioiosi, morire è tragedia. Si dovrebbe almeno morire con la stessa dolcezza e incoscienza con la quale si nasce, E lo sa che le dico? Forse sarebbe più giusto nascere vecchi e morire bambini. Gesù, che discorsi. Ora mi farà un ritratto tragico, deprimente. Ma io non sono una donna tragica, deprimente. Io sono... Orià: cosa sono?
ORIANA FALLACI: Gliel'ho detto in principio: un libro già scritto. Tanto più incomprensibile quanto più si rilegge. Ma scritto.
ANNA MAGNANI: Uhm! Boh! Mah! Sta roba da intellettuali! Orià: non faccia l'intellettuale, sia intelligente, ma che pensa di me?
ORIANA FALLACI: Io penso... io penso che lei sia un grand'uomo, signora Magnani.
Roma, aprile 1963.
Il Gabo e la Gaba
Gabriel García Marquez conobbe la sua futura moglie, Mercedes, quando aveva soli nove anni. Le propose di sposarlo a un ballo quando ne compì quattordici, ma dovette attendere che lei avesse ventisei anni per poterla portare all'altare il 21 marzo 1958 a Barranquilla.
Mercedes gli restò accanto per 54 anni, fino all'ultimo giorno di vita di Marquez, il 17 aprile 2014.
Qui giova essere saggi: respingi con forza d’animo la paura anche se giustificata; oppure, scaccia una debolezza con un’altra: tempera il timore con la speranza.
Fece allora un ultimo sforzo per cercare nel suo cuore il luogo dove gli si erano putrefatti gli affetti, e non potè trovarlo.
Gabriel Garcìa Marquez, Cent'anni di solitudine