giovedì 13 luglio 2017

Frida

Dove non puoi amare non soffermarti.
Frida Kalho

Frida Kalho

Tienimi dentro di te, ti imploro.
Voglio essere la tua casa, tua madre, la tua amante e il tuo figlio…
Ti amerò dal panorama che vedi, dalle montagne, dagli oceani e dalle nuvole, dal più sottile dei sorrisi e a volte dalla più profonda disperazione, dal tuo sonno creativo, dal tuo piacere profondo o passeggero, dalla tua stessa ombra o dal tuo stesso sangue.
Guarderò attraverso la finestra dei tuoi occhi per vedere te.
Frida Kalho

Frida Kahlo

Vorrei essere ciò che ho voglia di essere
dietro il sipario della follia: 
mi occuperei dei fiori per tutto il giorno; 
dipingerei il dolore, l’amore e la tenerezza, riderei di tutto cuore dell’idiozia degli altri e tutti direbbero: 
poverina, è matta. (Soprattutto, riderei di me.) 
Costruirei un mondo che, finché vivessi,
andrebbe d’accordo con tutti i mondi.
Frida Kahlo


mercoledì 12 luglio 2017

Jean Modigliani

Paulette Jourdain, che era allora una bambina, si ricorda che la notte in cui Modigliani morì all’ospedale, Zborowski non volle che Jeanne dormisse nello studio della Grande Chaumière. Paulette l’accompagnò in un piccolo albergo della rue de Seme. L’indomani Jeanne andò all’ospedale per rivedere Amedeo. Il padre, silenzioso e ostile, l’accompagnò. Rimase sulla soglia, racconta il dottor Barrieu, mentre Jeanne si avvicinava al cadavere. “Non lo baciò” scrive Stanislas Fumet, amico d’infanzia, con la moglie Aniuta, di Jeanne “ma lo guardò a lungo, senza dir nulla, come se i suoi occhi si appagassero della sua disgrazia. Si ritirò camminando a ritroso, fino alla porta. Conservava il ricordo del viso del morto e si sforzava di non vedere nient’altro”. L’indomani, all’alba, Jeanne Hébuterne si gettò dal quinto piano. “Sembrava un angiolo” disse Foujita, che non rifugge dalla cattiva letteratura. Chantal Quenneville scrive: “Jeannette Hébuterne si era rifugiata dai suoi genitori, cattolici offesi della sua unione con l’ebreo Modigliani, e non diceva una parola. Erano trascorsi due o tre giorni quando domandai ad Andre Delhay: ‘E Jeannette?’. Mi guardò male. Si era gettata, la mattina, dalla finestra del quinto piano della casa dei suoi genitori.

La figlia di Jeanne Hèbuterne e Modì, nel suo libro, scrive di quanto le hanno raccontato a proposito della madre



martedì 11 luglio 2017

Nessuno si salva da solo

“Una che ti guarda e non ti lascia. Ti viene a salvare nel fondo dove ti sei impigliato. O muore lì sotto con te o tornate in superficie insieme.”
— Nessuno si salva da solo, Margaret Mazzantini

Saffo, Frammento 16

Un esercito di cavalieri, dicono alcuni,‎
altri di fanti, altri di navi,‎
sia sulla terra nera la cosa più bella:‎
io dico, ciò che si ama.‎
Saffo, Frammento 16 - Traduzione italiana di Salvatore Quasimodo da “Lirici greci” del 1940 (Mondadori, 1944)‎


Castelli di rabbia


C'era un uomo che partiva, viaggiava, e quando tornava, prima di lui arrivava un gioiello, in una scatola di velluto. La donna che lo aspettava apriva la scatola, vedeva il gioiello e allora sapeva che sarebbe tornato. La gente credeva che fosse un regalo, un prezioso regalo per ogni fuga. Ma il segreto era che il gioiello era sempre lo stesso. Cambiavano le scatole ma lui era sempre quello. Partiva con l'uomo, restava con lui ovunque andasse, passava di valigia in valigia, di città in città, e poi tornava indietro. Veniva dalle mani della donna e lì ritornava, esattamente come l'orologio ritornava nelle mani dell'Ammiraglio. La gente credeva che fosse un regalo, un prezioso regalo per ogni fuga. Invece era ciò che custodiva il filo del loro amore, nel labirinto di mondi in cui l'uomo correva, come un'incrinatura lungo un vaso. Era l'orologio che contava i minuti del tempo anomalo,e unico, che era il tempo del loro volersi. Tornava indietro prima di lui perché lei sapesse che dentro colui che stava arrivando non si era spezzato il filo di quel tempo. Così l'uomo arrivava, infine, e non c'era bisogno di dir nulla, di chiedere nulla, né di sapere. L'istante in cui si vedevano era, per tutt'e due, ancora una volta, lo stesso istante.


Alessandro Baricco - Castelli di rabbia