“I libri sono gli amici più veri. Ti accompagnano nei giorni felici e in quelli tristi, non ti lasciano mai solo. Tu li abbandoni, ma loro sanno perdonarti.”
A cosa serve dunque la letteratura? A cosa serve dire gatto giallo invece di gatto randagio? Definire la vecchiaia viaggiatrice della notte? Parlare delle palizzate formate dagli aranceti di Valenza a proposito di Retz? A cosa serve la testa mozzata della duchessa di Montbazon? Perché trasformare l’umiltà di Rancé (del resto dubbia) in uno spettacolo munito di tutta l’ostentazione dello stile (stile d’essere del personaggio, stile verbale dello scrittore)? Questo insieme di operazioni, questa tecnica, alla cui incongruità (sociale) bisogna sempre far ritorno, serve forse a questo: a soffrire di meno. Roland Barthes, Nuovi saggi critici
“Mi attirava molto l’idea di lavorare in una biblioteca, un luogo dove la gente è costretta a parlare sottovoce e solo quando è necessario. Magari il mondo fosse così.” — Un giorno questo dolore ti sarà utile,Peter Cameron
“Purtroppo le persone ragionevoli si portano addosso una maledizione: la debolezza delle corde vocali. Parla a bassa voce, la ragione: ed è questo che la rende, in Italia, così straniera.”
“In Italia a fare la dittatura non è tanto il dittatore, quanto la paura degli italiani e una certa smania di avere un padrone da servire. Lo diceva Mussolini: “Come si fa a non diventare padroni di un paese di servitori?” — Indro Montanelli