giovedì 19 giugno 2014

Mario Soldati (Torino, 17 novembre 1906 – Tellaro, 19 giugno 1999)

Il miglior souvenir di viaggio è un biglietto tranviario che una mattina, rivestendo un vecchio abito, troviamo in fondo al taschino del gilet, dove l’avevamo messo mesi prima, in una lontana città e poi avevamo dimenticato la sua esistenza. All’improvvisa scoperta, balza il cuore, quel pezzetto di carta è una metafora concisa e straziante.
— Mario Soldati, da “America primo amore”.

mercoledì 18 giugno 2014

Saramago

Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.
— José Saramago - Cecità

martedì 17 giugno 2014

Stasera in tv

« Dopo Lo squalo un altro gigante del cinema. »
(Tagline del film )
Alle 21.15  su Rai Movie sara' trasmesso "Boris - Il film" , film del 2011, diretto e co-sceneggiato da Giacomo CiarrapicoMattia Torre e Luca Vendruscolo. È tratto dalla serie televisiva Boris, e interpretato dallo stesso cast.

Euripide


Robin Norwood, Donne che amano troppo

— Robin Norwood, Donne che amano troppo

Mauro Corona

Ma non vi è denaro al mondo che compri l’amore. Quello c’è o non c’è, è come il vento, viene e va. Spesso quando c’è si scioglie in breve e scappa come neve a primavera. A quel punto, se uno risulta eroinomane d’affetto si mette a far casini. Quando scopre che l’amore si disfa, da neve diventa acqua, l’abbandonato si sente perso, finito, azzerato. Se non è allenato alla sconfitta, educato a perdere, corazzato dal dolore, in pratica se non ha pelle, cominciano i guai. Fa danni. Danni che si riversano su di lui e quelli che gli stanno vicini: genitori, parenti, amici. Non vi è cura nè rimedio per gli alcolisti d’amore, non si recuperano, sono perduti. Gelosia, insicurezza e possesso devastano il loro fegato più di quello che può fare l’alcool. Se non reggono l’intossicazione, si scagliano sugli amanti che dovrebbero adorarli alla follia e invece li hanno piantati.” 
- Mauro Corona


lunedì 16 giugno 2014

Bambini vittime dell’orrore di certe famigliole - di Massimo Gramellini

L’assassino corteggia una collega di lavoro, ne viene respinto e si convince che la ragione del rifiuto sia la sua condizione di uomo impegnato, con moglie e figli a carico. Potrebbe divorziare o anche solo fermarsi un attimo. Ma la vita gli sembra una prigione e le responsabilità le sbarre di una gabbia. Il divorzio costa troppo, in termini economici e sociali. Così mette a letto i bambini, fa l’amore con la moglie, per sfogarsi o per calmarsi, ma non si sfoga e non si calma. Si alza, invece, e va in cucina a prendere un coltello. I bimbi cadono nel sonno, sacrificati come agnellini, La moglie muore da sveglia e fa ancora in tempo a chiedergli «perché». Bella domanda. Ma lui non risponde. Si lava le mani e va al bar a vedere la partita. 

L’avvertenza è d’obbligo: non è che tutte le famiglie siano come quelle che la cronaca nera spinge in avanti come sentinelle del nostro smarrimento. Non siamo diventati all’improvviso un popolo di assassini di ragazzine e sgozzatori di parenti prossimi. Chi varca i confini del delitto è sempre un estremista, però si muove in un contesto sociale che non ci è estraneo. La famiglia: luogo di convivenza forzata, culla e tomba di passioni, ma anche fabbrica di interessi e produttrice inesausta di misteri. Come autore di un romanzo a sfondo familiare mi è capitato di ritrovarmi depositario delle confidenze intime di lettrici e lettori che mi hanno fornito un catalogo impressionante di tutte le meraviglie e gli orrori che la cellula della società umana riesce a produrre: complessi, rancori, scoperte tardive, agnizioni, invidie, gelosie e bugie, tantissime bugie. A fin di bene, a fin di male, a fin di niente. Si vive dentro una bolla di non detti, si accumulano tensioni e illusioni e poi si esplode, per fortuna non sempre con gesti da codice penale, ma in modi comunque feroci che fanno vacillare le certezze. Ad esempio che ci si possa fidare almeno delle persone con cui si condividono le mura di casa.  

Lascio volentieri a sociologi e psicologi il compito di scandagliare gli abissi della comunità e della psiche umana. Il mio pensiero adesso va solo ai bambini: a quelli uccisi dal padre impazzito e ai figli del presunto assassino di Yara, segnati a vita da qualcosa di troppo grande e orribile per loro. Che i sopravvissuti non perdano mai la fiducia nel prossimo, perché gli angeli spuntano dove meno te lo aspetti e una vita passata a guardarsi le spalle è una condanna immeritata per chiunque, figuriamoci per degli innocenti.
Massimo Gramellini, La Stampa Editoriali, 17/06/2014