lunedì 17 marzo 2014

Le notti bianche

"Che tu sia benedetta per l'attimo di felicità che mi hai dato. Non è poco anche in tutta un'intera vita".
- Tratto da "Le notti bianche", film del 1957 diretto da Luchino Visconti, tratto dall'omonimo racconto di Dostoevskij.


Luchino Visconti

Ma che dici? Io vorrei che questo ballo non finisse mai.
- Da "Il gattopardo", regia Luchino Visconti - 1963



Luchino Visconti


Il mare è sempre bello, nei suoi colori, le sue voci, i suoi umori, non sono mai riuscito a capire come gli artisti greci abbiano potuto concentrarsi e dare forma a tante meraviglie avendo sotto gli occhi sempre un tale spettacolo fascinoso, ammaliante. A me basta il ricordo del mare a occupare tutta la mia fantasia.
(Dal film "Gruppo di famiglia in un interno", diretto da Luchino Visconti - 1974)



Luchino Visconti

Io penso che, sebbene gli uomini siano nati uno al di qua di questo fiume e un altro al di là di quel monte, ciò non significhi che i fiumi e i monti siano stati messi da Dio per tenerli separati.
( Dal film "Senso" di Luchino Visconti, 1954)



Luchino Visconti

È lì, per quel film [Il Gattopardo], che mi ha insegnato tutto. [...] «Devi convincerti che tutto il corpo recita, non solo il viso: recitano le braccia, le gambe, le spalle... tutto.» [...] «Ricordati, gli occhi devono dire una cosa che la bocca non dice, perciò lo sguardo deve avere un certo tipo di intensità che contrasti quello che stai dicendo... [...] Devi separare il tuo viso in due: lo sguardo è una cosa; quello che dici, è un'altra...» [...] «Con ogni parte del tuo viso e del tuo corpo devi raccontare una storia diversa e contraria a quella che racconta l'altra parte del tuo viso e del tuo corpo». (Claudia Cardinale su Luchino Visconti)


Rudolf Nureyev ( Irkutsk, 17 marzo 1938 – Parigi, 6 gennaio 1993)

"Se mi chiedessero quando smetterò di ballare risponderei quando finirò di vivere".
- Rudolf Nureyev, (Irkutsk, 17 marzo 1938 - Parigi, 6 gennaio 1993)






Oriana Fallaci

L’abitudine è la più infame delle malattie 
perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, 
qualsiasi dolore, qualsiasi morte. 
Per abitudine si vive accanto a persone odiose, 
si impara a portar le catene, a subir ingiustizie, 
a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto.
L’abitudine è il più spietato dei veleni
perché entra in noi lentamente, silenziosamente,
cresce a poco a poco
nutrendosi della nostra inconsapevolezza
e quando scopriamo di averla addosso
ogni fibra di noi s’è adeguata,
ogni gesto s’è condizionato,
non esiste più medicina che possa guarirci.

Oriana Fallaci