giovedì 20 febbraio 2014

Accadde oggi: 105 anni fa, su "Le Figaro" veniva pubblicato il Manifesto del Futurismo

Manifesto del Futurismo
Le Figaro - 20 febbraio 1909
1.    Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.
2.    Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia.
3.    La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno.
4.    Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.
5.    Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita.
6.    Bisogna che il poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.
7.    Non v'è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all'uomo.
8.    Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!... Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell'impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell'assoluto, poiché abbiamo già creata l'eterna velocità onnipresente.
9.    Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.
10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria.
11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, incendiati da violente lune elettriche; le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano; le officine appese alle nuvole per i contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l'orizzonte, e le locomotive dall'ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d'acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.
È dall'Italia che noi lanciamo per il mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria col quale fondiamo oggi il FUTURISMO perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
Filippo Tommaso Marinetti



Massimo Troisi

La ricchezza dei poveri è rappresentata dai loro figli, quella dei ricchi dai loro genitori.
- Massimo Troisi







mercoledì 19 febbraio 2014

Una poesia di Roberto Benigni a Massimo Troisi

Una poesia di Roberto Benigni.
A Massimo Troisi
Non so cosa teneva "dint'a capa",
intelligente, generoso, scaltro,
per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.
Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.
La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di "jamm, o' saccio, ‘naggia, oilloc, azz!"
era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.
"Non si capisce", urlavano sicuri,
"questo Troisi se ne resti al Sud!"
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!
Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino, 
e non m'ha mai parlato della pizza,
e non m'ha mai suonato il mandolino.
O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell'amato San Gennaro


Massimo Troisi & Enzo De Caro

Grazie, grazie a te
Cui non ho detto mai ti amo
Grazie, grazie a te
Che hai scoperto i miei segreti
Di cui non parlavo mai
Neppure con me stesso...

Grazie, grazie a te
che non hai sgranato gli occhi
Se ti ho detto che per soldi
Ho scambiato l'amore
col sesso.

A te che non pretendi di volare
Grazie, grazie di cuore...

Alle volte che ti neghi
E poi fai leggermi negli occhi
La fatica che ti costa...
Grazie a te che t'inventi
Discorsi dai miei silenzi,
Alla tua volonta' di regalarmi un giorno nuovo...

A te che non pretendi di volare
Grazie, grazie di cuore...

Grazie, grazie a te
Ed alle tue bugie 
A te che scrivi poesie
Dove io sono io e non un eroe
Grazie di cuore...

"Poeta Massimo" : le canzoni di Massimo Troisi & Enzo Decaro 

Pensavo fosse amore e invece era un calesse

« Perché calesse? ...per spiegare al meglio la delusione di un qualcosa le cui aspettative non sono state mantenute, poteva essere usato un qualsiasi altro oggetto , una sedia o un tavolo, che si contrappone come oggetto materiale all'amore spirituale che non c'è più. Mi piaceva e poi si possono trovare tante cose con il calesse: si va piano, si va in uno, si va in due, ci sta pure il cavallo...Quando non è più amore ma <<calesse>>, bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male...ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell'inizio. Le storie d'amore non mancano mai nei film, quindi farne un'altra mi sembrava una cosa né stupida, né eccezionale ma raccontata in questi termini mi incuriosiva. »
Massimo Troisi sul film "Pensavo fosse Amore invece era un Calesse"


Niccolò Copernico ( Toruń, 19 febbraio 1473 – Frombork, 24 maggio 1543)


La prima e suprema di tutte le sfere è quella delle stelle fisse, contenente se stessa e tutte le cose, e perciò immobile. Essa è infatti il luogo dell'universo al quale si riferiscono il moto e la posizione di tutte le altre stelle. Dappoiché alcuni stimano che in qualche modo pur essa muti: noi segneremo nella deduzione del moto della terra un'altra causa a tale sua apparenza. Prima fra le stelle mobili viene Saturno, che compie la propria orbita in trent'anni. Dopo questo Giove, che si muove con un periodo di dodici anni. Indi Marte, che gira in un biennio. Il quarto posto nell'ordine tiene la rivoluzione annua, nella quale abbiam detto la terra essere contenuta, con l'orbe lunare come epiciclo. Nel quinto posto si muove in nove mesi Venere. Mercurio infine occupa il sesto, che in ottanta dì conchiude il suo giro nello spazio. Ma in mezzo a tutti sta il sole. Chi infatti, in tale bellissimo tempio, metterebbe codesta lampada in un luogo diverso o migliore di quello, donde possa tutto insieme illuminare? Perciò non a torto alcuni lo chiamano lampada del mondo, altri mente, altri reggitore. Trismegisto lo chiama Dio visibile, Elettra, nella tragedia di Sofocle, colui che tutto vede. Così, per certo, come assiso su un trono regale, il sole governa la famiglia degli astri che gli ruotano intorno.

Al Vittoriano di Roma la mostra "Musée d'Orsay. Capolavori"

Sarà inaugurata sabato 22 febbraio e proseguirà fino all' 8 giugno 2014 al Complesso del Vittoriano la mostra  "Musée d'Orsay. Capolavori": per la prima volta a Roma saranno esposti oltre 60 capolavori realizzati tra il 1848 e il 1914 dai maestri francesi Gauguin, Monet, Degas, Sisley, Pissarro, Van Gogh, Manet, Corot .
Mostra "Musée d'Orsay. Capolavori"
Complesso del Vittoriano, Via di San Pietro in Carcere
Rione Campitelli ( Foro Romano - Campidoglio- P. Venezia)
Orario: da lunedì a giovedi ore 9.30 - 19.30
Venerdì e sabato ore 9.30 - 23.30
Domenica ore 9.30 - 20.30
Biglietti
Intero: euro 12.00
Ridotto: euro 9.00
La biglietteria chiude un'ora prima