Ognuno di noi a un certo punto della sua vita ha due problemi. Il prima viene dalla consapevolezza che il tempo da vivere non è più tanto grande. Il secondo è che il tempo vissuto ha consumato equivoci e incertezze. Se ti guardi bene la tua condizione è chiara, chiaro il pozzo in cui ti trovi. Ognuno di noi sa che sta scivolando in un imbuto. Cambiano le situazioni, c'è chi deve gestire successi e chi deve gestire fallimenti, ma la condizione di fondo è la stessa: siamo buttati dentro una solitudine irrimediabile e anche dentro un'incomprensione radicale. Gli esseri umani sono fatti essenzialmente per non comprendersi. Ci aggiriamo per il mondo con un buco al centro del petto e quello che buttiamo dentro per colmarlo non serve a niente. Il buco si riempie a volte in forma illusoria per epifanie impreviste e improvvise. Ognuno ha le sue. Bisogna capire che sono provvisorie. La realtà quotidiana è fatta di sfregamenti, con noi stessi e con gli altri. Forse la nostra non è una società liquida. Viviamo in un'età fricativa. Ogni cosa deve farsi spazio tra mille altre. Un sentimento per qualcuno produce un risentimento per qualcun'altro. Non c'è nessuna strada libera, posti di blocco ovunque. Nessuno ti perdona niente, specialmente i peccati che non hai commesso. Quelli sono i più facili da condannare, proprio perché l'accusatore può dargli la misura che vuole. L'attrito è in famiglia, è con gli amici, è con il tuo luogo di residenza, è col tuo passato e col tuo futuro. L'ansia non è altro che l'attrito al futuro. L'ansioso immagina un male che non è ancora avvenuto. Per rimuovere gli ostacoli che stanno in mezzo alla nostra vita il primo esercizio è riconoscerli, parlarne. Ci sono persone che passano intere settimane col muso storto e invece potrebbero dire le cose che tolgono aria al al bene. La vita delle persone nel tempo che viene deve partire dall'idea che non siamo una cosa, ma un evento in corso. Noi non siamo un tavolo, siamo una faccia del mondo, sotto di noi c'è tutto il mondo, non siamo staccati da niente. La pandemia almeno questa cosa dovrebbe avercela insegnata. Dovremmo capire di più e meglio che noi siamo vicende. Perfino i morti sono vicende. L'invisibile è gremito di eventi. L'invisibile deve circolare tra di noi, dobbiamo usarlo per distanziarci con dolcezza, per evitare lo sfregamento, l'attrito. La vita è viva quando ci sono cose che guizzano, quando scappiamo di mano a noi stessi. Può essere utile raccogliersi, acciuffarsi, ma poi devi aprire nuovamente il pugno, allargare le dita.
-Franco Arminio
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