La recessione, di Pier Paolo Pasolini
Rivedremo calzoni coi rattoppi
rossi tramonti sui borghi
vuoti di macchine
pieni di povera gente che sarà tornata da Torino o dalla Germania
I vecchi saranno padroni dei loro muretti come poltrone di senatori
e i bambini sapranno che la minestra è poca e che cosa significa un pezzo di pane
E la sera sarà più nera della fine del mondo e di notte sentiremo i grilli o i tuoni
e forse qualche giovane tra quei pochi tornati al nido tirerà fuori un mandolino
L’aria saprà di stracci bagnati
tutto sarà lontano
treni e corriere passeranno ogni tanto come in un sogno
E città grandi come mondi saranno piene di gente che va a piedi
con i vestiti grigi
e dentro gli occhi una domanda che non è di soldi ma è solo d’amore
soltanto d’amore
Le piccole fabbriche sul più bello di un prato verde
nella curva di un fiume
nel cuore di un vecchio bosco di querce
crolleranno un poco per sera
muretto per muretto
lamiera per lamiera
E gli antichi palazzi
saranno come montagne di pietra
soli e chiusi com’erano una volta
E la sera sarà più nera della fine del mondo
e di notte sentiremo i grilli o i tuoni
L’aria saprà di stracci bagnati
tutto sarà lontano
treni e corriere passeranno
ogni tanto come in un sogno
E i banditi avranno il viso di una volta
con i capelli corti sul collo
e gli occhi di loro madre pieni del nero delle notti di luna
e saranno armati solo di un coltello
Lo zoccolo del cavallo toccherà la terra leggero come una farfalla
e ricorderà ciò che è stato il silenzio il mondo
e ciò che sarà.
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