Dino Buzzati nacque a San Pellegrino nel 1906, ma visse quasi sempre a Milano. Formatosi durante gli anni del fascismo, rimase fondamentalmente estraneo alla retorica del regime, mantenendosi sempre fedele ad un'analisi dell'uomo in chiave esistenziale. Tale predisposizione umana e artistica, superando la contemporanea esperienza neorealistica, più portata a vedere l'uomo nella crudezza del vivere quotidiano, fra lotta partigiana e miseria del dopoguerra, lo spinse a saldarsi con la tradizione surrealistica novecentesca. Egli recuperava la linea del fantastico e dell'assurdo che, già presente nell'Ottocento con Poe, si riproponeva nel Novecento con Kafka prima e con Borges dopo.
L'uomo di Buzzati, più che storico, si può definire metastorico. E' l'uomo colto nell'eterno mistero della sua vita, nell'estenuante attesa di un evento che possa avere un effetto liberatorio sul suo destino di solitudine. L'approccio a tale problematica trovava immediato riscontro nella nativa sensibilità dello scrittore, anche se una certa influenza potrebbe avere avuto l'infanzia trascorsa nel silenzio contemplativo delle montagne del bellunese. Di contro si poneva il monotono lavoro di giornalista presso il "Corriere della sera", che funse comunque da spinta esterna per accrescere lo spirito meditativo sulle ansie dell'uomo e sui suoi desideri inappagati.
E su quest'onda magico - fiabesca che si sono sintonizzati i suoi romanzi e i suoi racconti (Barnabò delle montagne, 1933; Il segreto del Bosco Vecchio, 1935; Il deserto dei Tartari, 1940; I sette messaggeri, 1942; Paura alla Scala, Il grande ritratto, 1960; Un amore, 1963; Il colombre, 1966; la boutique del mistero, 1968).
Buzzati abbinò l'attività di scrittore a quella di curatore di testi per il teatro e la televisione. Sensibile alla realtà dell'immagine e in modo particolare del fumetto, pubblicò nel 1969 un Poema a fumetti.
Nessun commento:
Posta un commento