domenica 9 febbraio 2014

La lettura come forma di felicità

La lettura dev'essere una forma di felicità.
quindi io consiglierei ai lettori di leggere molto,
di non lasciarsi intimorire dalla reputazione degli autori,
di continuare a cercare una felicità personale,
un piacere personale.
Questo è l'unico modo di leggere.
- Jorge Luis Borges











Il valore della solitudine

La solitudine non deriva dal fatto di non avere nessuno intorno, ma dalla incapacità di comunicare le cose che ci sembrano importanti o dal dare valore a certi pensieri che gli altri giudicano inammissibili. Quando un uomo sa più degli altri diventa solitario.
 Ma la solitudine non è necessariamente nemica dell'amicizia, perché nessuno è più sensibile alle relazioni che il solitario, e l'amicizia fiorisce soltanto quando un individuo è memore della propria individualità e non si identifica negli altri.
- Carl Gustav Jung









Sosteneva Tabucchi...

Sono convinto che, nonostante la stagione di crisi politica ed economica, la produzione artistica italiana degli ultimi anni - letteraria, cinematografica- sia di ottima qualità, e che non sfiguri al confronto con quella di altri paesi europei. Anzi. Quanto poi questa qualità artistica possa avere influenza su una situazione difficile dal punto di vista civile e morale, non so. Gli artisti sono sempre piccoli David di fronte a un enorme Golia. Non sono loro a far cadere i regimi, ma vivendo nell'Attuale, nel loro tempo, nel loro "ora", se non altro ne osservano le storture; se non altro, tentano di capire il perché e il quando delle cose, di ciò che non va. E  capire è già molto. Con un cerino gli artisti illuminano l'oscurità, in tempo per mostrare a chi abbia occhi quando il sentiero percorso è sull'orlo dell'abisso.
- Antonio Tabucchi








Pier Paolo Pasolini

Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù.
- Pier Paolo Pasolini







L'uguaglianza secondo Zagrebelsky

"Senza uguaglianza, i diritti cambiano natura: per coloro che stanno in alto, diventano privilegi e, per quelli che stanno in basso, concessioni o carità. Senza uguaglianza, ciò che è giustizia per i primi è ingiustizia per i secondi. Senza uguaglianza, la solidarietà si trasforma in invidia sociale. Senza uguaglianza, le istituzioni, da luoghi di protezione e integrazione, diventano strumenti dioppressione e divisione. Senza uguaglianza, il merito viene sostituito dal patronaggio; le capacità dal conformismo e dalla sottomissione; la dignità dalla prostituzione. Nell´essenziale: senza uguaglianza, la democrazia è oligarchia, un regime castale. Quando le oligarchie soppiantano la democrazia, le forme di quest´ultima (il voto, i partiti, l´informazione, la discussione, ecc.) possono anche non scomparire, ma si trasformano, anzi si rovesciano: i diritti di partecipazione politica diventano armi nelle mani di gruppi potere, per regolare conti della cui natura, da fuori, nemmeno si è consapevoli".
Gustavo Zagrebelsky



Philippe I love you

Sono ancora convinto che la cultura salverà il mondo.
Philippe Daverio


sabato 8 febbraio 2014

Monica Vitti

Quando scrivo, mi assale una fame emotiva, un indice molto preciso che mi coglie anche quando m’innamoro o devo superare una prova. Se scrivo, ogni tanto devo alzarmi e addentare un panino al prosciutto. Ma non aumento di peso.
(Monica Vitti)
 


Cosa state rileggendo?

Dimmi ciò che rileggi e ti dirò chi sei.
(Francois Mauriac)
Cosa state  rileggendo?


Tratto da "Insciallah" di Oriana Fallaci

"La Vita non è uno spettacolo muto o in bianco e nero. È un arcobaleno inesauribile di colori, un concerto interminabile di rumori, un caos fantasmagorico di voci e di volti, di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono per tessere la catena di eventi che determinano il nostro personale destino. Cara, una delle cose che terrei a dire nella mia piccola Iliade è proprio il fatto che il nostro personale destino viene sempre determinato da una catena di eventi tessuti dall'intrecciarsi o dal sovrapporsi di azioni non compiute da noi. Ad esempio dal semplice gesto d' una persona il cui personale destino verrà a sua volta determinato dal semplice gesto di un'altra persona, all'infinito, con una meccanica estranea alla nostra volontà cioè al nostro libero arbitrio".
Da "Insciallah" di Oriana Fallaci

Pietro Nenni (Faenza, 9 febbraio 1891 – Roma, 1º gennaio 1980)

Pietro Nenni sarebbe stato uno splendido presidente delle Repubblica, e ci avrebbe fatto bene averlo al Quirinale. Ma non glielo permisero, non ce lo permisero. I suoi amici prima ancora dei suoi nemici.
(Oriana Fallaci)

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto. Dopo i primi studi, insoddisfatto dell'ambiente culturale della città. nel 1912 si trasferisce a Parigi: qui conosce i principali artisti e letterati del periodo e frequenta la Sorbona, pur senza laurearsi. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale si sposta in Italia, dove si arruola volontario: mandato a combattere sul Carso, durante le pause dei combattimenti scrive le poesie del Porto Sepolto. Terminato il conflitto, lavora come corrispondente da Parigi per il quotidiano fascista "Il popolo d'Italia". Dopo il trasferimento a Roma, entra a far parte del vivace ambiente culturale della città e nel 1936 accetta l'incarico come insegnante di lingua e letteratura italiana all'università di San Paolo del Brasile. Nel 1942 torna in Italia e ottiene una cattedra analoga all'università di Roma. Nel secondo dopoguerra la fama di Ungaretti cresce sempre di più e gli fa ottenere diversi riconoscimenti. Muore a Milano nel 1970, dopo un viaggio negli Stati Uniti.
Di animo profondamente religioso, Ungaretti ritiene che compito della poesia sia esprimere il mistero celato nell'universo in ciascun uomo e che solo un rigoroso e paziente "lavoro" letterario possa dare voce alla realtà. Egli considera inoltre la poesia come una "traduzione" della vita profonda dell'anima, in cui gli eventi biografici si riflettono per trasformarsi in sentimenti ed emozioni.
L'Allegria . Il primo nucleo dell'opera, pubblicata nel 1919, è costituito dalle poesie scritte durante i combattimenti sul Carso  e pubblicate nel 1916 con il titolo "Il Porto Sepolto". Continuamente rimaneggiata e modificata, la raccolta assume il titolo attuale (L'Allegria) nel 1931, mentre l'edizione definitiva è del 1942: settantaquattro liriche sono suddivise in cinque sezioni, che sostanzialmente rispettano l'ordine cronologico di composizione.
Per di più, di ciascuna poesia sono indicati il luogo e la data di composizione, quasi a sottolineare l'intento diaristico dell'opera.
Il significato del titolo rimanda all' " attaccamento alla vita" che l'uomo scopre quando si trova vicino alla morte; e fra i temi della raccolta, centrale è quello della guerra, vista come caos e orrore. Importante  è anche il sentimento di profonda fratellanza con gli altri uomini, oltre che il valore rivelatore della poesia, che sola permette di esprimere la verità profonda dell'anima.
Ungaretti ritocca continuamente le proprie liriche, con un paziente labor limae che procede nella direzione dell'essenzialità. Le sue poesie sono brevi, la sintassi è semplificata, la punteggiatura abolita. Innovativo è anche l'uso del verso libero, di solito molto breve o addirittura costituito da una sola parola. Da notare, comunque, che spesso i versicoli ungarettiani si succedono in modo tale da ricordare l'andamento ritmico dei versi tradizionali.
Sentimento del tempo ( 1933) a detta dello stesso autore, è scandita in due parti: la prima, dedicata alla scoperta di Roma e all'estate, la seconda alla fragilità dell'uomo. Suddivisa in sette sezioni, affronta, sebbene in toni più pacati, gli stessi motivi esistenziali dell'Allegria: la solitudine, la pena di vivere, la presenza della morte, l'angoscia e la speranza. Diversamente dalla precedente raccolta, qui ci sono una ripresa delle strutture metriche tradizionali, una versificazione più larga e distesa ( anche con un ritorno all'endecasillabo). Il lessico è "alto"e la sintassi è resa più complessa dall'uso dell'analogia.
Il Dolore (1947), terzo "capitolo" della "biografia" di Ungaretti, è una raccolta costituita da sole sedici poesie, suddivise in sei sezioni e composte fra il  1937 e il 1946, dopo la morte del fratello e del figlio. Ma oltre al dolore privato, c'è anche l'eco del dolore pubblico dovuto alla Seconda Guerra Mondiale. Nonostante gli eventi funesti che le ispirano, le liriche approdano a una dimensione metafisico-religiosa, a un dialogo con Dio. Dal punto di vista stilistico, come nel Sentimento del Tempo,  il linguaggio è "alto" e classicamente sostenuto.


E t'amo, t'amo, ed è continuo schianto!

“Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto …”
E il volto già scomparso
Ma gli occhi ancora vivi
Dal guanciale volgeva alla finestra,
E riempivano passeri la stanza
Verso le briciole dal babbo sparse
Per distrarre il suo bimbo …
Ora potrò baciare solo in sogno
Le fiduciose mani …
E discorro, lavoro,
Sono appena mutato, temo, fumo …
Come si può ch’io regga a tanta notte? …
Mi porteranno gli anni
Chissà quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato …
Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero più …
Ora dov’è, dov’è l’ingenua voce
Che in corsa risuonando per le stanze
Sollevava dai crucci un uomo stanco?
La terra l’ha disfatta, la protegge
Un passato di favola …
Ogni altra voce è un’eco che si spegne
Ora che una mi chiama
Dalle vette immortali.
In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio …
E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto! …
Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudrò con te,
Mi spezza ad ogni soffio …
Non più furori reca a me l’estate,
Né primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,
Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione più clemente! 
Giuseppe Ungaretti, Giorno per giorno





Giuseppe Ungaretti, La tua luce

“Scompare a poco a poco, amore, il sole
ora che sopraggiunge lunga sera.
Con uguale lentezza dello strazio
farsi lontana vidi la tua luce
per un non breve nostro separarci.”
Giuseppe Ungaretti,  La tua luce(1968)



Il vero amore è una quiete accesa


Il vero amore è come una finestra illuminata in una notte buia. Il vero amore è una quiete accesa.
Giuseppe Ungaretti, Silenzio in Liguria, in "Sentimento del tempo"





Da "Un grido e Paesaggi", Giuseppe Ungaretti

“Ci si accorge dell’azzurro - è verità - quando l’amore non può essere che malinconia, quando ogni luogo pare non ospitare più se non malinconia.”
— Giuseppe Ungaretti, Un grido e Paesaggi



venerdì 7 febbraio 2014

Come eravamo....

«Riceviamo dal compagno Pietro Nenni la somma di lire 350.000 quale rimborso del prestito che gli era stato fatto dall’amministrazione del Giornale Avanti! in occasione dell’acquisto da lui fatto della macchina Lancia, cedutagli a prezzo speciale dai compagni di Torino».
(Lettera-ricevuta , datata 31 dicembre 1945 scritta su carta intestata dell’Avanti!)

Pietro Nenni (Faenza, 9 febbraio 1891 – Roma, 1º gennaio 1980)

"Cara Amica, la vita va vista col pessimismo dell’intelligenza, col senso critico del dubbio, ma anche con l’ottimismo della volontà.
Con la volontà niente è fatale, niente è ineluttabile, niente è immodificabile.
Io credo nell’uomo, l’uomo creatore del proprio destino."
— (Pietro Nenni)

La crisi delle librerie in Italia

Crisi nera nel mondo delle librerie: 500 sono state chiuse nell'ultimo periodo solo nel Sud Italia; inoltre quasi il 60% degli italiani  non legge 1 solo libro l'anno , ed è un dato in continua crescita. Le case editrici, alla stregua di librerie ed edicole sono in affanno, spesso costrette alla chiusura. 


Gianrico Carofiglio, Il silenzio dell'onda

“Mi piace come ascolti, fai venir voglia di parlare.”
— Gianrico Carofiglio,Il silenzio dell'onda


Il miglior lettore

“Il miglior lettore non è chi legge più libri, ma chi trova più cose in quello che legge.”
— Juan Villoro, Il libro selvaggio
 



Il piacere, di Gabriele D'Annunzio

“Ella non faceva che evocare memorie, memorie, memorie, passate, recenti, con le particolarità più minute, ricordandosi dei gesti più lievi, delle parole più fuggevoli, di tutti i piccoli fatti più insignificanti, che per lei avevano avuto un significato. ‘Ti ricordi? Ti ricordi?’ mi avrebbe voluto dire. Era una donna piena, piena d’amore e nostalgie per cose che avrebbe voluto che io facessi, e che non ho mai avuto il coraggio di fare.”
— Il piacere, Gabriele D’Annunzio


Mille splendidi soli di Khaled Hosseini

Distesa sul divano, con le mani tra le ginocchia, Mariam fissava i mulinelli di neve che turbinavano fuori dalla finestra.
Una volta Nana le aveva detto che ogni fiocco di neve era il sospiro di una donna infelice da qualche parte del mondo.
Che tutti i sospiri che si elevavano al cielo si raccoglievano a formare le nubi, e poi si spezzavano in minuti frantumi,
cadendo silenziosamente sulla gente.
" A ricordo di come soffrono le donne come noi" aveva detto. "Di come sopportiamo in silenzio tutto ciò che ci cade addosso".
 

Anna Karenina, incipit

Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.
In casa Oblonski tutto era sossopra. La moglie aveva scoperto una relazione amorosa del marito con una francese che era stata istitutrice in casa loro, qualche tempo prima, e gli aveva dichiarato che non poteva più vivere con lui sotto lo stesso tetto. Questa situazione durava da due giorni e si faceva sentire in modo penoso, tanto dai due coniugi quanto dagli altri membri della famiglia e sinanche dal personale di servizio. Tutti provavano l'impressione che la loro vita in comune non avesse più senso e che l'unione della famiglia e dei familiari di casa Oblonski fosse più effimera di quella delle persone che si trovavano casualmente riunite in qualsiasi albergo. La moglie non usciva dalle sue stanze; il marito era sempre fuori; i bambini correvano per la casa abbandonati a se stessi; l'istitutrice inglese aveva litigato con la governante e aveva scritto a un'amica pregandole di trovarle un altro posto; la sguattera e il cocchiere si erano licenziati.

Incipit de "La ragazza con l'orecchino di perla " di Tracy Chevalier

La mamma non mi aveva detto che sarebbero venuti. Non voleva che sembrassi nervosa, mi spiegò in seguito. Mi stupii, perché pensavo che mi conoscesse bene. Gli estranei mi avrebbero visto serena. Da bambina non piangevo mai. Solo mia madre si accorgeva di una certa tensione nelle mie mascelle e dello sgranarsi dei miei occhi, già grandi per loro natura.
Ero in cucina e stavo tritando le verdure quando udii delle voci provenire dalla porta d'ingresso: quella d'una donna, squillante come rame lucidato, e quella d'un uomo, grave e cupa come il legno del tavolo su cui stavo lavorando. Voci di un genere che raramente si udivano in casa nostra. Mi suggerivano immagini di tappeti preziosi, libri, perle e pellicce.
Pensai con sollievo che solo poco prima avevo sfregato ben bene il gradino della porta d'ingresso.



Philomena Lee dal Papa

“La Chiesa? Non provo più rancore, non avrei potuto vivere per 62 anni con quel sentimento dentro… è stato un grande onore, è una persona speciale, mi ha commossa. Mi sono sempre sentita colpevole per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio. Solo mio fratello conosceva la storia. E ieri, incontrando il Papa, mi sono sentita finalmente liberata, ho capito che non dovevo sentirmi più in colpa. Credo che Papa Francesco sarà con me nella lotta per aiutare migliaia di madri e bambini che cercano la verità sulla loro storia”

- Philomena Lee


Papa Francesco ha ricevuto in udienza Philomena Lee, donna irlandese rimasta incinta ancora adolescente nel 1952, rinchiusa in convento e privata del suo pargolo dato in adozione abusiva  che ha ispirato il film di Stephen Frears che porta il suo nome, per cui Judi Dench ha ottenuto la nomination agli Oscar.

Google Doodle celebra i diritti umani


“La pratica dello sport è un diritto dell’uomo. Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport senza discriminazioni di alcun genere e nello spirito olimpico, che esige mutua comprensione, spirito di amicizia, solidarietà e fair-play.”
 - Tradotto da Google dalla Carta Olimpica

Oggi, 7 febbraio 2014, giornata della cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Google si schiera apertamente nella polemica sul rispetto dei diritti degli omosessuali in Russia,  pubblicando un doodle composto dai colori della bandiera arcobaleno della comunità LGBT per ogni lettera (lo sci, l'hockey, il curling, il bob, il pattinaggio artistico e lo snowboard) e riportando in sottotitolo una citazione della Carta Olimpica contro le discriminazioni.

L'Utopia di Thomas More




I principi di questa repubblica han di mira anzitutto l’ideale di richiamar tutti i cittadini, quanto più tempo è possibile, per quel che consentano le necessità pubbliche, dalla servitù del corpo alla libertà dello spirito e della cultura. In ciò infatti consiste, secondo loro, la felicità della vita”. 
- Thomas More, Utopia




 All'inizio del Cinquecento, accanto alla concezione pragmatica della politica tipica di Niccolò Machiavelli, nacque anche una visione totalmente alternativa. Il suo più importante teorico fu l'umanista inglese Thomas More ( 1477 - 1535), cancelliere di Enrico VIII dimessosi dalla carica alla vigilia della rottura tra il sovrano e la Chiesa di Roma, rinchiuso nella Torre di Londra e poi decapitato per essersi rifiutato di sottoscrivere nel 1534 l'Atto di Supremazia. Riallacciandosi alla repubblica ideale di Platone e alle nuove tendenze culturali del suo tempo, prima fra tutte la critica sociale, politica e religiosa di Erasmo, More con la sua Utopia (1516) creò una nuova parola e un nuovo genere letterario, nel tentativo di elaborare un modello ideale e razionale di Stato a cui l'uomo avrebbe dovuto tendere.
Il termine utopia, coniato da More sulla base del greco ou- tòpos ed eu- tòpos, ovvero "luogo inesistente" e "luogo felice", racchiudeva una voluta ambiguità: il singolare trattato raccontava di un'isola immaginaria (ou-tòpos) in cui regnavano giustizia, libertà e tolleranza religiosa (eu - tòpos). Col tempo la parola utopia è passata a indicare qualsiasi progetto lodevole ma irrealizzabile, che non può avere luogo.
Nella prima parte della sua opera More denunciava in termini estremamente severi le storture della società del suo tempo, in cui dominavano l'arroganza dell'aristocrazia, l'ozio dei monaci e il parassitismo delle classi subalterne, a scapito dell'unica classe virtuosa, quella dei contadini. A suo avviso la causa preminente della degenerazione morale in Inghilterra era lo sviluppo della proprietà privata. Nella seconda parte dell'opera l'autore dava poi voce a un immaginario viaggiatore, Itlodeo, che di ritorno dalla lontana isola di Utopia, narrava allo stesso autore come, grazie alla comunanza dei beni, lo Stato laggiù garantiva a tutti gli utopiani cibo e assistenza, distribuendoli a ciascuno in base alle sue esigenze. Nell'isola utopica, perciò, erano banditi il lusso, la guerra e la proprietà individuale; vi regnavano pace, giustizia, tolleranza e laboriosità. Il modello utopistico di Thomas More esprimeva pertanto le istanze più elevate della razionalità e della socialità dell'uomo, e sognava una profonda cesura con la storia, fino ad allora teatro di guerre, miseria e povertà.




Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro (Londra, 7 febbraio 1478 – Londra, 6 luglio 1535)

"Dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre." "Dammi Signore, un' anima che abbia occhi per la bellezza e la purezza, che non si lasci impaurire dal peccato e che sappia raddrizzare le situazioni. 
Dammi un' anima che non conosca noie, fastidi, mormorazioni, sospiri, lamenti.
 Non permettere che mi preoccupi eccessivamente di quella cosa invadente che chiamo 'io'. Dammi il dono di saper ridere di una facezia, di saper cavare qualche gioia dalla vita e anche di farne partecipi gli altri. 
Signore dammi il dono dell'umorismo." 
(Tommaso Moro 1587: Preghiere della Torre)

Accadde oggi: il falò delle vanità

  7 febbraio  1497:  A Firenze,  dopo  la cacciata dei Medici,  i seguaci del domenicano Girolamo Savonarola sequestrarono e bruciarono pubblicamente migliaia di oggetti nella città, durante la festa di martedì grasso. Lo scopo  di questa furia distruttiva era l'eliminazione di qualsiasi oggetto considerato potenzialmente peccaminoso,  inducente allo sviluppo della vanità, comprendendo articoli voluttuari come specchi,cosmetici, vestiti lussuosi,  strumenti musicali. Altri bersagli includevano libri "immorali", manoscritti contenenti canzoni "secolari" o "profane", e dipinti. Tra i vari oggetti distrutti in questa campagna vi furono alcuni dipinti   raffiguranti scene della mitologia classica, realizzati da Sandro Botticelli, che egli stesso provvide ad abbandonare sul rogo.

giovedì 6 febbraio 2014

Ogni giorno bisogna puntare i piedi


Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. [...] Ogni giorno bisogna puntare i piedi. 
Ho sposato un comunista, di Philip Roth


Pastorale americana, Philip Roth

Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati.


La Scapigliatura e il 6 febbraio

« La Scapigliatura è composta da individui di ogni ceto, di ogni condizione, di ogni grado possibile della scala sociale. […]
Come il Mefistofele del Nipote, essa ha dunque due aspetti, la mia Scapigliatura.
Da un lato: un profilo più italiano che Meneghino (milanese), pieno di brio, di speranza e di amore; e rappresenta il lato simpatico e forte di questa classe, inconscia della propria potenza, propagatrice delle brillanti utopie, focolare di tutte le idee generose, anima di tutti gli elementi geniali, artistici, poetici, rivoluzionari del proprio paese; che per ogni causa bella, grande, o folle balza d'entusiasmo; che del riso conosce la sfumatura arguta come lo scroscio franco e prolungato; che ha le lagrime d'un fanciullo sul ciglio, e le memorie feconde nel cuore.
Dall'altro lato, invece, un volto smunto, solcato, cadaverico; su cui stanno le impronte delle notti passate nello stravizzo e nel giuoco; su cui si adombra il segreto d'un dolore infinito... i sogni tentatori di una felicità inarrivabile, e le lagrime di sangue, e le tremende sfiducie, e la finale disperazione. »
(Cletto Arrighi, Introduzione a La Scapigliatura e il 6 febbraio)

La Scapigliatura è un movimento letterario sorto a Milano tra il 1860 e il 1880. Il nome deriva dal romanzo di Cletto Arrighi "La Scapigliatura e il 6 febbraio" e vuole esprimere la novità, di contenuti e di linguaggio, e l'anticonformismo degli scrittori che ne fanno parte. Gli scapigliati non sono una scuola, ma un gruppo di giovani che si frequentano anche nella vita quotidiana: hanno giornali propri, vivono un diretto legame tra la scrittura e l'esperienza biografica, sono accomunati dal ribellismo e dal rifiuto dei modelli dominanti.
Oggetto dei loro attacchi sono le convenzioni sociali e il modello economico della classe borghese, da cui pure provengono, con il mito del denaro e del successo; il nuovo Stato post- unitario, che ha tradito gli ideali risorgimentali e ne ha segnato il fallimento; la religione cristiana; il Romanticismo sentimentale di Prati e Aleardi, ma anche Manzoni. A tutto questo contrappongono l'attenzione alle condizioni di vita del proletariato urbano, il culto dell'eccesso (alcol, droghe) come provocazione, l'impegno pacifista, l'aspirazione a una religiosità intima e personale. I precedenti della Scapigliatura sono costituiti dalla Bohéme parigina, da Baudelaire, dal Naturalismo francese, e, in Italia, da Giuseppe Rovani.
L'eterogeneità dei modelli rende conto della contraddittorietà dell'esperienza scapigliata, incline più alla distruzione dell'esistente che alla creazione di un mondo nuovo. Più in generale le opere scapigliate oscillano tra la volontà di rappresentare realisticamente la realtà nei suoi aspetti più degradati e di studiare scientificamente i casi umani e le malattie mentali, e l'interesse per l'irrazionale, il fantastico, la morte, il rimpianto per l'infanzia e l'evocazione memoriale. Quello scapigliato non è tuttavia vero realismo, perchè si limita alla rapperentazione del brutto, scivola spesso nel patetico o scade nel bozzettismo e nel figurinismo.
Il merito della Scapigliatura ( oltre alla creazione di una nuova estetica basata sul brutto, il malato, l'irregolare) è soprattutto nell'ardito sperimentalismo. Si assiste ad una moltiplicazione dei soggetti, al rifiuto delle forme pure e alla mescolanza dei generi letterari e dei registri, al tentativo di fusione tra poesia e prosa, sul modello baudelairiano.  Nell'ambito della narrativa, si assiste alla disarticolazione delle strutture tradizionali, che arriva fin quasi alla rinuncia all'intreccio; nella poesia, alla divaricazione tra metro e ritmo e alla frantumazione del verso, con l'impiego di versi brevi e strutture strofiche poco usate. Il linguaggio spazia dal lessico della modernità e della vita quotidiana a quello alto della tradizione, dai neologismi agli arcaismi , con una singolare attenzione per i lessici specialistici.

A Zacinto, di Ugo Foscolo

« Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura. » 

Scritto fra il 1802 e il 1803,  il sonetto"A Zacinto" di Ugo Foscolo è incentrato sulla rievocazione della terra natale e sulla proiezione delle esperienze e delle passioni personali nel mito greco. Venere, Ulisse e Omero ne sono i modelli: la prima incarna i miti dell'amore e della bellezza; il secondo, il mito dell'esilio connesso con i motivi della gloria e del fato; il terzo, il mito della poesia. Il tema centrale della lirica è quello dell'esilio, associato all'idea di morte e sepoltura non confortata dalle lacrime, dal ricordo, dalla gloria.

Niccolò Ugo Foscolo (Zante, 6 febbraio 1778 – Turnham Green, 10 settembre 1827)

Da' colli Euganei, 11 ottobre 1797.
Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so; ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo: quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi Italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'Italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da' pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.

"Ultime lettere di Jacopo Ortis" di Ugo Foscolo -  Incipit


"L'uomo che amava le donne"

"Tieni presente un fatto basilare: le donne pensano all'amore in una maniera più universale degli uomini".
(Brigitte Fossey a Charles Denner ne "L'uomo che amava le donne", regia Francois Truffaut 1977)



Jules et Jim

La vita era come una strana vacanza. Mai Jules e Jim avevano giocato una partita a domino così importante. Il tempo passava. La felicità si racconta male perché non ha parole, ma si consuma e nessuno se ne accorge.
(Voce narrante nel film "Jules et Jim", 1962)
 


I 400 colpi

Hai risposto bene?
Non mi hanno interrogato.
Dovevi chiederlo tu, farti notare. Questo è il segreto del successo: nella vita bisogna sempre avere iniziativa.
Julien Doinel (Albert Rémy) e Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud) ne "I 400 colpi", 1959




mercoledì 5 febbraio 2014

Vivamente suggerito dal cenacolo

“A passo di tartaruga”, romanzo d’esordio di Rosario Centorrino, è la storia di una generazione di giovani  che ricerca l'assoluto, la verità  e la coerenza nelle loro vite paradossalmente per mezzo degli smarrimenti,  l'incoerenza, gli sforzi di entrare nel mondo adulto  delle convenzioni  sociali e del benessere .
Un'amicizia, dall’adolescenza all’età adulta, lega i tre personaggi del romanzo, Bea, Marco e Ale, la narratrice. Un’amicizia  che nel corso del racconto si rivela essere più forte dell'amore, più forte delle passioni, del denaro e della realizzazione personale. Un legame profondo nonostante le apparenti distanze, il non detto, i fraintendimenti. Amicizia vera e al contempo amore contrastato caratterizzano il rapporto tra i tre, che si allontanano in più situazioni senza  tuttavia perdersi mai. Il disprezzo per l’ipocrisia della società, l’avversione per la dura legge di mercato e l’anticonformismo di giovani idealisti sono alcune delle tematiche di cui lo scrittore tratta con grande abilità e maestria.
"A passo di tartaruga" è un libro che consiglio vivamente di leggere a coloro i quali amano le storie coinvolgenti, le emozioni forti, i frequenti colpi di scena, le storie imprevedibili, mai noiose e banali.

Gruppo '63

Foto di Gruppo '63 .
 Giuseppe Ungaretti (al centro) attorniato (da sinistra) da Elio PagliaraniFurio ColomboAntonio PortaFausto CuriCarla VasioNanni BalestriniEnrico FilippiniInge Feltrinelli.

Montale, Auto da fé

Tutto fa pensare che l'uomo d'oggi sia più che mai estraneo vivente tra estranei, e che l'apparente comunicazione della vita odierna − una comunicazione che non ha precedenti − avvenga non tra uomini veri ma tra i loro duplicati.
(Eugenio Montale, Auto da fé, 1966)


E se non puoi la vita che desideri...

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
(Constantinos Kavafis)