Mi scrivi di aver consegnato delle lettere per me ad un amico, ma poi mi avverti di non metterlo a
parte di tutto ciò che ti riguarda, poiché neppure tu sei solito farlo. Così nella stessa lettera affermi
e neghi che egli ti è amico. Se hai usato quel vocabolo specifico con un significato generico e hai
chiamato amico quel tale, come noi chiamiamo “onorevoli” i candidati alle cariche pubbliche, o
come salutiamo con la parola “signori” le persone che incontriamo, se non ci viene in mente il
nome, passi pure. Ma se stimi amico uno, e poi non hai in lui la stessa fiducia che hai in te stesso,
commetti un grave errore e ignori il valore della vera amicizia.
Seneca, La vera amicizia - Libro I, lettera 3, Lettere a Lucilio