Paradossalmente la gente che crede di sapere sempre tutto è proprio quella che non capisce mai un cavolo.
— Charles Bukowski
Paradossalmente la gente che crede di sapere sempre tutto è proprio quella che non capisce mai un cavolo.
— Charles Bukowski
Solo chi sa cos’è la vera modestia mette la sua sete di conoscenza davanti a stupidaggini come il titolo e gli allori.
(Margherita Hack)
Ogni sapere da cui non scaturiscono nuove domande, diventa in breve morto, perde la temperatura che favorisce la vita. Nei casi più estremi, come ben ci insegna la storia antica e contemporanea, può addirittura essere un pericolo mortale per la società.
Per questo apprezzo tanto due piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra vita in territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la nostra minuta Terra. Se Isaak Newton non si fosse detto “non so”, le mele nel giardino sarebbero potute cadere davanti ai suoi occhi come grandine e lui, nel migliore dei casi, si sarebbe chinato a raccoglierle, mangiandole con gusto. Se la mia connazionale Maria Sklodowska Curie non si fosse detta “non so” sarebbe sicuramente diventata insegnante di chimica per un convitto di signorine di buona famiglia, e avrebbe trascorso la vita svolgendo questa attività, peraltro onesta. Ma si ripeteva “non so” e proprio queste parole la condussero, e per due volte, a Stoccolma, dove vengono insignite del premio Nobel le persone di animo inquieto ed eternamente alla ricerca.
Anche il poeta, se è vero poeta, deve ripetere di continuo a se stesso “non so”. Con ogni sua opera cerca di dare una risposta, ma non appena ha finito di scrivere già lo invade il dubbio e comincia a rendersi conto che si tratta d'una risposta provvisoria e del tutto insufficiente. Perciò prova ancora una volta e un'altra ancora, finché gli storici della letteratura non legheranno insieme prove della sua insoddisfazione di sé, chiamandole “patrimonio artistico”...
Wisława Szymborska, Premio Nobel per la letteratura nel 1996
"Se mi faccio comprare, non sono più libera, e non potrò più studiare: è così che funziona una mente libera".
Ipazia ( in greco antico: Ὑπατία, in latino: Hypatia; Alessandria d'egitto, 355/370 d.C - Alessandria d'Egitto, marzo 415 d. C), è stata una matematica, astronoma e filosofa greca antica. Rappresentante della filosofia neo- platonica pagana, la sua uccisione da parte di una folla di cristiani in tumulto, per alcuni autori composta di monaci detti parabolani, l'ha resa una martire del paganesimo e della libertà di pensiero.
"Io, Ipparchia,
non scelsi opere di donne dalle ampie vesti,
ma la dura vita dei cinici,
non ebbi scialli ornati di fibbie,
né alte calzature orientali,
né retine splendenti nei capelli,
ma una bisaccia col bastone,
compagna di viaggio e adatta alla mia vita,
e una coperta per giaciglio."
- Ipparchia, filosofa greca
"Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l'accesso all'istruzione e alla leadership. E' alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace".
- Rita Levi Montalcini
"O troppo alta, o troppo bassa
Le dici magra, si sente grassa
Son tutte bionde, lei e’ corvina
Vanno le brune, diventa albina
Troppo educata, piaccion volgari
Troppo scosciata per le comari
Sei troppo colta preparata
Intelligente, qualificata
Il maschio e’ fragile, non lo umiliare
Se sei piu’ brava non lo ostentare
Sei solo bella ma non sai far niente
Guarda che oggi l’uomo e’ esigente
L’aspetto fisico piu’ non gli basta
Cita Alberoni e butta la pasta
Troppi labbroni non vanno piu’
Troppo quel seno, buttalo giu’
Bianca la pelle, che sia di luna
Se non ti abbronzi, non sei nessuna
L’estate prossima con il cotone
Tornan di moda i fianchi a pallone
Ma per l’inverno la moda detta
Ci voglion forme da scolaretta
Piedi piccini, occhi cangianti
Seni minuscoli, anzi giganti
Alice assaggia, pilucca, tracanna
Prima e’ due metri, poi e’ una spanna
Alice pensa, poi si arrabatta
Niente da fare, e’ sempre inadatta
Alice morde, rosicchia, divora
Ma non si arrende, ci prova ancora
Alice piange, trangugia, digiuna
E’ tutte noi, e’ se stessa, e’ nessuna.”
— Lella Costa