giovedì 24 settembre 2020

Francis Scott Fitzgerald

 Poi la baciò. Al tocco delle sue labbra sbocciò per lui come un fiore e l’incarnazione fu completa.


(Francis Scott Fitzgerald)




Antonio Tabucchi

 A volte una soluzione sembra plausibile solo in questo modo: sognando. Forse perché la ragione è pavida, non riesce a riempire i vuoti fra le cose, a stabilire la completezza, che è una forma di semplicità, preferisce una complicazione piena di buchi, e allora la volontà affida la soluzione al sogno.

Antonio Tabucchi, Rebus - Piccoli equivoci senza importanza



Antonio Tabucchi

 "La smetta di frequentare il passato, cerchi di frequentare il futuro".

Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira


mercoledì 23 settembre 2020

Wislawa Szymborska

 L’odio in ogni istante è pronto a nuovi compiti. Lo dicono cieco. Cieco? Ha vista acuta del cecchino e guarda risoluto al futuro.

Wislawa Szymborska



Antonio Tabucchi


 Vorrei proprio scriverti una lettera, un giorno, una lettera totale, una lettera vera e totale, ci penso, e penso come essa sarebbe se te la scrivessi: sarebbe scritta con parole semplici e ricorrenti, diventate usate da quante persone le hanno dette e quasi ingenue, seppure frementi della passione di un tempo. (...) Essa ti direbbe che io sono ancora io, e che mantengo sogni. (...) E poi ti direi che le serate sono lunghe, lunghissime, quasi infinite, e languide, ma che il mio cuore reagisce come una volta, e a volte a una musica, a un suono, a una voce che passa per strada comincia a battere all’impazzata, sembra un cavallo al galoppo. (...) Penso che ti scriverei che non sapevo che il tempo non aspetta, davvero non lo sapevo, non si pensa mai che il tempo è fatto di gocce, e basta una goccia in più perché il liquido si sparga per terra e si allarghi a macchia e si perda. E ti direi che amo, che amo ancora, anche se i sensi sembrano stanchi, perché lo sono, e quel tempo che era così rapido e impaziente, ora è lunghissimo da passare in certe ore del pomeriggio. (...) E ti direi anche che ti aspetto, anche se non si aspetta chi non può tornare, perché per tornare ad essere ciò che fu dovrebbe essere ciò che fu, e questo è impossibile. Ma ti direi: guarda, quello che c’è stato in tutto questo frattempo, che sembra così impossibile da perforare come quando la trivella incontra uno strato di granito, ebbene tutto questo è niente, non sarà affatto un ostacolo impossibile da superare quando leggerai la lettera che un giorno ti scriverò, vedrai, una lettera a cui ho sempre pensato, che mi ha accompagnato per tutto questo tempo, una lettera che ti devo e che scriverò davvero, puoi starne certa, te lo prometto.


- Antonio Tabucchi, Si sta facendo sempre più tardi

Antonio Tabucchi

 Era una bella giornata, e le bancarelle dei bouquinistes erano aperte. Mi soffermai davanti a una che oltre a libri usati vendeva soprattutto vecchie riviste, menù di ristoranti ormai scomparsi, vecchie stampe, e vidi un'immagine che mi colpì. Era una fotografia formato cartolina e raffigurava un uomo che abbraccia una donna. La donna è ritratta di spalle e indossa un vestito nero scollato a v. Ha in testa una cappello bianco che è contemporaneamente la sua testa e la testa dell'uomo che l'abbraccia, perché esso nasconde i volti. Lui si afferra a lei con un abbraccio spasmodico, come un naufrago attaccato a una roccia, si direbbe. Il corpo della donna non manifesta alcuna visibile emozione, lei fa solo un piccolo gesto con la mano destra, ma non si capisce bene se è un gesto di protezione e tenerezza per l'uomo che l'abbraccia, oppure se sta semplicemente reggendo la falda del cappello che il vento potrebbe far volare via.Intorno a quei corpi fusi in un abbraccio, il grigio del cielo (era una foto in bianco e nero) e un orizzonte vuoto. Quello che mi colpì non fu solo la forza dell'immagine, cioè un momento di vita rapito da un'istantanea, ma anche il "mistero" di quell'abbraccio. Di cosa si trattava? Qual era il segreto di quell'abbraccio così drammatico? La foto costava pochi franchi. La comprai. Sul retro era indicato il nome del fotografo, o meglio, un cognome senza il nome dei battesimo (Kuligowski), il luogo dove era stata ripresa l'immagine (Château-Landon), la data (1978), e il titolo: Couple.E poi, accanto al simbolo del copyright, il nome duna piccola casa editrice (o stamperia) che con tutta probabilità era specializzata in cartoline, calendari e altre piccole pubblicazioni di questo tipo. Quell'immagine, che misi nella mia agenda, mi ha accompagnato per molti anni, seguendomi anche in lontani viaggi. E durante tutti questi anni non ho mancato di porre il quesito che quell'immagine contiene a chi mi era vicino: mia moglie, i miei figli, amici di vari paesi. Di cosa si tratta, secondo te? Di un addio? Di un ritorno? E chi è ritornato, o chi sta partendo, lui o lei? Oppure: e se invece questo disperato abbraccio nascondesse una sciagura?Se, supponiamo, si trattasse di un padre e di una madre (dai corpi si capisce che sono persone mature) e lui avesse saputo di una disgrazia che li riguarda; sua moglie è a una festa, ignara, sta bevendo un cocktail in un giardino, chiacchiera con gli altri invitati, e all'improvviso lui arriva, l'abbraccia, il loro figlio è morto in un incidente, lui lo sa, ma come si fa a dire a una donna che sta bevendo un cocktail in un giardino che suo figlio è appena morto? Nel febbraio del 2001 l'editore Feltrinelli mi chiese se avevo suggerimenti per la copertina di Si sta facendo sempre più tardi che stava per uscire.Senza sapere bene perché pensai che la fotografia che avevo portato con me per tanto tempo avesse qualcosa a che vedere col libro che avevo scritto. L'editore riuscì a rintracciare la casa editrice che possedeva i diritti, e l'immagine poté essere utilizzata per la copertina. Io, invece, in tutti quegli anni, avevo tentato di reperire notizie sul fotografo, ma senza esito: risultava sconosciuto anche nelle migliori librerie specializzate.Forse si trattava semplicemente di una bella e casuale immagine che era stata scelta per una cartolina. Il libro uscì in francese l'anno seguente (gennaio 2002) presso il mio editore di sempre (Christian Bourgois), con la stessa copertina. A metà gennaio Christian mi propose di fare una seduta di firme in una libreria vicino alla Sorbona. Era un pomeriggio piovoso e nella libreria c'era un certo numero di persone che avevano acquistato il libro e che mi aspettavano affinché lo firmassi. Seduto a un tavolino cominciai ad assolvere il mio compito, che durò un certo tempo.Quando tutti erano partiti si presentò un signore non più giovane, alto, dall'aspetto elegante. Gli chiesi a chi dovevo dedicare il libro. "Kuligowski" rispose. "Come il fotografo?, chiesi con una certa sorpresa. "Come il fotografo", confermò il signore. A quel punto la mia curiosità ebbe il sopravvento. "Scusi", chiesi, "ma lei è parente del fotografo?". "Io sono il fotografo", rispose lui con aria imperturbabile. Mi alzai, ci scambiammo una stretta di mano, chiamai Maria José e Dominique e Christian Bourgois: "Venite, ho trovato il fotografo, c'è qui il signor Kuligowski!".Facemmo un brindisi, seguirono complimenti, domande d'obbligo: perché non si era mai fatto vivo, se aveva ricevuto il compenso dovuto, cose così. Tutto a posto, confermò il signor Kuligowski. E poi disse che gli sarebbe piaciuto farmi un ritratto, e farlo anche al mio editore: io e Christian che gli lasciamo telefono e indirizzo, grazie, per noi sarebbe un onore, e il signor Kuligowski che fa per accomiatarsi con gentilezza, scusatemi, ma ora devo andare, è stato un vero piacere. Eh no, signor Kuligowski, gli dico accompagnandolo verso l'uscita, scusi, ma non può andarsene così, la sua fotografia mi ha sollevato talmente tante ipotesi in questi anni, è davvero misteriosa, ma di cosa si tratta? quel disperato abbraccio, o almeno a me sembra disperato, cos'è?E il signor Kuligowski, con la sua aria imperturbabile, ormai sulla porta: "Un remariage, c'était un remariage". Probabilmente legge sul mio viso la sorpresa e allora precisa: negli anni settanta, lui di professione faceva il fotografo di matrimoni, battesimi e cerimonie del genere, quei due erano una coppia che aveva divorziato anni addietro e poi, passato il tempo, avevano deciso di risposarsi. "Succede, sa?".”


Antonio Tabucchi




Zygmunt Bauman

 Le comunità virtuali che hanno sostituto quelle naturali, creano solo l'illusione di intimità e una finzione di comunità. Non sono validi sostituti del sedersi insieme ad un tavolo, guardarsi in faccia, avere una conversazione reale. Né sono in grado queste comunità virtuali di dare sostanza all'identità personale, la ragione primaria per cui le si cerca. Rendono semmai più difficile di quanto non sia già accordarsi con se stessi.


Le persone camminano qua e la con l'auricolare parlando ad alta voce da soli, come schizofrenici, paranoici, incuranti di ciò che sta loro intorno. L'introspezione è un'attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.


Zygmunt Bauman