"Cercò di metterci una pietra sopra, ma quella si rifiutava di far da coperchio al passato."
(Alice Munro)
martedì 3 novembre 2015
Isabella Santacroce
Voglio che il mio cuore batta per sempre e voglio la vita addosso, il cielo sopra, la sabbia sotto e l’amore sempre tra le mani come un gelato al limone mangiato in riva al mare in un pomeriggio di maggio quando il più bello sta per cominciare e continuare come prima, così veloce e così immortale.
(Fluo - Isabella Santacroce)
Photo by Norman Parkinson, 1965
(Fluo - Isabella Santacroce)
Photo by Norman Parkinson, 1965
lunedì 2 novembre 2015
Il Gattopardo
“Era lei, la creatura bramata da sempre che veniva a prenderlo: strano che così giovane com’era si fosse arresa a lui; l’ora della partenza del treno doveva essere vicina. Giunta faccia a faccia con lui sollevò il velo e così, pudica ma pronta ad essere posseduta, gli apparve più bella di come mai l’avesse intravista negli spazi stellari. Il fragore del mare si placò del tutto.”
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Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
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Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
"Pasolini, un uomo scomodo", di Oriana Fallaci
"Ventiquattr’ore prima che ti sbranassero, venni a Roma con Panagulis. Ci venni decisa a vederti, risponderti a voce su ciò che mi avevi scritto. Era un venerdì. E Panagulis ti telefonò a casa ma, alla terza cifra, si inseriva una voce che scandiva: «Attenzione. A causa del sabotaggio avvenuto nei giorni scorsi alla centrale dell’EUR, il servizio dei numeri che incominciano col 59 è temporaneamente sospeso». L’indomani accadde lo stesso. Ci dispiacque perché credevamo di venire a cena con te, sabato sera, ma ci consolammo pensando che saremmo riusciti a vederti domenica mattina.
Per domenica avevamo dato appuntamento a Giancarlo Pajetta e Miriam Mafai in piazza Navona: prendiamo un aperitivo e poi andiamo a mangiare. Così verso le dieci ti telefonammo di nuovo. Ma, di nuovo, si inserì quella voce che scandiva: attenzione, a causa del sabotaggio il numero non funziona. E a piazza Navona andammo senza di te. Era una bella giornata, una giornata piena di sole. Seduti al bar Tre Scalini ci mettemmo a parlare di Franco che non muore mai, ed io pensavo: mi sarebbe piaciuto sentir Pier Paolo parlare di Franco che non muore mai.
Poi si avvicinò un ragazzo che vendeva «l’Unità» e disse a Pajetta: «Hanno ammazzato Pasolini». Lo disse sorridendo, quasi annunciasse la sconfitta di una squadra di calcio. Pajetta non capì. O non volle capire? Alzò una fronte aggrottata, brontolò: «Chi? Hanno ammazzato chi?». E il ragazzo: «Pasolini». E io, assurdamente: «Pasolini chi?». E il ragazzo: «Come chi? Come Pasolini chi? Pasolini Pier Paolo». E Panagulis disse: «Non è vero». E Miriam Mafai disse: «È uno scherzo». Però allo stesso tempo si alzò e corse a telefonare per chiedere se fosse uno scherzo. Tornò quasi subito col viso pallido. «È vero. L’hanno ammazzato davvero». In mezzo alla piazza un giullare coi pantaloni verdi suonava un piffero lungo. Suonando ballava alzando in modo grottesco le gambe fasciate dai pantaloni verdi, e la gente rideva. «L’hanno ammazzato a Ostia, stanotte» aggiunse Miriam. Qualcuno rise più forte perché il giullare ora agitava il piffero e cantava una canzone assurda. Cantava: «L’amore è morto, virgola, l’amore è morto, punto! Così io ti piango, virgola, così io ti piango, punto!».
Non andammo a mangiare. Pajetta e la Mafai si allontanarono con la testa china, io e Panagulis ci mettemmo a camminare senza sapere dove. In una strada deserta c’era un bar deserto, con la televisione accesa. Si entrò seguiti da un giovanotto che chiedeva stravolto: «Ma è vero? È vero?». E la padrona del bar chiese: «Vero cosa?». E il giovanotto rispose: «Di Pasolini. Pasolini ammazzato». E la padrona del bar gridò: «Pasolini Pier Paolo? Gesù! Gesummaria! Ammazzato! Gesù! Sarà una cosa politica!». Poi sullo schermo della televisione apparve Giuseppe Vannucchi e dette la notizia ufficiale. Apparvero anche i due popolani che avevano scoperto il tuo corpo. Dissero che da lontano non sembravi nemmeno un corpo, tanto eri massacrato. Sembravi un mucchio di immondizia e solo dopo che t’ebbero guardato da vicino si accorsero che non eri immondizia, eri un uomo. Mi maltratterai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una luce s’è spenta?".
Tratto da "Pasolini, un uomo scomodo", di Oriana Fallaci, Rizzoli, 2015
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