“Ma quel giorno,quando i partigiani entrarono in città e i tedeschi seguiti dai fascisti l'abbandono in fuga,l'incubo improvvisamente cesso’. Fu come se un vento impetuoso avesse spazzato d'un colpo tutte le nubi e alzando gli occhi potessimo rivedere il sole di cui avevamo dimenticato lo splendore;o come se il sangue avesse ricominciato a scorrere in un cadavere risuscitandolo. Un'esplosione di gioia si diffuse rapidamente in tutte le piazze,in tutte le vie,in tutte le case. Ci si guardava di nuovo negli occhi e si sorrideva. (…)Non avevamo più segreti da nascondere. E si poteva ricominciare a sperare. Eravamo ridiventati uomini con un volto solo e un'anima sola. Eravamo di nuovo completamente noi stessi. Ci sentivamo di nuovo uomini civili. Da oppressi eravamo ridiventati uomini liberi. Quel giorno,o amici,abbiamo vissuto una tra le esperienze più belle che all'uomo sia dato di provare: il miracolo della libertà. Sono stati giorni felici;e nonostante i lutti,i pericoli corsi,i morti attorno a noi e dietro di noi,furono tra i giorni più felici della nostra vita”
sabato 25 aprile 2015
25 aprile
"Eravamo all'angolo di via Zucchelli: arrivano i carri armati tedeschi e noi li vediamo, siamo atterriti, sembrava che Roma venisse liberata e invece veniva occupata. Io la prendo per mano, per tutta la vita ci siamo tenuti per mano, e le dico: 'Nous sommes dans un cul de lampe'".
Mario Fiorentini, 97 anni, e Lucia Ottobrini, 90 anni, partigiani. La coppia, il 16 agosto 2015 - nella ricorrenza dei 70 anni della Liberazione - festeggerà 70 anni di matrimonio.
Mario Fiorentini, 97 anni, e Lucia Ottobrini, 90 anni, partigiani. La coppia, il 16 agosto 2015 - nella ricorrenza dei 70 anni della Liberazione - festeggerà 70 anni di matrimonio.
25 aprile
Ricorda, o cittadino, questa data
E spiegala ai tuoi figli
E ai figli dei tuoi figli
Racconta loro
Come un popolo in rivolta
Si liberasse un giorno
Dall’oppressione
E narra loro
Le mille e mille gesta di quei prodi
Che sui monti, nei borghi e in ogni luogo
Sbarrarono il passo all’invasore
Né ti scordar dei morti
Né ti scordar di raccontare
Cos’è stato il fascismo
E il nazismo
E la guerra ricorda
Le rovine, le stragi, la fame e la miseria
Lo scroscio delle bombe e il pianto delle madri
Ricordati di Buchenwald
Delle camere a gas, dei forni crematori
E tutto questo
Spiega i tuoi figli
E ai figli dei tuoi figli
Non perché l’odio e la vendetta duri
Ma perché ben sappian quale immenso bene
Sia la libertà
E imparino ad amarla
E la conservino intatta
E la difendano sempre.
E spiegala ai tuoi figli
E ai figli dei tuoi figli
Racconta loro
Come un popolo in rivolta
Si liberasse un giorno
Dall’oppressione
E narra loro
Le mille e mille gesta di quei prodi
Che sui monti, nei borghi e in ogni luogo
Sbarrarono il passo all’invasore
Né ti scordar dei morti
Né ti scordar di raccontare
Cos’è stato il fascismo
E il nazismo
E la guerra ricorda
Le rovine, le stragi, la fame e la miseria
Lo scroscio delle bombe e il pianto delle madri
Ricordati di Buchenwald
Delle camere a gas, dei forni crematori
E tutto questo
Spiega i tuoi figli
E ai figli dei tuoi figli
Non perché l’odio e la vendetta duri
Ma perché ben sappian quale immenso bene
Sia la libertà
E imparino ad amarla
E la conservino intatta
E la difendano sempre.
venerdì 24 aprile 2015
Ascanio Celestini
‘Se la destra ha utilizzato la memoria come strumento per agire nel presente e la sta utilizzando in maniera sempre più forte, la sinistra questo strumento lo utilizza in maniera retorica, propagandistica: “Ricordiamo il passato affinché nel futuro non si torni a vivere le stesse tragedie.” Ma le stiamo vivendo adesso nel presente.’
Ascanio Celestini
Ascanio Celestini
Pietro Benedetti
11 aprile 1944
Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio, miei cari e amati figli, forse io non sarò più fra i vivi.
Questa mattina alle 7 mentre mi trovavo ancora a letto sentii chiamare il mio nome. Mi alzai subito. Una guardia aprì la porta della mia cella e mi disse di scendere che ero atteso sotto. Discesi, trovai un poliziotto che mi attendeva, mi prese su di una macchina e mi accompagnò al Tribunale di Guerra di Via Lucullo n. 16. Conoscevo già quella triste casa per aver avuto un altro processo il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il comando tedesco il quale mandò l'ordine di rifare il processo. Così il processo, se tale possiamo chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e finì con la mia condanna alla fucilazione.
Il giorno stesso ho fatto la domanda di grazia, seppure con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo momento d'addio alla vostra povera mamma e a voi, miei cari disgraziati figli.
Amatevi l'un l'altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza. Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell'amore per l'umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.
Siate umili e disdegnate l'orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è il mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.
”mercoledì 22 aprile 2015
Serena Dandini
“Di cosa è fatta una vita?
Di domeniche pigre in cui non rispondiamo al telefono per rimanere sul divano abbracciando un libro appena iniziato. Di ore spese inutilmente a cercare le sigarette, le chiavi della macchina, gli occhiali da sole, perché si sa che spesso e volentieri le cose si spostano per farci dispetto e divertirsi alle nostre spalle. Di pomeriggi adolescenziali passati a guardare le gocce di pioggia che rimbalzano sul vetro, sognando di sposare Mick Jagger. Di quei bomboloni sganciati da un razzo su un letto di zucchero che papà ti portava a mangiare per insegnarti i piaceri della vita. Di mattine in cui scopri allo specchio che in una notte hai preso cinque anni e non ti resta che tifare per un po’ d’indulgenza, in un Paese in cui dimostrare la propria età è più grave che fare una rapina a mano armata. Di salti della quaglia da uno schieramento a un altro nella più autentica suddivisione tra esseri umani: quella tra coppie e single. Di momenti in cui basta un calzino con l’elastico moscio per far emergere tutte le nostre insicurezze. Di quel preciso giorno in cui si spezza il tempo alla fine dell’estate. E di tutto quello che non ricordiamo più ma ogni tanto affiora dalle misteriose stanze della nostra memoria difettosa.”
— Grazie per quella volta.Confessioni di una donna difettosa-Serena Dandini
Di domeniche pigre in cui non rispondiamo al telefono per rimanere sul divano abbracciando un libro appena iniziato. Di ore spese inutilmente a cercare le sigarette, le chiavi della macchina, gli occhiali da sole, perché si sa che spesso e volentieri le cose si spostano per farci dispetto e divertirsi alle nostre spalle. Di pomeriggi adolescenziali passati a guardare le gocce di pioggia che rimbalzano sul vetro, sognando di sposare Mick Jagger. Di quei bomboloni sganciati da un razzo su un letto di zucchero che papà ti portava a mangiare per insegnarti i piaceri della vita. Di mattine in cui scopri allo specchio che in una notte hai preso cinque anni e non ti resta che tifare per un po’ d’indulgenza, in un Paese in cui dimostrare la propria età è più grave che fare una rapina a mano armata. Di salti della quaglia da uno schieramento a un altro nella più autentica suddivisione tra esseri umani: quella tra coppie e single. Di momenti in cui basta un calzino con l’elastico moscio per far emergere tutte le nostre insicurezze. Di quel preciso giorno in cui si spezza il tempo alla fine dell’estate. E di tutto quello che non ricordiamo più ma ogni tanto affiora dalle misteriose stanze della nostra memoria difettosa.”
— Grazie per quella volta.Confessioni di una donna difettosa-Serena Dandini
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