domenica 6 luglio 2014

Frida Kahlo

È lecito inventare dei verbi nuovi?
Voglio regalartene uno: io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente, per amarti senza confini.
Frida Kahlo


(Dal diario intimo di Frida )

Niente vale più della risata e del disprezzo.
E’ necessario ridere e abbandonarsi.
essere crudeli e leggeri.
La tragedia è la cosa più ridicola che “l’uomo” ha,
ma sono sicura, che gli animali anche se “soffrono”,
non esibiscono la loro “pena”
in “teatri”– “aperti” nè “chiusi” ( i “focolari” ).
e il loro dolore è più vero
di qualunque immagine ogni uomo possa
“rappresentare” o sentire come dolorosa..

(Dal diario intimo di Frida )

(Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera - Città del Messico 12 settembre 1939. Mai spedita)

(Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera - Città del Messico 12 settembre 1939. Mai spedita)
"La mia notte mi strema. Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest’evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me. Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero. La mia notte non porta consiglio. La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti. La mia notte si intristisce e si perde. La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini. Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori. La mia notte è lunga, lunga, lunga. La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta. La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte. Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno. La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo. Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina-disordine, è proibito. La mia notte si chiede cosa non sia proibito. Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione. Una carne non è fatta per sposare il nulla. La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio. La mia notte si nutre di echi immaginari. Essa, può farlo. Io, fallisco. La mia notte mi osserva. Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa. La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza. La mia notte ti aspetta. Il mio corpo ti attende. La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell’incavo della mia spalla e che io riposassi nell’incavo della tua. La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere. La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio. La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo. La mia notte diventerebbe dolce. La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te. La mia notte è lunga, lunga, lunga. Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio. Sta morendo perché non sei qui e mi uccide. La mia notte ti cerca continuamente. Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi. Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra. Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno. Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio. La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile. Mi manchi tanto, tanto. Le tue parole. Il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole."

sabato 5 luglio 2014

Scandalo al sole, di Sloan Wilson

Incipit:

"L'isola Pine, nel Maine, scaturisce dal mare come un enorme castello medioevale. Si leva laggiù, unica isola visibile della costa, e con i suoi gotici dirupi sfida i cavalloni che avanzano dall'Atlantico settentrionale. Veniva fatto di domandarsi come mai si trovasse lì. A giudicare dal suo aspetto, doveva essersi prodotta qualche esplosione sotterranea, oppure doveva essere stata una collisione di forze immani a proiettare in alto quell'unica isola e a lasciarla emergere come un rappreso grumo di violenza. Benché alcuni dei non vasti prati nell'entroterra offrissero buoni pascoli alle greggi, e le acque dello stagno fossero dolci, le montagne erano pericolose".

Libri per l'estate...

"Libri per l'estate..."
Evento Facebook ideato da Guendalina Mustica, fondatrice e curatrice della pagina "Il cenacolo intellettuale"

Elsa Morante, L'isola di Arturo

Dunque pare che alle anime viventi possano toccare due sorti: c’è chi nasce ape, e chi nasce rosa. Che fa lo sciame delle api, con la sua regina? Va, e ruba a tutte le rose un poco di miele, per portarselo nell’arnia, nelle sue stanzette. E la rosa? La rosa l’ha in se stessa: non le serve cercarla altrove. Ma qualche volta sospirano di solitudine, le rose, questi esseri divini! Le rose ignoranti non capiscono i propri misteri. 
La prima di tutte le rose è Dio. 
Fra le due: la rosa e l’ape, secondo me, la più fortunata è l’ape. E l’Ape Regina, poi, ha una fortuna sovrana! Io per esempio, sono nato Ape Regina. E tu Wilhelm? Secondo me, tu, Wilhelm mio, sei nato col destino più dolce e col destino più amaro: tu sei l’ape e sei la rosa.
— Elsa Morante, L’isola di Arturo
, ,

Jean Maurice Eugène Clément Cocteau (Maisons-Laffitte, 5 luglio 1889 – Milly-la-Forêt, 11 ottobre 1963)

La verità è troppo nuda, per questo non eccita gli uomini.
(Jean Cocteau)