venerdì 7 febbraio 2014

Philomena Lee dal Papa

“La Chiesa? Non provo più rancore, non avrei potuto vivere per 62 anni con quel sentimento dentro… è stato un grande onore, è una persona speciale, mi ha commossa. Mi sono sempre sentita colpevole per aver avuto un figlio fuori dal matrimonio. Solo mio fratello conosceva la storia. E ieri, incontrando il Papa, mi sono sentita finalmente liberata, ho capito che non dovevo sentirmi più in colpa. Credo che Papa Francesco sarà con me nella lotta per aiutare migliaia di madri e bambini che cercano la verità sulla loro storia”

- Philomena Lee


Papa Francesco ha ricevuto in udienza Philomena Lee, donna irlandese rimasta incinta ancora adolescente nel 1952, rinchiusa in convento e privata del suo pargolo dato in adozione abusiva  che ha ispirato il film di Stephen Frears che porta il suo nome, per cui Judi Dench ha ottenuto la nomination agli Oscar.

Google Doodle celebra i diritti umani


“La pratica dello sport è un diritto dell’uomo. Ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport senza discriminazioni di alcun genere e nello spirito olimpico, che esige mutua comprensione, spirito di amicizia, solidarietà e fair-play.”
 - Tradotto da Google dalla Carta Olimpica

Oggi, 7 febbraio 2014, giornata della cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Google si schiera apertamente nella polemica sul rispetto dei diritti degli omosessuali in Russia,  pubblicando un doodle composto dai colori della bandiera arcobaleno della comunità LGBT per ogni lettera (lo sci, l'hockey, il curling, il bob, il pattinaggio artistico e lo snowboard) e riportando in sottotitolo una citazione della Carta Olimpica contro le discriminazioni.

L'Utopia di Thomas More




I principi di questa repubblica han di mira anzitutto l’ideale di richiamar tutti i cittadini, quanto più tempo è possibile, per quel che consentano le necessità pubbliche, dalla servitù del corpo alla libertà dello spirito e della cultura. In ciò infatti consiste, secondo loro, la felicità della vita”. 
- Thomas More, Utopia




 All'inizio del Cinquecento, accanto alla concezione pragmatica della politica tipica di Niccolò Machiavelli, nacque anche una visione totalmente alternativa. Il suo più importante teorico fu l'umanista inglese Thomas More ( 1477 - 1535), cancelliere di Enrico VIII dimessosi dalla carica alla vigilia della rottura tra il sovrano e la Chiesa di Roma, rinchiuso nella Torre di Londra e poi decapitato per essersi rifiutato di sottoscrivere nel 1534 l'Atto di Supremazia. Riallacciandosi alla repubblica ideale di Platone e alle nuove tendenze culturali del suo tempo, prima fra tutte la critica sociale, politica e religiosa di Erasmo, More con la sua Utopia (1516) creò una nuova parola e un nuovo genere letterario, nel tentativo di elaborare un modello ideale e razionale di Stato a cui l'uomo avrebbe dovuto tendere.
Il termine utopia, coniato da More sulla base del greco ou- tòpos ed eu- tòpos, ovvero "luogo inesistente" e "luogo felice", racchiudeva una voluta ambiguità: il singolare trattato raccontava di un'isola immaginaria (ou-tòpos) in cui regnavano giustizia, libertà e tolleranza religiosa (eu - tòpos). Col tempo la parola utopia è passata a indicare qualsiasi progetto lodevole ma irrealizzabile, che non può avere luogo.
Nella prima parte della sua opera More denunciava in termini estremamente severi le storture della società del suo tempo, in cui dominavano l'arroganza dell'aristocrazia, l'ozio dei monaci e il parassitismo delle classi subalterne, a scapito dell'unica classe virtuosa, quella dei contadini. A suo avviso la causa preminente della degenerazione morale in Inghilterra era lo sviluppo della proprietà privata. Nella seconda parte dell'opera l'autore dava poi voce a un immaginario viaggiatore, Itlodeo, che di ritorno dalla lontana isola di Utopia, narrava allo stesso autore come, grazie alla comunanza dei beni, lo Stato laggiù garantiva a tutti gli utopiani cibo e assistenza, distribuendoli a ciascuno in base alle sue esigenze. Nell'isola utopica, perciò, erano banditi il lusso, la guerra e la proprietà individuale; vi regnavano pace, giustizia, tolleranza e laboriosità. Il modello utopistico di Thomas More esprimeva pertanto le istanze più elevate della razionalità e della socialità dell'uomo, e sognava una profonda cesura con la storia, fino ad allora teatro di guerre, miseria e povertà.




Thomas More, italianizzato in Tommaso Moro (Londra, 7 febbraio 1478 – Londra, 6 luglio 1535)

"Dammi la forza di cambiare le cose che posso modificare e la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e la saggezza per distinguere la differenza tra le une e le altre." "Dammi Signore, un' anima che abbia occhi per la bellezza e la purezza, che non si lasci impaurire dal peccato e che sappia raddrizzare le situazioni. 
Dammi un' anima che non conosca noie, fastidi, mormorazioni, sospiri, lamenti.
 Non permettere che mi preoccupi eccessivamente di quella cosa invadente che chiamo 'io'. Dammi il dono di saper ridere di una facezia, di saper cavare qualche gioia dalla vita e anche di farne partecipi gli altri. 
Signore dammi il dono dell'umorismo." 
(Tommaso Moro 1587: Preghiere della Torre)

Accadde oggi: il falò delle vanità

  7 febbraio  1497:  A Firenze,  dopo  la cacciata dei Medici,  i seguaci del domenicano Girolamo Savonarola sequestrarono e bruciarono pubblicamente migliaia di oggetti nella città, durante la festa di martedì grasso. Lo scopo  di questa furia distruttiva era l'eliminazione di qualsiasi oggetto considerato potenzialmente peccaminoso,  inducente allo sviluppo della vanità, comprendendo articoli voluttuari come specchi,cosmetici, vestiti lussuosi,  strumenti musicali. Altri bersagli includevano libri "immorali", manoscritti contenenti canzoni "secolari" o "profane", e dipinti. Tra i vari oggetti distrutti in questa campagna vi furono alcuni dipinti   raffiguranti scene della mitologia classica, realizzati da Sandro Botticelli, che egli stesso provvide ad abbandonare sul rogo.

giovedì 6 febbraio 2014

Ogni giorno bisogna puntare i piedi


Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. [...] Ogni giorno bisogna puntare i piedi. 
Ho sposato un comunista, di Philip Roth


Pastorale americana, Philip Roth

Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite... Beh, siete fortunati.