Visualizzazione post con etichetta relazioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta relazioni. Mostra tutti i post

giovedì 4 agosto 2016

Vittorino Andreoli

La fragilità è un valore umano. Non sono affatto le dimostrazioni di forza a farci crescere, ma le nostre mille fragilità: tracce sincere della nostra umanità, che di volta in volta ci aiutano nell’affrontare le difficoltà, nel rispondere alle esigenze degli altri con partecipazione.
La fragilità è come uno scudo che ci difende dalle calamità, quello che di solito consideriamo un difetto è invece la virtuosa attitudine che ci consente di stabilire un rapporto di empatia con chi ci è vicino.
Il fragile è l’uomo per eccellenza, perché considera gli altri, suoi pari e non, potenziali vittime, perché laddove la forza impone, respinge e reprime, la fragilità accoglie, incoraggia e comprende.
—  Vittorino Andreoli, L'uomo di vetro


mercoledì 3 agosto 2016

Umberto Galimberti

Non si dà amore senza possibilità di tradimento, come non si dà tradimento se non all'interno di un rapporto d'amore. A tradire infatti non sono i nemici e tanto meno gli estranei, ma i padri, le madri, figli, i fratelli, gli amanti, le mogli, i mariti, gli amici. Solo loro possono tradire, perché su di loro un giorno abbiamo investito il nostro amore. Il tradimento appartiene all'amore come il giorno alla notte.
—  Umberto GalimbertiLe cose dell'amore


lunedì 5 ottobre 2015

"Lettera al fratello marocchino" di Don Tonino Bello

"Lettera al fratello marocchino" di Don Tonino Bello
Fratello marocchino. Perdonami se ti chiamo così, anche se col Marocco non hai nulla da spartire. Ma tu sai che qui da noi, verniciandolo di disprezzo, diamo il nome di marocchino a tutti gli infelici come te, che vanno in giro per le strade, coperti di stuoie e di tappeti, lanciando ogni tanto quel grido, non si sa bene se di richiamo o di sofferenza: tapis!

La gente non conosce nulla della tua terra. Poco le importa se sei della Somalia o dell'Eritrea, dell'Etiopia o di Capo Verde. A che serve? Il mondo ti è indifferente.
Dimmi marocchino. Ma sotto quella pelle scura hai un'anima pure tu? Quando rannicchiato nella tua macchina consumi un pasto veloce, qualche volta versi anche tu lacrime amare nella scodella? Conti anche tu i soldi la sera come facevano un tempo i nostri emigranti? E a fine mese mandi a casa pure tu i poveri risparmi, immaginandoti la gioia di chi li riceverà? E' viva tua madre? La sera dice anche lei le orazioni per il figlio lontano e invoca Allah, guardando i minareti del villaggio addormentato? Scrivi anche tu lettere d'amore? Dici anche tu alla tua donna che sei stanco, ma che un giorno tornerai e le costruirai un tukul tutto per lei, ai margini del deserto o a ridosso della brugheria?

Mio caro fratello, perdonaci. Anche a nome di tutti gli emigrati clandestini come te, che sono penetrati in Italia, con le astuzie della disperazione, e ora sopravvivono adattandosi ai lavori più umili. Sfruttati, sottopagati, ricattati, sono costretti al silenzio sotto la minaccia di improvvise denunce, che farebbero immediatamente scattare il "foglio di via" obbligatorio.

Perdonaci, fratello marocchino, se noi cristiani non ti diamo neppure l'ospitalità della soglia. Se nei giorni di festa, non ti abbiamo braccato per condurti a mensa con noi. Se a mezzogiorno ti abbiamo lasciato sulla piazza, deserta dopo la fiera, a mangiare in solitudine le olive nere della tua miseria.

Perdona soprattutto me che non ti ho fermato per chiederti come stai. Se leggi fedelmente il Corano. Se osservi scrupolosamente le norme di Maometto. Se hai bisogno di un luogo dove poter riassaporare, con i tuoi fratelli di fede e di sventura, i silenzi misteriosi della tua moschea. Perdonaci, fratello marocchino. Un giorno, quando nel cielo incontreremo il nostro Dio, questo infaticabile viandante sulle strade della terra, ci accorgeremo con sorpresa che egli ha... il colore della tua pelle.


lunedì 26 gennaio 2015

Buonanotte..

"Buonanotte a chi ha l’altra metà del cuore a chilometri di distanza. E complimenti, complimenti davvero perché ci vuole un gran bel coraggio ad abbracciarsi da soli la notte.
Buonanotte, perché è una faccenda da duri amare chi c’è ma non c’è."

Siham Jadir





mercoledì 14 maggio 2014

La parola si fa gesto

Dobbiamo modificare il nostro modo tradizionale di parlare che, per lo più, si rivolge all’altro attraverso un senso già codificato, presunto neutrale e universale. Rivolgersi all’altro in quanto altro richiede parole inedite e in qualche maniera uniche, come è sempre nuovo e unico l’incontro con un altro. Richiede anche parole che esprimono, e si indirizzano, a un essere globale, con la propria sensibilità, il proprio corpo. Non si tratta dunque di ripetere un discorso già esistente, ma di creare un dire vivo, direi poietico, che chiama l’altro ad entrare in relazione qui e ora. La parola allora si fa gesto, un gesto che tocca l’altro e lo implica, pur rispettando la sua singolarità. Il che esige che sia mantenuto, in se stessi e fra i due, un silenzio che preservi la dualità dei mondi e delle soggettività, e fornisca un luogo dove possa nascere una parola nuova.
(Luce Irigaray)

lunedì 5 maggio 2014

Diario di un seduttore

Don Giovanni desidera, e questo desiderio ha un effetto seduttore; è per questo ch’egli seduce. Gode il soddisfacimento del desiderio; non appena l’ha goduto, cerca un altro oggetto, e così all’infinito. Egli inganna, così, ma senza premeditare il suo inganno; è la potenza stessa della sensualità quella che inganna le sedotte; si tratta di una specie di Nemesi. Egli desidera e continua sempre a desiderare, e continua a godere il soddisfacimento del desiderio, senza esserne mai sazio.
Diario di un seduttore, Kierkegaard

martedì 29 aprile 2014

Princìpi necessari per l'arte di tacere, di Joseph Dinouart

Princìpi necessari per l'arte di tacere, di Joseph Dinouart
1. È bene parlare solo quando si deve dire qualcosa che valga più del silenzio.
2. Vi è un tempo per tacere, come vi è un momento per parlare.
3. Nell'ordine, il momento di tacere deve venire sempre prima: solo quando si sarà imparato a mantenere il silenzio, si potrà imparare a parlare rettamente.
 4. Tacere quando si è obbligati a parlare è segno di debolezza e imprudenza, ma parlare quando si dovrebbe tacere, è segno di leggerezza e scarsa discrezione.
 5. In generale è sicuramente meno rischioso tacere che parlare.
 6. Mai l'uomo è padrone di sé come quando tace: quando parla sembra, per così dire, effondersi e dissolversi nel discorso, così che sembra appartenere meno a se stesso che agli altri.
7. Quando si deve dire una cosa importante, bisogna stare particolarmente attenti: è buona precauzione dirla prima a sé stessi, e poi ancora ripetersela, per non doversi pentire quando non si potrà più impedire che si propaghi.
8. Quando si deve tenere un segreto non si tace mai troppo: in questi casi l'ultima cosa da temere è saper conservare il silenzio.
 9. Il riserbo necessario per saper mantenere il silenzio nelle situazioni consuete della vita, non è virtù minore dell'abilità e della cura richieste per parlare bene; e non si acquisisce maggior merito spiegando ciò che si fa piuttosto che tacendo ciò che si ignora. Talvolta il silenzio del saggio vale più del ragionamento del filosofo: è una lezione per gli impertinenti e una punizione per i colpevoli.
 10. Il silenzio può talvolta far le veci della saggezza per il povero di spirito e della sapienza per l'ignorante.
11. Si è naturalmente portati a pensare che chi parla poco non sia un genio e chi parla troppo, uno stolto o un pazzo: allora è meglio lasciar credere di non essere geni di prim'ordine rimanendo spesso in silenzio, che passare per pazzi, travolti dalla voglia di parlare.
12. È proprio dell'uomo coraggioso parlare poco e compiere grandi imprese; è proprio dell'uomo di buon senso parlare poco e dire sempre cose ragionevoli.
 13. Qualunque sia la disposizione che si può avere al silenzio, è bene essere sempre molto prudenti; desiderare fortemente di dire una cosa, è spesso motivo sufficiente per decidere di tacerla.
14. Il silenzio è necessario in molte occasioni; la sincerità lo è sempre: si può qualche volta tacere un pensiero, mai lo si deve camuffare. Vi è un modo di restare in silenzio senza chiudere il proprio cuore, di essere discreti senza apparire tristi e taciturni, di non rivelare certe verità senza mascherarle con la menzogna.



lunedì 28 aprile 2014

Leggere le persone

E’ bello leggere le persone.
Quelli tutti uguali cercano di sembrare diversi, i diversi tentano di sembrare uguali. I liberi se ne fregano. Ogni ruga una riga, ogni smorfia un epigramma, ogni sbadiglio un aforisma scontato. Le persone sono una biblioteca pubblica.
E non lo sanno.

A.G. Pinketts


giovedì 3 aprile 2014

Che cosa significa amare

Ora credo di aver imparato che cosa significa amare: essere capaci, non di prendere iniziative di rilancio di sé e di "esagerazione", ma di essere attenti all'altro, di rispettare il suo desiderio e i suoi ritmi, di non chiedere nulla ma imparare a ricevere e ricevere ogni dono come una sorpresa della vita, ed essere capace, senza alcuna pretesa, sia dello stesso dono sia della stessa sorpresa verso l'altro, senza usargli la minima violenza. Insomma, la semplice libertà. Perché mai Cézanne avrebbe dipinto la montagna Sainte-Victoire a ogni istante? Perché la luce di ogni istante è un dono.

Louis Althusser - L'avvenire dura a lungo


martedì 18 marzo 2014

Erich Fromm

La gente non pensa che l’amore non conti. Anzi, ne ha bisogno; corre a vedere serie interminabili di film d’amore, felice o infelice, ascolta canzoni d’amore; eppure nessuno crede che ci sia qualcosa da imparare in materia d’amore.
Questo atteggiamento si basa su parecchie premesse: la maggior parte della gente ritiene che amore significhi “essere amati”, anziché amare; di conseguenza, per loro il problema è come farsi amare, come rendersi amabili, e per raggiungere questo scopo seguono parecchie strade.
Una, preferita soprattutto dagli uomini, consiste nell’avere successo, nell’essere ricchi e potenti quanto lo possa permettere il livello della loro posizione sociale. Un’altra, seguita particolarmente dalle donne, è di rendersi attraenti, coltivando la bellezza, il modo di vestire, ecc. Una terza via, seguita da uomini e donne, è di acquisire modi affabili, di tenere conversazioni interessanti, di essere utili, modesti, inoffensivi. Molti dei modi per rendersi amabili sono gli stessi impiegati per raggiungere il successo, per “conquistare gli amici” e la gente importante. Come dato di fatto, quel che la gente intende per “essere amabili”, è essenzialmente un insieme di qualità.
Una seconda premessa per sostenere la teoria che nulla v’è da imparare in materia d’amore, è la supposizione che il problema dell’amore sia il problema di un oggetto, e non il problema di una facoltà. La gente ritiene che amare sia semplice, ma che trovare il vero soggetto da amare, o dal quale essere amati, sia difficile. Un atteggiamento questo determinato da molte ragioni, legate allo sviluppo della società moderna. Una di queste è il grande cambiamento avvenuto nel ventesimo secolo riguardo la scelta dell’oggetto del proprio amore.
- Erich Fromm, L’arte di amare


martedì 11 marzo 2014

John Gray

Un rapporto di coppia è come un giardino, Per crescere rigoglioso deve essere annaffiato regolarmente. Ha bisogno di cure particolari a seconda della stagione e del clima. Bisogna deporre i semi ed estirpare le erbacce. In modo analogo, per mantenere viva la magia dell’amore è necessario che ne comprendiamo le stagioni e dedichiamo cure adeguate alle speciali necessità dell’amore stesso.
(John Gray, “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”)
 


venerdì 14 febbraio 2014

Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere

Un rapporto di coppia è come un giardino, Per crescere rigoglioso deve essere annaffiato regolarmente. Ha bisogno di cure particolari a seconda della stagione e del clima. Bisogna deporre i semi ed estirpare le erbacce. In modo analogo, per mantenere viva la magia dell’amore è necessario che ne comprendiamo le stagioni e dedichiamo cure adeguate alle speciali necessità dell’amore stesso.
(John Gray, “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”)


giovedì 13 febbraio 2014

Peter Gabriel

"Penso che un amico sia qualcuno con cui puoi dividere le tue emozioni più intime, qualcuno che è disposto a rischiare l'amicizia pur di dirti quello che pensa tu non dovresti fare...un vero amico è qualcuno che ci tiene tanto da dirmi cose che non voglio sentire".
-Peter Gabriel

martedì 11 febbraio 2014

Ottavio Missoni (Ragusa di Dalmazia, 11 febbraio 1921 – Sumirago, 9 maggio 2013)

"La vita è una sequela di fatti, alcuni belli, altri meno. A me affascina la casualità di questi fatti. Se penso di essere sposato da 57 anni con una donna che ho conosciuto sotto la statua di Cupido in Trafalgar Square, penso che il caso sia una cosa meravigliosa".
- Ottavio Missoni ( Ragusa di Dalmazia,11 febbraio 1921 - Sumirago, 9 maggio 2013)




lunedì 10 febbraio 2014

Boris Pasternak


"E' bene quando una persona contraddice le nostre aspettative, quando è diversa dall'immagine che ce ne siamo fatta. Appartenere a un tipo significa la fine dell'uomo, la sua condanna. Se non si sa, invece, come catalogarlo, se sfugge a una definizione, è già in gran parte un uomo vivo, libero da se stesso, con  un granello in sé di assoluto".
- Boris Pasternak







lunedì 30 dicembre 2013

Philip Roth, "Pastorale americana"

“Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze d’acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l’affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male. Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima d’incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l’incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell’incontro, e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l’intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri? Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite… Beh, siete fortunati.”
— Philip Roth, Pastorale americana