giovedì 18 agosto 2022

Elsa Morante

 La frase d'amore più vera, l' unica è : "Hai mangiato"?

- Elsa Morante



Alberto Moravia

 Non sono mai stato innamorato di Elsa. L’ho amata, questo sì, ma non sono mai riuscito a perdere la testa, cioè appunto non sono stato mai innamorato. Lei l’ha sempre saputo, e questo è stato forse anche il motivo principale della difficoltà del nostro rapporto. Non ero innamorato, ma affascinato da qualcosa di estremo, di straziante e di passionale che c’era nel suo carattere. Così in un’atmosfera di passionalità aggressiva in lei e di affetto difensivo in me, siamo vissuti venticinque anni. Elsa cercava di annullarmi e al tempo stesso, per troppa passione, annullava se stessa.


— Alberto Moravia



Elsa Morante

 “A. mi vuole bene, ma ogni tanto scappa via verso i più lontani paesi. Poi dice che bisogna finirla e poi mi prega di non finirla per carità. Ecc. Ora poi ho scoperto che io non sto stare al mondo e da quel momento siamo diventati una specie di favola perché in qualunque luogo e in mezzo a qualunque consesso rispettabile non finisce mai di farmi delle prediche e di arrabbiarsi a vuoto perché io al mondo non ci saprò mai stare. Vorrei, non so come dirti, fargli sentire delle parole bellissime, una musica tanto potente da riuscire a spiegargli che cosa è la vera bellezza della vita e del mondo. Lo vedo aggirarsi in quella sua specie di sotterraneo, agitarsi, dare schiaffi, annoiarsi e per quanto mi sforzi non riesco a portarlo via di là”. 

(Elsa Morante a proposito di Alberto Moravia in una lettera all'amica Elisa Fantini, 1938)



Elsa Morante

 […] Credo che non bisogni vegliare troppo nella vita, cioè aspettare ogni giorno il tempo che arriva con una specie di rancore, un'ansia di avvenimenti e di soluzioni.

Bisogna forse abbandonarsi ad una specie di sonno, cioè lasciarsi vivere e credere alle sole cose che sono vere e che maturano da sé fatalmente se non si cercano con avidità e rabbia: il lavoro e l'amore. Il primo è forse la cosa più vera e se si crede in lui senza fretta né smanie finisce sempre per mantenere le sue promesse. Il secondo arriva ma cercarlo è inutile e volerlo anche...


Da una lettera di Elsa Morante a Luisa Fantini, 1937



L' isola di Arturo - incipit

 Uno dei miei primi vanti era stato il mio nome. Avevo presto imparato (fu lui, mi sembra, il primo a informarmene), che Arturo è una stella: la luce piú rapida e radiosa della figura di Boote, nel cielo boreale! E che inoltre questo nome fu portato pure da un re dell’antichità, comandante a una schiera di fedeli: i quali erano tutti eroi, come il loro re stesso, e dal loro re trattati alla pari, come fratelli.

Purtroppo, venni poi a sapere che questo celebre Arturo re di Bretagna non era storia certa, soltanto leggenda; e dunque, lo lasciai da parte per altri re piú storici (secondo me, le leggende erano cose puerili). Ma un altro motivo, tuttavia, bastava lo stesso a dare, per me, un valore araldico al nome Arturo: e cioè, che a destinarmi questo nome (pur ignorandone, credo, i simboli titolati), era stata, cosí seppi, mia madre. La quale, in se stessa, non era altro che una femminella analfabeta; ma piú che una sovrana, per me.
Di lei, in realtà, io ho sempre saputo poco, quasi niente: giacché essa è morta, all’età di nemmeno diciotto anni, nel momento stesso che io, suo primogenito, nascevo. E la sola immagine sua ch’io abbia mai conosciuta è stata un suo ritratto su cartolina. Figurina stinta, mediocre, e quasi larvale; ma adorazione fantastica di tutta la mia fanciullezza.
Il povero fotografo ambulante, cui si deve quest’unica sua immagine, l’ha ritratta ai primi mesi della sua gravidanza. Il suo corpo, pure fra le pieghe della veste ampia, lascia già riconoscere ch’è incinta; ed essa tiene le due manine intrecciate davanti, come per nascondersi, in una posa di timidezza e di pudore. È molto seria, e nei suoi occhi neri non si legge soltanto la sottomissione, ch’è solita in quasi tutte le nostre ragazze e sposette di paese; ma un’interrogazione stupefatta e lievemente spaurita. Come se, fra le comuni illusioni della maternità, essa già sospettasse il suo destino di morte, e d’ignoranza eterna.
Elsa Morante, L'isola di Arturo - l'incipit.



Menzogna e sortilegio

 Ogni relazione affettuosa, anche la più temeraria, conosce dei colpi da cui deve guardarsi, voglio dire delle parole che vanno taciute, degli argomenti che non bisogna evocare.

Elsa Morante, Menzogna e sortilegio



Lettere d'amore

 “Caro Alberto, non riesco a dormire, e scrivo a te per dirti quello che già da molti mesi avrei dovuto dirti, e cioè che ti prego di perdonarmi il mio comportamento di questi ultimi tempi, e, soprattutto, di non credere mai che esso significhi la fine del mio grande affetto per te. Se tu sapessi il disordine della mia mente, che malgrado tutto riesco a nascondere, e l’incertezza che ho in ogni momento, l’impressione di sterilità, e aggiunta a questa la passione veramente strana e quasi inaudita per molti versi che mi è capitata, avresti pena di me più ancora di quella che hai.

Non credere che io non ti sia grata per il modo che usi verso di me e di cui mi ricorderò sempre. Sto molto male, non so se riuscirò a ritrovare un equilibrio in qualche cosa. Vorrei poter lavorare davvero, o amare davvero, e sarei felice di dare a qualcuno o a qualche cosa tutto quello che posso, purché la mia vita fosse compiuta finalmente e trovassi il riposo del cuore".
Da una lettera di Elsa Morante ad Alberto Moravia, 1950