domenica 31 luglio 2022

Sylvia Plath

 "Fammi essere forte, forte di sonno e di intelligenza e forte di ossa e fibra; 

...fammi imparare, attraverso questa disperazione, 

a distribuirmi:

 a sapere dove e a chi dare:

 a riempire i brevi momenti e le chiacchiere casuali di quell’infuso speciale di devozione e amore che sono le nostre epifanie.

A non essere amara.

Risparmiamelo il finale, quel finale acido citrico aspro che scorre nelle vene delle donne in gamba e sole."

(Diari, Sylvia Plath)




sabato 30 luglio 2022

Monica Vitti

 Io cammino a piedi, non so guidare l’automobile, vesto semplicemente, non ho camerieri in livrea e al posto dei gioielli preferisco comprare quadri d’autore. Fuori dal mio lavoro faccio cose normali, anzi banali. Se i miei atteggiamenti possono sembrare sconcertanti non vi sono pose né tanto meno calcoli precisi. Forse sono così perché ho la pressione bassa. A causa della pressione la mattina spesso sono disperata e potrei anche suicidarmi. La sera sono invece in forma effervescente. Diverto e faccio ridere tutti. La gente che non mi conosce resta stupita.

Monica Vitti



Maestri del cinema

 Sergio Leone e Michelangelo Antonioni



Michelangelo Antonioni

 Vedere è per noi una necessità. Anche per il pittore il problema è vedere. Ma mentre per il pittore si tratta di scoprire una realtà statica, o anche un ritmo se vogliamo, ma un ritmo che si è fermato nel segno, per un regista il problema è cogliere una realtà che si matura e si consuma, e proporre questo movimento, questo arrivare e proseguire come una nuova percezione.

(Michelangelo Antonioni)



Michelangelo Antonioni

 "Quante cose si finiscono per sapere se si resta un po’ soli.”


Tommaso (Bernhard Wicki), ne "La Notte" di Michelangelo Antonioni (‘61)



Happy family

 “Il problema è che abbiamo paura, basta guardarci. Viviamo con l’incubo che da un momento all’altro tutto quello che abbiamo costruito possa distruggersi. Con il terrore che il tram su cui siamo possa deragliare. Paura dei bianchi, dei neri, della polizia, dei carabinieri. Con l’angoscia di perdere il lavoro ma anche di diventare calvi, grassi, gobbi, vecchi, ricchi. Con la paura di perdere i treni, di non arrivare in orario agli appuntamenti. Paura che scoppi una bomba, di rimanere invalidi, paura di perdere un braccio, un occhio, un dito, un dente, un filo, un foglio. Un foglio su cui avevamo scritto una cosa importantissima. Paura dei terremoti, paura dei virus, paura di sbagliare, paura di dormire. Paura di morire prima di aver fatto tutto quello che dovevamo fare. Paura del vicino di casa, paura delle malattie, paura di non sapere cosa dire. Paura delle donne, paura degli uomini, paura dei germi, dei ladri, dei topi e degli scarafaggi. Paura di puzzare, paura di votare, di volare. Paura della folla, paura di fallire, paura di cadere, di rubare, di cantare. Paura della gente. Paura degli altri.”


—  Happy Family; regia di Gabriele Salvatores



Haruki Murakami

 Guardo il suo seno. 

La parte tonda, in rilievo, in accordo col ritmo del suo respiro, si solleva e si abbassa dolcemente, simile al movimento delle onde. Mi fa pensare a una vasta distesa di mare su cui scende una pioggia silenziosa e incessante. Io sono il navigatore solitario in piedi sul ponte della nave, e lei è il mare. Il cielo è un’uniforme distesa grigia che in lontananza si confonde con il mare, che la stessa tinta cinerea. In momenti come questo è molto difficile distinguere dove cominci uno e abbia fine l’altro. E’ difficile persino distinguere il navigatore dal mare. E anche i confini tra la realtà e il cuore.


Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia