lunedì 7 dicembre 2020

Umberto Galimberti

 Se è amore sconvolge la vita


Quando incontriamo l'amore non racchiudiamolo nei contatti fisici, non tratteniamolo nelle nostre difese, e neppure affoghiamolo nelle turbolenze dei nostri sentimenti. L'amore, comunque si presenti, apre un mondo: il mondo della vita ben diverso dalla semplice sopravvivenza. Ma per questo non dobbiamo leggere l'amore a partire dal nostro desiderio, che è troppo angusto per esserne all'altezza. Non possiamo attenderlo nelle modalità che ci siamo costruiti a partire dalla nostra educazione, dai nostri principi, dal concetto che abbiamo di noi, dalla letteratura che abbiamo frequentato, dall'esperienza che abbiamo maturato. L'amore ci chiede innocenza. Quella del bambino che si apre al mondo. Perché il dono che ci fa amore, non è la persona che lo suscita, ma il mondo che, attraverso quella persona, si dischiude ai nostri occhi. Un mondo mai visto perché le nostre difese, in quell'occasione, sono cadute. E, con le difese, anche i nostri modi, lussuriosi o pudichi, di concepire l'amore. Vertigine del pensiero che si trova tra pensieri mai pensati, tonalità affettive per le cose di tutti i giorni che, per consuetudine, prima ci erano indifferenti, luminosità dello sguardo che si è aperto in modo del tutto nuovo sul mondo, parole nuove rispetto a quelle abituali che prima dicevamo e sentivamo. La nostra anima, come effetto di ogni incontro d'amore, ci cede il suo segreto e ci fa conoscere quel mondo sconosciuto che noi siamo e, fino ad allora, ignoravamo. Questo è l'amore, e non l'altro che ci ama o non ci ama come vorremmo che lui ci amasse. Perché quando le nostre attese pregiudicano l'amore, già abbiamo perso l'innocenza, e con essa la chiave che ci porta alla scoperta di tutte le nostre parti segrete che, con l'avanzare degli anni, rischiano di morire senza essere mai nate. Ma per accedere ai doni dell'amore dobbiamo in qualche modo mettere da parte il nostro io e la nostra abituale visione del mondo, perché l'altra parte di noi stessi che pure invocava di vivere.

Umberto Galimberti


martedì 1 dicembre 2020

Alessandro D'Avenia

 "Dobbiamo smetterla di ridurre la scuola al medium che usiamo. La scuola è la relazione discepolo-maestro. Una relazione circolare che ha come obiettivo la crescita sia dell’uno che dell’altro. Se questo non accade, la relazione semplicemente non c’è, sia in presenza sia a distanza. La scuola è aperta solo dove questa relazione è viva. Abbiamo bisogno di una scuola che torni a dare centralità alla relazione, e invece la scuola di oggi, tra burocrazia e supplentite, è l’esatto contrario.

La Dad in molti casi è solo il

necrologio di un paziente moribondo,

in molti altri è un’occasione di

crescita straordinaria. Tutto dipende dalla relazione che avevamo prima

con i ragazzi".

Alessandro D'Avenia



giovedì 26 novembre 2020

Beppe Severgnini

 In Italia le norme non vengono rispettate come in altri Paesi: accettando una regola generale, ci sembra di far torto alla nostra intelligenza.

 Obbedire è banale, noi vogliamo ragionarci sopra. Vogliamo decidere se quella norma si applica al nostro caso particolare.

Beppe Severgnini



Rita Levi Montalcini

 Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai dovuto mostrare nulla, se non la loro intelligenza.


Rita Levi Montalcini.



Rita Levi Montalcini

 La testa.

C'è chi l'abbassa, chi la nasconde e chi la perde.

Io preferisco chi la usa.

Rita Levi Montalcini



lunedì 23 novembre 2020

Massimo Recalcati

 «Insegnare davanti ad uno schermo significa non indietreggiare di fronte alla necessità di trovare un nuovo adattamento imposto dalle avversità del reale testimoniando che la formazione non avviene mai sotto la garanzia dell’ideale, ma sempre controvento, con quello che c’è e non con quello che dovrebbe essere e non c’è»


Massimo Recalcati



domenica 22 novembre 2020

Ennio Flaiano

 Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L’età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti. E con me pochi altri: perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. 

Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell’arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia.

In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l’arabesco. Viviamo in una rete d’arabeschi.

Ennio Flaiano