giovedì 6 febbraio 2014

Niccolò Ugo Foscolo (Zante, 6 febbraio 1778 – Turnham Green, 10 settembre 1827)

Da' colli Euganei, 11 ottobre 1797.
Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so; ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo: quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi Italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'Italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da' pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.

"Ultime lettere di Jacopo Ortis" di Ugo Foscolo -  Incipit


"L'uomo che amava le donne"

"Tieni presente un fatto basilare: le donne pensano all'amore in una maniera più universale degli uomini".
(Brigitte Fossey a Charles Denner ne "L'uomo che amava le donne", regia Francois Truffaut 1977)



Jules et Jim

La vita era come una strana vacanza. Mai Jules e Jim avevano giocato una partita a domino così importante. Il tempo passava. La felicità si racconta male perché non ha parole, ma si consuma e nessuno se ne accorge.
(Voce narrante nel film "Jules et Jim", 1962)
 


I 400 colpi

Hai risposto bene?
Non mi hanno interrogato.
Dovevi chiederlo tu, farti notare. Questo è il segreto del successo: nella vita bisogna sempre avere iniziativa.
Julien Doinel (Albert Rémy) e Antoine Doinel (Jean-Pierre Léaud) ne "I 400 colpi", 1959




mercoledì 5 febbraio 2014

Vivamente suggerito dal cenacolo

“A passo di tartaruga”, romanzo d’esordio di Rosario Centorrino, è la storia di una generazione di giovani  che ricerca l'assoluto, la verità  e la coerenza nelle loro vite paradossalmente per mezzo degli smarrimenti,  l'incoerenza, gli sforzi di entrare nel mondo adulto  delle convenzioni  sociali e del benessere .
Un'amicizia, dall’adolescenza all’età adulta, lega i tre personaggi del romanzo, Bea, Marco e Ale, la narratrice. Un’amicizia  che nel corso del racconto si rivela essere più forte dell'amore, più forte delle passioni, del denaro e della realizzazione personale. Un legame profondo nonostante le apparenti distanze, il non detto, i fraintendimenti. Amicizia vera e al contempo amore contrastato caratterizzano il rapporto tra i tre, che si allontanano in più situazioni senza  tuttavia perdersi mai. Il disprezzo per l’ipocrisia della società, l’avversione per la dura legge di mercato e l’anticonformismo di giovani idealisti sono alcune delle tematiche di cui lo scrittore tratta con grande abilità e maestria.
"A passo di tartaruga" è un libro che consiglio vivamente di leggere a coloro i quali amano le storie coinvolgenti, le emozioni forti, i frequenti colpi di scena, le storie imprevedibili, mai noiose e banali.

Gruppo '63

Foto di Gruppo '63 .
 Giuseppe Ungaretti (al centro) attorniato (da sinistra) da Elio PagliaraniFurio ColomboAntonio PortaFausto CuriCarla VasioNanni BalestriniEnrico FilippiniInge Feltrinelli.

Montale, Auto da fé

Tutto fa pensare che l'uomo d'oggi sia più che mai estraneo vivente tra estranei, e che l'apparente comunicazione della vita odierna − una comunicazione che non ha precedenti − avvenga non tra uomini veri ma tra i loro duplicati.
(Eugenio Montale, Auto da fé, 1966)