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domenica 2 ottobre 2016

Julio Cortàzar


Maledizione, maledizione, ma com'è possibile, che cos'è questa cosa che fu, che fummo in un sogno ma che è altro, torna ogni tanto ed è lì, ma dove, come è lì e dove è lì?
- Julio Cortàzar, Lì, ma dove, come da Ottaedro

giovedì 29 settembre 2016

Cortàzar

"E dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
nè qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
nè la fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te".

Julio Cortazar, da "Futuro"


giovedì 22 settembre 2016

Julio Cortàzar

Riprendo a mentire con grazia,
mi chino rispettoso allo specchio
che riflette il mio collo e la cravatta.
Credo d’essere questo signore che esce
tutti i giorni alle nove.
Gli dei sono morti uno a uno in lunghe file
di carta e cartone.
Niente mi manca, neppure tu
mi manchi. Sento un buco, però è facile
un tamburo: pelle ai due lati.
A volte torni la sera, quando leggo
cose che tranquillizzano: bollettini,
il dollaro e la sterlina, i dibattiti
delle Nazioni Unite. Mi sembra
che la tua mano mi pettini. Non sento la tua mancanza!
Solo cose minute all’improvviso mi mancano
e vorrei ricercarle: la contentezza
e il sorriso, questo animaletto furtivo
che ormai non vive più fra le mie labbra. 
Julio Cortàzar

giovedì 15 settembre 2016

Julio Cortazàr

C’è un incontro fissato, ancora senza ora e senza data, per trovarci, io sarò lì, puntuale, non so tu.

Julio Cortazàr

martedì 20 ottobre 2015

Julio Cortazàr

Ti amo per le ciglia, per i capelli, ti dibatto nei corridoi
bianchissimi dove si giocano le fonti delle luci,
ti discuto a ogni nome, ti svelo con delicatezza di cicatrice,
ti metto sui capelli ceneri di lampo
e nastri che dormivano nella pioggia.
Non voglio che tu abbia una forma, che tu sia
esattamente ciò che è dietro la tua mano,
perché l’acqua, considera l’acqua, e i leoni
quando si dissolvono nello zucchero della favola,
e i gesti, questa architettura del nulla,
che accendono le loro lampade a metà dell’incontro.
Ogni mattina è la lavagna dove ti invento e ti disegno,
pronto a cancellarti, così non sei, neppure con questi
capelli lisci, questo sorriso.
Cerco la tua somma, il bordo della coppa dove il vino
è anche la luna e lo specchio,
cerco questa linea che fa tremare un uomo
in una galleria di museo.
Per di più ti amo, e fa tempo e freddo.

— Julio Cortàzar, Poema (Le ragioni della collera)

martedì 13 ottobre 2015

Rayuela

Alla campana si gioca con un sassolino, che bisogna spingere con la punta del piede. Ingredienti: un marciapiedi, un sassolino, una scarpa e un bel disegno fatto col gesso, preferibilmente colorato. In alto c’è il Cielo, in basso c’è la Terra, è molto difficile far arrivare il sassolino al Cielo, quasi sempre si calcola male e il sassolino esce dal disegno. Poco a poco, però, si acquisisce l’abilità necessaria per saltare sui vari tipi di caselle (c’è la campana lumaca, la campana rettangolare, la campana fantasiosa, poco usata) e un giorno si impara a lasciare la Terra per rilanciare il sassolino verso il Cielo, riuscendo ad arrivare al Cielo, la cosa brutta è, che giusto in quel momento, quando ancora quasi nessuno ha imparato a rilanciare il sassolino verso Cielo, finisce di colpo l’infanzia e si cade nei romanzi, nel angoscia del razzo divino, nella speculazione dell’altro Cielo a cui si vuole arrivare. E solo a causa della fine dell’infanzia, si dimentica che per arrivare al Cielo, gli ingredienti sono, un sassolino e la punta di una scarpa”.

Julio Cortazàr - Rayuela


lunedì 12 ottobre 2015

mercoledì 26 agosto 2015

Rayuela

Allora le mie mani cercano di affondare nei tuoi capelli, carezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore è dolce, se soffochiamo in un breve e terribile assorbire simultaneo del respiro, questa istantanea morte è bella. E c'è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare stretta a me come una luna nell'acqua.

Julio Cortázar, Il gioco del mondo (Rayuela), 7

mercoledì 5 agosto 2015

Julio Cortàzar

Ho la tua foto; non per ricordarmi di te quando la guardo, ma per guardarla quando mi ricordo di te.

Julio Cortàzar



lunedì 13 luglio 2015

Il gioco del mondo

Illusione e delusione di passare da una bocca ad un’altra, di cercare con gli occhi chiusi un collo in cui la mano ha dormito raccolta, e sentire che la curva è diversa, una base più spessa, un tendine che si contrae brevemente nello sforzo di rizzarsi per baciare o mordere. Ogni attimo del suo corpo di fronte a un disaccordo delizioso, doversi allungare un pochino di più, o abbassare la testa per trovare la bocca che prima stava lì vicina, carezzare un fianco più stretto, incitare una risposta e non ottenerla, insistere, distratto, per poi accorgersi che tutto bisogna inventare di nuovo, che il codice non è stato stabilito, che le chiavi e il cifrario nasceranno di nuovo, saranno diversi, corrisponderanno ad altro. Il peso, l’odore, il tono di una risata, di una supplica, i tempi, le accelerazioni, nulla coincide essendo uguale, tutto nasce di nuovo essendo immortale, l’amore gioca a inventarsi, fugge da se stesso per tornare nella propria spirale impressionante, i seni cantano in un altro modo, la bocca bacia più profondamente o come di lontano, e in un momento in cui prima era collera e angoscia ora è gioco puro, un incredibile sollazzo, o al contrario, quando prima si cadeva nel sonno nel balbettio di dolci stupide cose, adesso la tensione, qualcosa di incomunicato eppure presente che esige d’incarnarsi, qualcosa come una rabbia insaziabile. Solo il pacere nel suo palpito ultimo è il medesimo; prima e dopo il mondo è andato in pezzi e bisogna nuovamente dargli nome, dito per dito, labbro per labbro, buio per buio.
Julio Cortàzar, Rayuela - Il gioco del mondo

martedì 26 agosto 2014

Il gioco del mondo

Tocco la tua bocca,
con il dito tocco il bordo della tua bocca, la disegno come se uscisse dalla mia mano, come se per la prima volta la tua bocca si aprisse, e mi basta chiudere gli occhi per rifarlo tutto e ricominciare, faccio nascere ogni volta la bocca che desidero, la bocca che la mia mano sceglie e ti disegna sulla faccia, una bocca scelta tra tutte, con sovrana libertá scelta da me per disegnarla con la mia mano sulla tua faccia, e che per un caso che non cerco di comprendere coincide esattamente con la tua bocca che sorride da sotto la mia mano che ti disegna. Mi guardi, da vicino mi guardi, sempre piú da vicino, e allora giochiamo al ciclope, ci guardiamo ogni volta piú da vicino e gli occhi si ingrandiscono, si avvicinano, si sovrappongono, ed i ciclopi si guardano, respirando confusi, le bocche si incontrano e lottano debolmente morderdosi le labbra, appoggiando appena la lingua tra i denti, giocando nei suoi recinti dove un’aria pesante va e viene con un profumo vecchio e un silenzio. Allora le mie mani cercano di fondersi nei tuoi capelli, accarezzare lentamente la profonditá dei tuoi capelli mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori e di pesci, di movimenti vivi, di fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore é dolce, e se ci affoghiamo in un breve e terribile assorbire simultaneo dell’alito, questa istantanea morte é bella. E c’é una sola saliva ed un solo zapore a frutta matura, ed io ti sento tremare contro di me come una luna nell’acqua.
Julio Cortazar, Il gioco del mondo


Il gioco del mondo

Quando ci salutammo eravamo come due bambini che sono diventati terribilmente amici durante una festa di compleanno e continuano a guardarsi mentre i genitori li prendono per mano e li trascinano via, ed è un dolore dolce e una speranza, e si sa che uno si chiama Tony e l’altra Lulù, ed è sufficiente perché il cuore sia come uno zuccherino.
J. Cortazàr, Il gioco del mondo

sabato 26 luglio 2014

Il gioco del mondo

E io pensavo alla cameriera dell’albergo che mi dava consigli per una felce: «Non la innaffi, metta un piatto pieno d’acqua sotto il vaso, così quando vuol bere, beve, e quando non vuole non beve». E pensavamo a quella cosa incredibile che avevamo letto, che un pesce solo nella vaschetta diventa triste e allora basta mettergli uno specchio e il pesce ridiventa contento».

Julio Cortázar - Il gioco del mondo