mercoledì 2 novembre 2022

Pier Paolo Pasolini

 “La solitudine: bisogna essere molto forti

per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe

e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare

raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere

rapinatori o assassini; se tocca camminare

per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera

bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;

specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,

e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;

non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,

oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte

senza doveri o limiti di qualsiasi genere.

Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri

– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,

tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,

essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;

più caldo e vivo è il corpo gentile

che unge di seme e se ne va,

più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;

è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,

non il sorriso innocente o la torbida prepotenza

di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza

enormemente giovane; e in questo è disumano,

perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia

che è sempre la stessa in tutte le stagioni.


Un ragazzo ai suoi primi amori


altro non è che la fecondità del mondo.


È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,


come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,


e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;


l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque


la solitudine è ancora più grande se una folla intera


attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –


l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente


come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.


Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,


specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,


e per te non è mutato niente; allora per un soffio non urli o piangi;


e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,


e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire


che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più soddisfatto,


e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine


è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?


Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,

che valga una camminata senza fine per le strade povere,

dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.”


da Trasumanar e organizzar (1971) – Pier Paolo Pasolini



Pier Paolo Pasolini

 La conoscenza è nella nostalgia. Chi non si è perso non possiede.

 Pier Paolo Pasolini



Pier Paolo Pasolini

 Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi… La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come.


Pier Paolo Pasolini



Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini, Al Principe  (La religione del mio tempo - sezione "Umiliato e offeso", 1961)


martedì 25 ottobre 2022

Javier Marìas

 Il mondo è pieno di sorprese, e di segreti. Crediamo di conoscere chi ci vive accanto, ma il tempo porta con sé molte piú incognite che certezze, e in proporzione si sa sempre di meno, con il tempo si allarga la zona d'ombra. Piú sarà illuminata, maggiori saranno le ombre.

 

- Un cuore cosí bianco, Javier Marías




giovedì 13 ottobre 2022

Oriana Fallaci

 Niente ferisce, avvelena, ammala, quanto la delusione. Perché la delusione è un dolore che deriva sempre da una speranza svanita, una sconfitta che nasce sempre da una fiducia tradita cioè dal voltafaccia di qualcuno o qualcosa in cui credevamo. E a subirla ti senti ingannato, beffato, umiliato.

La vittima d'una ingiustizia che non t'aspettavi, d'un fallimento che non meritavi. Ti senti anche offeso, ridicolo, sicché a volte cerchi la vendetta. Scelta che può dare un po' di sollievo, ammettiamolo, ma che di rado s'accompagna alla gioia e che spesso costa più del perdono.


ORIANA FALLACI, Un cappello pieno di ciliege (Milano, Rizzoli 2008)