lunedì 7 marzo 2022

Women

 "Mi piace chi sceglie con cura le parole da non dire."

- Alda Merini


Women

 Un paese senza cultura e arte, senza i mezzi per fare cultura e arte, è un paese che non si rinnova, che si ferma e non ha accesso a ciò che succede in paesi più importanti, negandosi così ad un futuro vero, autentico e soprattutto libero.

(Carla Fracci)


Storie d'amore

 Il Gabo e la Gaba


Gabriel García Marquez conobbe la sua futura moglie, Mercedes, quando aveva soli nove anni. Le propose di sposarlo a un ballo quando ne compì quattordici, ma dovette attendere che lei avesse ventisei anni per poterla portare all'altare il 21 marzo 1958 a Barranquilla.

Mercedes gli restò accanto per 54 anni, fino all'ultimo giorno di vita di Marquez, il 17 aprile 2014.




L' amore ai tempi del colera

 


Gabriel García Marquez

 Il suo cuore di cenere compressa, che aveva resistito senza vacillare ai colpi più pungenti della realtà quotidiana, crollò ai primi assalti della nostalgia. La necessità di sentirsi triste si andava trasformando in lei in un vizio a mano a mano che la devastavano gli anni. Si umanizzò alla solitudine.


Gabriel Garcìa Màrquez, Cent’anni di solitudine



sabato 5 marzo 2022

Pier Paolo Pasolini

 Prevedo la spoliticizzazione completa dell'Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi… La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come.


Pier Paolo Pasolini



Pier Paolo Pasolini

 “La solitudine: bisogna essere molto forti

per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe

e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare

raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere

rapinatori o assassini; se tocca camminare

per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera

bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;

specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,

e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;

non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,

oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte

senza doveri o limiti di qualsiasi genere.

Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri

– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,

tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,

essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;

più caldo e vivo è il corpo gentile

che unge di seme e se ne va,

più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;

è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,

non il sorriso innocente o la torbida prepotenza

di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza

enormemente giovane; e in questo è disumano,

perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia

che è sempre la stessa in tutte le stagioni.

Un ragazzo ai suoi primi amori

altro non è che la fecondità del mondo.

È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,

come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,

e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;

l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque

la solitudine è ancora più grande se una folla intera

attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –

l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente

come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte.

Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,

specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,

e per te non è mutato niente; allora per un soffio non urli o piangi;

e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,

e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire

che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più soddisfatto,

e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine

è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?

Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,

che valga una camminata senza fine per le strade povere,

dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.”


da Trasumanar e organizzar (1971) – Pier Paolo Pasolini