mercoledì 5 maggio 2021

Alessandro D'Avenia

 "Cinque sono le cose che un uomo rimpiange quando sta per morire. E non sono mai quelle che consideriamo importanti durante la vita. Non saranno i viaggi confinati nelle vetrine delle agenzie che rimpiangeremo, e neanche una macchina nuova, una donna o un uomo da sogno o uno stipendio migliore. No, al momento della morte tutto diventa finalmente reale. E cinque le cose che rimpiangeremo, le uniche reali di una vita. 

   La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. Ed era la maschera creata dalla moda, dalle false attese nostre, per curare magari il risentimento di ferite mai affrontate. La maschera di chi si accontenta di essere amabile. Non amato.

   Il secondo rimpianto sarà aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato perché non esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni. Vorremmo chiedere scusa a tutti, ma non c’è più tempo.

   Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità. Rimpiangeremo di non aver detto abbastanza ”ti amo” a chi avevamo accanto, ”sono fiero di te” ai figli, ”scusa” quando avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori incancreniti e lunghissimi silenzi.

   Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo badato a chi avevamo sempre lì, proprio perché era sempre lì. Eppure il dolore a volte ce lo aveva ricordato che nulla resta per sempre, ma noi lo avevamo sottovalutato come se fossimo immortali, rimandando a oltranza, dando la precedenza a ciò che era urgente anziché a ciò che era importante. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L’abbiamo tollerata perché era centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati, incapaci di fare anche solo una telefonata e chiedere come stai.

Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall'abitudine, dall'accidia, dall'egoismo, invece di amare come i poeti, invece di conoscere come gli scienziati. Invece di scoprire nel mondo quello che il bambino vede nelle mappe della sua infanzia: tesori. Quello che l'adolescente scorge nell'addensarsi del suo corpo: promesse. Quello che il giovane spera nell'affermarsi della sua vita: amori.


(Alessandro D'Avenia - Ciò che inferno non è)


sabato 1 maggio 2021

Umberto Galimberti

 《La vergogna è un sentimento fondamentale. Vergogna viene da "vereor gognam": temo l'esposizione. Oggi l'esposizione non la si teme più. E allora cosa succede: se io mi comporto in una modalità trasgressiva, beh che male c'è. Vado incontro ai desideri nascosti di ciascuno di noi e li espongo, quanto son bravo. E allora a questo punto non sono più visibili con chiarezza i codici del bene e del male. C'era Kant che diceva che il bene e il male ognuno le sente naturalmente da sé, usava la parola sentimento. Oggi non è più vero. Semplicemente se uno ha il coraggio anche di mostrarsi vizioso, se ha il coraggio anche di mostrarsi trasgressivo è un uomo di valore, almeno lui ha il coraggio, ha interpretato i sentimenti nascosti di ciascuno di noi. Questo ormai significa, non dico il collasso della morale collettiva, ma persino di quella individuale, quella interna, quella psichica. Quindi la fine dei tempi》.

Umberto Galimberti




Leonardo da Vinci

 


domenica 25 aprile 2021

25 Aprile

 Quel peso del male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c'è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.”

—  Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno



25 Aprile

 Mamma adorata,


quando riceverai la presente sarai già straziata dal dolore. Mamma, muoio fucilato per la mia idea. Non vergognarti di tuo figlio, ma sii fiera di lui. Non piangere Mamma, il mio sangue non si verserà invano e l'Italia sarà di nuovo grande. Da Dita Marasli di Atene potrai avere i particolari sui miei ultimi giorni.


Addio Mamma, addio Papà, addio Marisa e tutti i miei cari; muoio per l'Italia. Ricordatevi della donna di cui sopra che tanto ho amata. Ci rivedremo nella gloria celeste.


Viva l'Italia libera!


Achille


— Achille Barilatti, partigiano delle Marche, giustiziato a ventidue anni




25 Aprile

 È corpo vivo che richiede azioni, libere azioni, perchè la vita lo mantenga in salute nel quotidiano. Il 25 aprile non è desueto, non è da abolire, è da rinnovare ogni giorno.


Vinicio Capossela




25 Aprile

 “25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C’è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi.”

 Enzo Biagi