sabato 8 marzo 2014

Margherita Hack

La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l'universo, la terra il proprio corpo, di rifiutare l'insegnamento calato dall'alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede.
Margherita Hack, Le mie favole, 2008




Forough Farrokhzad Teheran, 5 gennaio 1935 – Tafresh, 13 febbraio 1967

Ah, anche io sono donna, il cui cuore
nel desiderio di averti avanza e si agita, 
ti amo, immagine delicata, 
ti amo, desiderio impossibile.

Forough Farrokhzad è stata una poetessa persiana che, sfidando le autorità religiose e i letterati conservatori, espresse con fermezza sensazioni e sentimenti della situazione femminile nella società iraniana degli anni ’50-’60, contribuendo in modo decisivo al rinnovamento della letteratura persiana del '900. Il ruolo della donna nel matrimonio convenzionale, le libertà prevaricanti del ruolo di madre e donna libera, il rapporto conflittuale dell’essere donna e non poter godere del proprio corpo liberamente, le diedero la forza di combattere ma le impedirono di godere di una vita normale.
Morì nel 1967 in un incidente stradale, di ritorno da una visita alla madre.


Wislawa Szymborska, Grande numero

Devo molto

a quelli che non amo.

Il sollievo con cui accetto

che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io

il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro

e in libertà con loro,

e questo l’amore non può darlo,

nè riesce a toglierlo.

Non li aspetto

dalla porta alla finestra.

Paziente

quasi come una meridiana,

capisco

ciò che l’amore non capisce,

perdono

ciò che l’amore mai perdonerebbe.

Da un incontro a una lettera

passa non un’eternità,

ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,

i concerti sono ascoltati fino in fondo,

le cattedrali visitate,

i paesaggi nitidi.

E quando ci separano

sette monti e fiumi,

sono monti e fiumi

che trovi su ogni atlante.

E’ merito loro

se vivo in tre dimensioni,

in uno spazio non lirico e non retorico,

con orizzonte vero, perchè mobile.

Loro stessi non sanno

quanto portano nelle mani vuote.

“Non devo loro nulla” -

direbbe l’amore

sulla questione aperta.

Wislawa Szymborska, “Grande numero"



da "Zorba il Greco"

"Un mistero spaventoso le donne, hanno una ferita che non si chiude mai. Tutte le ferite si chiudono, quella non si chiude mai... E se una donna ha ottant'anni? La ferita sempre aperta.
- Nikos Kazantzakis,  "Zorba il Greco"

Edith Irene Södergran (San Pietroburgo, 4 aprile 1892 – Raivola, 24 giugno 1923)

Il capriccio di un attimo mi ha rubato il futuro, messo insieme a casaccio. Voglio rifabbricarmelo più bello, come l'ho sempre pensato. Ricostruirlo su terreno solido  ( le mie intenzioni). Risollevarlo su colonne altissime ( i miei ideali). Riaprirvi il passaggio segreto dell'anima mia. Rialzargli la torre scoscesa della mia solitudine...
Edith Södergran


Rose perenni, di Titos Patrikos

La bellezza delle donne che ci hanno cambiato la vita
più profondamente di cento rivoluzioni
non si perde, non dilegua con gli anni
per quanto svaniscano i tratti
per quanto si deformino i corpi.
Resta nei desideri suscitati un tempo
nelle parole giunte anche in ritardo
nell’esplorazione incerta della carne
nei drammi mai venuti alla luce
nel riflettersi delle separazioni,
nelle identificazioni totali.
La bellezza delle donne che cambiano la vita
resta nelle poesie scritte per loro
rose perenni che effondono sempre lo stesso profumo,
rose perenni, come da sempre dicono i poeti.
(Titos Patrikos- Rose perenni)










Ipparchia (in greco: Ἱππαρχία, floruit circa nel 325 a.C.) (Maronia, IV secolo a.C. – circa 300 a.C.)

"Io, Ipparchia,
non scelsi opere di donne dalle ampie vesti,
ma la dura vita dei cinici,
non ebbi scialli ornati di fibbie,
né alte calzature orientali, 
né retine splendenti nei capelli,
ma una bisaccia col bastone,
compagna di viaggio e adatta alla mia vita,
e una coperta per giaciglio."
- Ipparchia, filosofa greca