sabato 23 dicembre 2023

Erri de Luca

 Natale - Erri De Luca


Nascerà in una stiva tra viaggiatori clandestini.

Lo scalderà il vapore della sala macchine.

Lo cullerà il rollio del mare di traverso.

Sua madre imbarcata per tentare uno scampo o una

fortuna,

suo padre l’angelo di un’ora, 

molte paternità bastano a questo. 

In terraferma l’avrebbero deposto 

nel cassonetto di nettezza urbana. 

Staccheranno coi denti la corda d’ombelico. 

Lo getteranno al mare, alla misericordia.


Possiamo dargli solo i mesi di grembo, dicono le madri.

Lo possiamo aspettare, abbracciare no.

Nascere è solo un fiato d’aria guasta. Non c’è mondo

per lui.

Niente della sua vita è una parabola. 

Nessun martello di falegname gli batterà le ore dell’infanzia, 

poi i chiodi nella carne. 

Io non mi chiamo Maria, ma questi figli miei 

che non hanno portato manco un vestito e un nome 

i marinai li chiamano Gesù. 

Perché nascono in viaggio, senza arrivo.


Nasce nelle stive dei clandestini,

resta meno di un’ora di dicembre.

Dura di più il percorso dei Magi e dei contrabbandieri.

Nasce in mezzo a una strage di bambini.

Nasce per tradizione, per necessità,

con la stessa pazienza anniversaria.

Però non sopravvive più, non vuole.

Perché vivere ha già vissuto, e dire ha detto.

Non può togliere o aggiungere una spina ai rovi delle

tempie.

Sta con quelli che vivono il tempo di nascere. 

Va con quelli che durano un’ora.


Erri De Luca - Opera sull’acqua - Einaudi




Victor Cusack

 "Vi auguro l’impensato, l’introvato, il mai voluto (che non è l’involuto). Vi auguro il pensiero totalmente altro, che pensa ciò che mai finora è stato pensato, con parole nuove e con un punto di vista nuovo. Vi auguro di riuscirlo a comprendere, e riuscire a farlo comprendere ai vostri contemporanei. E in questo modo fuoriuscire dal vecchio per entrare in una dimensione autenticamente vera e nuova. Vi auguro la semplicità di pensare l’amore del mondo."

— Victor Cusack





Zygmunt Bauman

 La nostra vita è un'opera d'arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l'arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare. Dobbiamo tentare l'impossibile. E possiamo solo sperare – senza poterci basare su previsioni affidabili e tanto meno certe – di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, a eguagliare quegli standard e a raggiungere quegli obiettivi, dimostrandoci così all'altezza della sfida. L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.”

 —  Zygmunt Bauman




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 “Era lei, la creatura bramata da sempre che veniva a prenderlo: strano che così giovane com’era si fosse arresa a lui; l’ora della partenza del treno doveva essere vicina. Giunta faccia a faccia con lui sollevò il velo e così, pudica ma pronta ad essere posseduta, gli apparve più bella di come mai l’avesse intravista negli spazi stellari. Il fragore del mare si placò del tutto.”


- Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 L'amore? Già, certo, l'amore... fuoco e fiamme per un anno, e cenere per trenta."


(Don Fabrizio a padre Pirrone ne "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa)




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Né l’uno né l’altro erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete, ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all’orecchio e dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire.


Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».


- Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "Il Gattopardo"



Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.


— Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa



Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 "Io sono una persona che sta molto sola; delle mie sedici ore di veglia quotidiane dieci almeno sono passate in solitudine. E non potendo, dopo tutto, leggere sempre, mi diverto a costruire teorie le quali, del resto, non reggono al minimo esame critico".

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Letteratura inglese