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giovedì 1 settembre 2016

Vincent Van Gogh

"Ho pensato di essere capito senza parole.”
— Vincent Van Gogh, una lettera a Theo Van Gogh

martedì 2 agosto 2016

Epistulae

Il tuo amore è sceso su di me come un dono divino,
inatteso, 
improvviso,
dopo tanta stanchezza e disperazione.
—Fëdor Michajlovič Dostoevskij, da una lettera a Apollinarija Suslova

lunedì 1 agosto 2016

Epistulae

Cara signorina Arendt
questa sera devo tornare a farmi vivo con lei e a parlare al suo cuore. Tutto tra di noi deve essere schietto, limpido e puro. Soltanto così saremo degni di aver avuto la possibilità di incontrarci. Il fatto che lei sia stata mia allieva e io il suo insegnante è soltanto l'occasione esteriore di quello che ci è accaduto.
Io non potrò mai averla per me, ma lei apparterrà d'ora in poi alla mia vita, ed essa ne trarrà nuova linfa. Noi non sappiamo mai ciò che possiamo diventare per gli altri attraverso il nostro essere. Forse tuttavia una meditazione può chiarire quale azione di distruzione e ostacolo esercitiamo.
Non possiamo sapere quale via prenderà la sua giovane vita. Dobbiamo rassegnarci a questo. E la mia devozione nei suoi confronti deve soltanto aiutarla a rimanere fedele a se stessa. Che lei abbia perduto "l'inquietudine" significa che ha trovato il nucleo più intimo della sua essenza di pura fanciulla. E un giorno capirà e si sentirà riconoscente - non certo nei miei confronti- del fatto che la visita fatta durante "l'ora di ricevimento" sia stata il passo decisivo per andare oltre la via tracciata, riconducendola alla feconda solitudine della ricerca scientifica, che solo l'uomo sopporta - e solo colui che ha ricevuto insieme l'onere e il furore di essere creativo. "Gioisca!" questo è divenuto il mio saluto per lei. E soltanto se lei gioisce potrà diventare la donna capace di donare gioia, e intorno alla quale tutto è gioia, sicurezza, rilassamento, ammirazione e gratitudine verso la vita..."
(Una delle prime lettere di Martin Heidegger ad Hannah Arendt)

martedì 19 luglio 2016

Frida Kahlo

Sento di averti amato sempre, prima che tu nascessi, prima che tu fossi concepito.
Vorrei darti i colori più belli e, per vederti dal basso, vorrei essere l’ombra delle tue scarpe che si allunga sul terreno sul quale cammini.

Frida Kahlo, Lettera a José Bartoli

sabato 16 luglio 2016

Frida

Ieri sera mi sono sentita come se tante ali mi accarezzassero tutta, come se le punte delle tue dita avessero bocche che baciavano la mia pelle.
Gli atomi del mio corpo sono tuoi e vibrano insieme così che ci amiamo l’un l’altra.
Voglio vivere ed essere forte per amarti con tutta la tenerezza che ti meriti, per darti tutto ciò che c’è di buono in me, così che tu non ti sentirai solo.
1947

Frida Kahlo

domenica 6 luglio 2014

(Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera - Città del Messico 12 settembre 1939. Mai spedita)

(Lettera di Frida Kahlo a Diego Rivera - Città del Messico 12 settembre 1939. Mai spedita)
"La mia notte mi strema. Sa bene che mi manchi e tutta la sua oscurità non basta a nascondere quest’evidenza che brilla come una lama nel buio, la mia notte vorrebbe avere ali per volare fino a te, avvolgerti nel sonno e ricondurti a me. Nel sonno mi sentiresti vicina e senza risvegliarti le tue braccia mi stringerebbero. La mia notte non porta consiglio. La mia notte pensa a te, come un sogno a occhi aperti. La mia notte si intristisce e si perde. La mia notte accentua la mia solitudine, tutte le solitudini. Il suo silenzio ascolta solo le mie voci interiori. La mia notte è lunga, lunga, lunga. La mia notte avrebbe paura che il giorno non appaia più ma allo stesso tempo la mia notte teme la sua apparizione, perché il giorno è un giorno artificiale in cui ogni ora vale il doppio e senza di te non è più veramente vissuta. La mia notte si chiede se il mio giorno somiglia alla mia notte. Cosa che spiegherebbe la mia notte, perché tempo anche il giorno. La mia notte ha voglia di vestirmi e di spingermi fuori per andare a cercare il mio uomo. Ma la mia notte sa che ciò che chiamano follia, da ogni ordine, semina-disordine, è proibito. La mia notte si chiede cosa non sia proibito. Non è proibito fare corpo con lei, questo, lo sa, ma si irrita nel vedere una carne fare corpo con lei sul filo della disperazione. Una carne non è fatta per sposare il nulla. La mia notte ti ama fin nel suo intimo, e risuona anche del mio. La mia notte si nutre di echi immaginari. Essa, può farlo. Io, fallisco. La mia notte mi osserva. Il suo sguardo è liscio e si insinua in ogni cosa. La mia notte vorrebbe che tu fossi qui per insinuarsi anche dentro di te con tenerezza. La mia notte ti aspetta. Il mio corpo ti attende. La mia notte vorrebbe che tu riposassi nell’incavo della mia spalla e che io riposassi nell’incavo della tua. La mia notte vorrebbe essere spettatrice del mio e del tuo godimento, vederti e vedermi fremere di piacere. La mia notte vorrebbe vedere i nostri sguardi e avere i nostri sguardi pieni di desiderio. La mia notte vorrebbe tenere fra le mani ogni spasmo. La mia notte diventerebbe dolce. La mia notte si lamenta in silenzio della sua solitudine al ricordo di te. La mia notte è lunga, lunga, lunga. Perde la testa ma non può allontanare la tua immagine da me, non può dissipare il mio desiderio. Sta morendo perché non sei qui e mi uccide. La mia notte ti cerca continuamente. Il mio corpo non riesce a concepire che qualche strada o una qualsiasi geografia ci separi. Il mio corpo diventa pazzo di dolore di non poter riconoscere nel cuore della notte la tua figura o la tua ombra. Il mio corpo vorrebbe abbracciarti nel sonno. Il mio corpo vorrebbe dormire in piena notte e in quelle tenebre essere risvegliato al tuo abbraccio. La mia notte urla e si strappa i veli, la mia notte si scontra con il proprio silenzio, ma il tuo corpo resta introvabile. Mi manchi tanto, tanto. Le tue parole. Il tuo colore.
Fra poco si leverà il sole."

martedì 3 giugno 2014

Storie d'amore

« Caro Signor Rossellini,
ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei.
Ingrid Bergman »


Lettere a Milena

Se tu volessi venire da me, se dunque volessi abbandonare tutto il mondo per scendere da me...non dovresti scendere, bensì sorpassare in modo sovrumano te stessa, in alto, oltre te stessa, talmente che dovresti forse dilaniarti, precipitare, scomparire (certo anche io con te). E tutto ciò per arrivare in un punto che non ha niente di allettante.
....
Ciò che tu sei per me, Milena, per me al di là di tutto il mondo in cui viviamo, non è detto nei quotidiani brandelli di carta che ti ho scritto.
....
Decisiva è la mia incapacità di arrivare al di là delle lettere...e decisiva è la voce irresistibilmente forte, come dire la voce tua che mi esorta a stare zitto.
....
Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi.

Franz Kafka - Lettere a Milena


giovedì 22 maggio 2014

Victor-Marie Hugo (Besançon, 26 febbraio 1802 – Parigi, 22 maggio 1885)

Quando due anime infine si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari, hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere, dunque, simili, si stabilisce tra loro per sempre un legame, ardente e puro, proprio come loro, un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli. É questo l'amore che tu ispiri in me.
(Victor Hugo ad Adèle Foucher , 1821)

venerdì 9 maggio 2014

Aldo Moro alla moglie Eleonora Chiavarelli

Aldo Moro alla moglie Eleonora Chiavarelli
Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E’ poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. 
Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. 
Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca) Anna Mario il piccolo non nato Agnese Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto.
Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta.
Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo.
Marzo ‘78, recapitata il 5 maggio ‘78

mercoledì 30 aprile 2014

Lettera di Pio La Torre alla moglie Giuseppina

E' stata una lotta magnifica che tu hai affrontato tanto serenamente ed ora il nostro bimbo è una realtà viva e palpitante. Tutta la realtà nel suo sviluppo è una lotta continua di cui il protagonista in funzione attiva è ciò che nasce e che si vuole affermare. Lungo e doloroso è stato il parto attraverso cui nostro figlio è venuto alla luce. Nella stessa notte del 9 novembre all'Assemblea Regionale Siciliana si svolgeva una battaglia pure lunga e penosa a conclusione della quale veniva partorito un articolo importante della legge per la riforma agraria della Sicilia. Può essere simbolica l'eventuale coincidenza di un fatto che di per sé è tanto importante ma, a parte l'eventuale coincidenza, una cosa è chiara: nostro figlio è frutto di volontà, gioia, energia e di sacrifici. Egli è una forza nuova che si afferma, così, attraverso una lunga lotta dei contadini siciliani che incominciano a conquistare, palmo a palmo, la terra da lavorare. Noi, con i nostri ideali, siamo protagonisti di ambedue gli eventi. E proprio perché siamo protagonisti anche del nostro evento, la lotta dei contadini, di tutto il popolo per la terra e la libertà, che la nascita di nostro figlio è considerata dal nostro partito e dai nostri compagni più cari un grande evento. Noi dobbiamo essere orgogliosi di ciò. Qualche giorno prima che Filippo vedesse la luce tu mi scrivevi che la sua venuta avrebbe rappresentato un nuovo poderoso elemento di forza e di resistenza per noi. Siamo in tre a lottare, nostro figlio sta a dirci che nonostante tutto si va avanti. Ciò che deve nascere, viene alla luce e ciò che deve affermarsi finisce col vin­cere. Con questa certezza, in ogni momento potremo vin­cere ogni debolezza ed ogni eventuale smarrimento. Quando ti sentirai sola, potrai abbracciare il nostro bimbo. Quando mi sentirò preso dallo sconforto penserò più intensamente a te ed al nostro piccolo tesoro, e mi convincerò che la vita prevale sulla morte, e ciò che è nuovo distrugge ciò che è già invecchiato, e che alla fine nella storia prevale la verità.

(Lettera di Pio La Torre, segretario regionale del PCI siciliano, assassinato il 30 aprile 1982 a causa del suo forte impegno contro le mafie, alla moglie Giuseppina)

lunedì 28 aprile 2014

Antonio Gramsci, lettera alla moglie

"Mia carissima, vorrei baciarti gli occhi, per asciugare le lacrime che mi pare di vedere, che mi pare di sentire sulle mie labbra, come altre volte, quando la mia cattiveria ti ha fatto piangere. Ci facciamo male, ci tormentiamo a vicenda, perché siamo lontani l’uno dall’altra e non possiamo vivere così."
Antonio Gramsci, lettera alla moglie Julca (6 Marzo 1924)

domenica 16 marzo 2014

Aldo Moro alla moglie Eleonora Chiavarelli

Aldo Moro alla moglie Eleonora Chiavarelli
Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E’ poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. 
Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. 
Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca) Anna Mario il piccolo non nato Agnese Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto.
Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta.
Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo.
Marzo ‘78, recapitata il 5 maggio ‘78


venerdì 14 febbraio 2014

Storie d'amore

Anaïs, sei stata tu a dare il via allo scorrere della linfa. Non sono più responsabile di ciò che dico e che faccio. Ascolta, riceverai la lettera e forse ne resterai delusa. È un così piccolo frammento di quello che avrei da dirti, e ancora mi manca il coraggio che dovrei avere. Perché, accidenti, perché? Tu mi hai dato il permesso. Ma te l’aspetti tutto quello che ho da dirti? Mi hai letto tutti i tuoi appunti – sì, sì c’è differenza fra ciò che dico e ciò che faccio, diciamo che c’era. Anaïs, vengo di continuo interrotto. Cercherò di continuare a casa. La gente intorno si incuriosisce del fatto che molto spesso io sia qui intento a scrivere. Pensano che io sia uno che va in cerca di punizioni. Mi chiedono perché non me ne vado a casa. Anaïs, potrei restare qui tutta la notte a scriverti. Ti ho continuamente davanti agli occhi, il capo chino, le lunghe ciglia abbassate. E mi sento umilissimo. Non capisco perché tu abbia dovuto scegliere me, non riesco a venirne a capo. Ma non ho voglia di andare troppo a fondo. Mi hai messo il fuoco dentro e adesso non potrò più essere quello che ero, semplicemente tuo amico. Ma sono mai stato soltanto tale? Ho l’impressione che fin dal primissimo inizio, da quando ho aperto l’uscio e mi hai porto sorridendo la mano, io sono rimasto preso, ero tuo. Anche June l’ha avvertito. Ha detto subito che eri innamorata di me o che io lo ero di te. Ma per quanto mi riguardava non ignoravo che fosse amore. Parlavo di te con calore, senza riserve. Henry
Henry Miller a Anaïs Nin



Storie d'amore

Yalta, 26 aprile 1901
Cara Olguccia!
Io arriverò i primi giorni di maggio. Non appena ricevi il telegramma, va' subito all'albergo « Dresden » e informati se è libera la stanza n. 45 cioè, in altre parole, fissa una qualsiasi stanzuccia a buon mercato...
Se mi dai parola che non ci sarà a Mosca anima viva che sappia del nostro matrimonio, finché non avrà avuto luogo, allora ti sposo il giorno stesso del mio arrivo. Non so perché, ho una paura terribile degli sposalizi, delle congratulazioni, dello champagne che bisogna tenere in mano e nello stesso tempo sorridere con aria vaga. Dalla chiesa vorrei andare non a casa, ma partire direttamente per Zvenigorod. Oppure sposarci a Zvenigorod. Pensaci, pensaci, tesoro! Sei ben una donna giudiziosa tu, dicono.
A Yalta il tempo è piuttosto lurido. Vento furioso. Le rose fioriscono, ma poco; ma più in là avranno una ricca fioritura. I giaggioli sono splendidi.
Ho tutto in ordine, tutto, all'infuori d'una sciocchezzuola: la salute...
T'abbraccio, Olguccia.
Antòn Cechov


Storie d'amore

"La mia vita non appartiene a me solo. Voi siete sempre me, l'essere stesso del mio essere, il cuore del mio cuore".
(Jean Paul Sartre in una lettera a Simone de Beauvoir)






Storie d'amore

"Dino, provo qualcosa di tanto forte che non so come lo reggerò...Sei tu che mi squassi così? Che cosa m'hai messo nelle vene? E sempre ho negli occhi quella strada col sole, il primo mattino, le fonti dove m'hai fatto bere, la terra che si mescolava ai nostri baci, quell'abbraccio profondo della luce. Dove sei, che mi sento così strappata a me stessa? Mi chiami, o m'hai dimenticata? Oh ti voglio, non ti lascerò ad altri, non sarò d'altri, per la mia vita ti voglio e per la mia morte, Dino, dopo questo non si può esser più nulla, oh, sapere che anche tu lo senti, che rantoli anche tu così....
Mi aspetti, dimmi, mi aspetti, vero? Saremo soli sulla terra. Bruceremo. Hai visto che siamo vergini, che qualcosa non ci fu mai strappato? Per noi. Più a fondo, ci mescoleremo allo spazio, prendimi, tiemmi, io non ti lascio, bruceremo.
Dimmi che mi manca così il respiro perchè mi chiami, perchè mi vuoi...
- Sibilla Aleramo a Dino Campana, "Un viaggio chiamato amore"




martedì 11 febbraio 2014

Elio Vittorini (Siracusa, 23 luglio 1908 – Milano, 12 febbraio 1966)

"Ma io non so parlare, non so parlare, non so essere in compagnia che quando sono a un tavolo, cioè solo...Anzi non posso addirittura pensare che così, scrivendo: e non posso cambiare che attraverso l'atto di scrivere. Si capisce, mi è necessario ascoltare, ma poi mi è necessario essere solo a un tavolo per avere le mie reazioni, e accettare o respingere o semplicemente dubitare".
- Elio Vittorini, lettera a Mario Socrate ( inizio 1948)

lunedì 29 luglio 2013

Dall'epistolario di Vincent Van Gogh, contenente lettere indirizzate al fratello Theo tra il 1881 e il 1885


L'Aia, fine agosto 1882.
 Ieri, verso sera, nei boschi, ero intento a dipingere un terreno leggermente digradante, coperto di foglie di faggio secche, quasi polverizzate. Il terreno era di un colore rosso bruno, in alcuni tratti più chiaro e più scuro in altri, e queste sfumature erano maggiormente accentuate dalle ombre degli alberi che le striavano di strisce più o meno cupe, a volte nitide, a volte semisfocate. Il problema consisteva — e l'ho trovato molto difficile — nell'ottenere la giusta intensità di colore, nel rendere la forza, l'enorme compattezza, di quel terreno; e solo dipingendo mi sono accorto, per la prima volta, di quanta luce c'è ancora nel crepuscolo. Io dovevo cercare di conservarla, quella luce, rendendo al tempo stesso lo scintillio e la profondità di tutta quella gamma di colori.... Ti descrivo la natura, e non saprei dire nemmeno io sino a che punto sono riuscito a coglierne un riflesso, nel mio schizzo; tuttavia, so perfettamente che sono stato colpito da quell'armonia di verde, di rosso, di nero, di giallo, di turchino, di bruno e di grigio. Però, per dipingere questo, ho dovuto rompermi la schiena. Per il terreno sono stato costretto a consumare un tubetto e mezzo di bianco - benché il terreno fosse molto scuro — e, inoltre, del rosso, del giallo, dell'ocra scura, del nero, della terra di Siena, del bistro: e il risultato è un bruno rossastro che va tuttavia dal bistro a un rosso vino cupo, e perfino al livido, al biondo e al rossastro. Inoltre c'è ancora il fondo del terreno e una striscia sottile di erba fresca che imprigiona la luce e scintilla radiosamente: era difficilissimo a rendersi. Ecco, comunque, un abbozzo, a proposito del quale posso affermare, checché se ne dica, che ha un certo valore e che esprime qualcosa. Mi sono detto, mentre lo dipingevo: non mi muoverò di qui prima di essere riuscito a mettervi un riflesso dell'autunno, qualcosa di misterioso, una certa sincerità. Ma poiché l'effetto è di breve durata, ho dovuto lavorare in fretta e ho subito reso le figure con pochi colpi energici di pennello. Avevo notato che i tronchi giovani erano solidamente radicati nel terreno, e ho incominciato a dipingerli con il pennello; ma poiché i tocchi si confondevano a mano a mano con l'impasto del suolo, ho premuto allora direttamente il tubetto di colore sulla tela, per indicare le radici e i tronchi, e poi li ho rimodellati con l'aiuto del pennello. Sì, eccoli piantati, ora, diritti nella terra: ne spuntano fuori, ma sono saldamente radicati a essa. In un certo senso sono felice di non aver imparato a dipingere: forse avrei imparato a trascurare un effetto del genere. Adesso dico: no, ecco esattamente ciò che Voglio; se questo non va, pazienza, non va; ma voglio cercare di dipingerlo lo stesso, pur ignorando come superare l'osta
colo. Non saprei dirti come me la cavo. Mi sono sistemato con un foglio bianco davanti al punto che colpisce la mia attenzione, guardo quello che ho dinanzi agli occhi, e mi dico: questo foglio bianco deve diventare qualcosa; torno a casa insoddisfatto, lo metto da parte, e quando mi sono un po' riposato vado a guardarlo in preda a un'angoscia indefinibile. Sono sempre insoddisfatto, perché ho ancora troppo nitido nella mente il ricordo di quello stupendo angolo di natura per essere contento, ma questo non m'impedisce di ritrovare nella mia opera un'eco di ciò che mi aveva colpito, e mi accorgo che la natura mi ha detto qualcosa, mi ha parlato, e io ho trascritto in stenografia le sue parole. Benché alcune parole della mia stenografia siano indecifrabili, benché possano esservi errori o lacune, resta nondimeno qualcosa di ciò che la foresta, la spiaggia e le figure mi hanno detto; e non è il linguaggio addomesticato, convenzionale, derivato da una maniera studiata o da un sistema, ma è ispirato dalla natura stessa. Ecco un altro scarabocchio delle dune. C'erano laggiù piccoli arbusti le cui foglie, bianche da una parte e verde scuro dall'altra, stormiscono e brillano continuamente. Nello sfondo, cupi boschi cedui. Come vedi, consacro tutte le mie energie alla pittura e scavo il problema dei colori: finora me n'ero astenuto, e non lo rimpiango. Se non mi fossi dedicato al disegno, non sarei attratto da una figura che mi appare come una terracotta incompiuta, e non ne sarei colpito. In questo momento ho l'impressione di trovarmi in alto mare: devo consacrare alla pittura tutte le forze di cui posso disporre. Se vorrò dipingere su tavola o su tela, ci saranno spese: tutto costa caro, anche i colori sono cari, e la mia riserva si esaurisce presto. Ma pazienza, sono le difficoltà nelle quali incorrono tutti i pittori, e perciò dobbiamo soppesare i nostri mezzi. So tuttavia con certezza di possedere il senso dei colori e che questo senso si svilupperà sempre più, perché ho la pittura l'ho nel sangue. Non so dirti quanto ti sono grato del tuo aiuto così generoso e disinteressato. Ti penso spesso e faccio voti perché la mia opera diventi buona, interessante, virile, in modo che essa possa darti al più presto qualche soddisfazione.