sabato 23 dicembre 2023

Erri de Luca

 Natale - Erri De Luca


Nascerà in una stiva tra viaggiatori clandestini.

Lo scalderà il vapore della sala macchine.

Lo cullerà il rollio del mare di traverso.

Sua madre imbarcata per tentare uno scampo o una

fortuna,

suo padre l’angelo di un’ora, 

molte paternità bastano a questo. 

In terraferma l’avrebbero deposto 

nel cassonetto di nettezza urbana. 

Staccheranno coi denti la corda d’ombelico. 

Lo getteranno al mare, alla misericordia.


Possiamo dargli solo i mesi di grembo, dicono le madri.

Lo possiamo aspettare, abbracciare no.

Nascere è solo un fiato d’aria guasta. Non c’è mondo

per lui.

Niente della sua vita è una parabola. 

Nessun martello di falegname gli batterà le ore dell’infanzia, 

poi i chiodi nella carne. 

Io non mi chiamo Maria, ma questi figli miei 

che non hanno portato manco un vestito e un nome 

i marinai li chiamano Gesù. 

Perché nascono in viaggio, senza arrivo.


Nasce nelle stive dei clandestini,

resta meno di un’ora di dicembre.

Dura di più il percorso dei Magi e dei contrabbandieri.

Nasce in mezzo a una strage di bambini.

Nasce per tradizione, per necessità,

con la stessa pazienza anniversaria.

Però non sopravvive più, non vuole.

Perché vivere ha già vissuto, e dire ha detto.

Non può togliere o aggiungere una spina ai rovi delle

tempie.

Sta con quelli che vivono il tempo di nascere. 

Va con quelli che durano un’ora.


Erri De Luca - Opera sull’acqua - Einaudi




Victor Cusack

 "Vi auguro l’impensato, l’introvato, il mai voluto (che non è l’involuto). Vi auguro il pensiero totalmente altro, che pensa ciò che mai finora è stato pensato, con parole nuove e con un punto di vista nuovo. Vi auguro di riuscirlo a comprendere, e riuscire a farlo comprendere ai vostri contemporanei. E in questo modo fuoriuscire dal vecchio per entrare in una dimensione autenticamente vera e nuova. Vi auguro la semplicità di pensare l’amore del mondo."

— Victor Cusack





Zygmunt Bauman

 La nostra vita è un'opera d'arte – che lo sappiamo o no, che ci piaccia o no. Per viverla come esige l'arte della vita dobbiamo – come ogni artista, quale che sia la sua arte – porci delle sfide difficili (almeno nel momento in cui ce le poniamo) da contrastare a distanza ravvicinata; dobbiamo scegliere obiettivi che siano (almeno nel momento in cui li scegliamo) ben oltre la nostra portata, e standard di eccellenza irritanti per il loro modo ostinato di stare (almeno per quanto si è visto fino allora) ben al di là di ciò che abbiamo saputo fare o che avremmo la capacità di fare. Dobbiamo tentare l'impossibile. E possiamo solo sperare – senza poterci basare su previsioni affidabili e tanto meno certe – di riuscire prima o poi, con uno sforzo lungo e lancinante, a eguagliare quegli standard e a raggiungere quegli obiettivi, dimostrandoci così all'altezza della sfida. L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità «autentica, adeguata e totale» sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso.”

 —  Zygmunt Bauman




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 “Era lei, la creatura bramata da sempre che veniva a prenderlo: strano che così giovane com’era si fosse arresa a lui; l’ora della partenza del treno doveva essere vicina. Giunta faccia a faccia con lui sollevò il velo e così, pudica ma pronta ad essere posseduta, gli apparve più bella di come mai l’avesse intravista negli spazi stellari. Il fragore del mare si placò del tutto.”


- Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 L'amore? Già, certo, l'amore... fuoco e fiamme per un anno, e cenere per trenta."


(Don Fabrizio a padre Pirrone ne "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa)




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Né l’uno né l’altro erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete, ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all’orecchio e dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire.


Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo




Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».


- Giuseppe Tomasi di Lampedusa, "Il Gattopardo"



Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.


— Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa



Giuseppe Tomasi di Lampedusa

 "Io sono una persona che sta molto sola; delle mie sedici ore di veglia quotidiane dieci almeno sono passate in solitudine. E non potendo, dopo tutto, leggere sempre, mi diverto a costruire teorie le quali, del resto, non reggono al minimo esame critico".

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Letteratura inglese



giovedì 21 dicembre 2023

Foto storiche

 Pirandello con Arnoldo Mondadori e il poeta Trilussa, anni ‘30



Trilussa

 NUMMERI

 - Conterò poco, è vero:

- diceva l’Uno ar Zero -

ma tu che vali? Gnente: propio gnente.

Sia ne l’azzione come ner pensiero

rimani un coso voto e inconcrudente.

lo, invece, se me metto a capofila

de cinque zeri tale e quale a te,

lo sai quanto divento? Centomila.

È questione de nummeri. A un dipresso

è quello che succede ar dittatore

che cresce de potenza e de valore

più so’ li zeri che je vanno appresso.”

Trilussa , 1944 - Acqua e vino



lunedì 18 dicembre 2023

Italo Svevo

 “– Chissà se l’amo? – È un dubbio che m’accompagnò per tutta la vita e oggidì posso pensare che l’amore accompagnato da tanto dubbio sia il vero amore.”


—  La coscienza di Zeno, Italo Svevo



Virna Lisi

 "Se sento odore di cattiveria gratuita, cancello dal mio orizzonte le persone - anche quelle frequentate a lungo - e faccio finta di non averle mai conosciute. In questa pratica ho un vero talento. Sono bravissima.

E non mi pento mai".


Virna Lisi




domenica 10 dicembre 2023

Luigi Pirandello

 Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos". 

(Luigi Pirandello)



sabato 9 dicembre 2023

Luigi Pirandello

 La civiltà vuole che si auguri il buon giorno a uno che volentieri si manderebbe al diavolo; ed essere bene educati vuol dire appunto esser commedianti.


—  Luigi Pirandello, L'uomo, la bestia e la virtù




venerdì 8 dicembre 2023

Edoardo Sanguineti

 Quando ci penso, che il tempo è passato,

le vecchie madri che ci hanno portato,

poi le ragazze, che furono amore,

e poi le mogli e le figlie e le nuore,

femmina penso, se penso una gioia:

pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,

la partigiana che qui ha combattuto,

quella colpita, ferita una volta,

e quella morta, che abbiamo sepolta,

femmina penso, se penso la pace:

pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,

che arriva il giorno che il giorno raggiorna,

penso che è culla una pancia di donna,

e casa è pancia che tiene una gonna,

e pancia è cassa, che viene al finire,

che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra

carne di terra che non vuole guerra:

è questa terra, che io fui seminato,

vita ho vissuto che dentro ho piantato,

qui cerco il caldo che il cuore ci sente,

la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l’umano

la mia compagna, ti prendo per mano


Edoardo Sanguineti (Genova, 9 dicembre 1930 – Genova, 18 maggio 2010)



Jim Morrison

 Un amico è qualcuno che ti lascia totalmente libero di essere te stesso, e in particolare di sentire o di non sentire. È in questo che consiste il vero amore: lasciare che una persona sia ciò che davvero è. La maggior parte delle persone ti amano per quello che pretendono tu sia. Per ottenere il loro amore devi fingere, esibirti. Ottieni amore per la tua finzione.


James Douglas Morrison, detto Jim (Melbourne, 8 dicembre 1943 – Parigi, 3 luglio 1971)




Jim Morrison

 Ciò che mi interessa di più sono le attività prive di significato, ossia le attività completamente libere, il gioco. Attività che non racchiudono in sé nient'altro che quello che sono. Nessuna ripecussione, nessuna motivazione. Attività libera. Secondo me dovrebbe esserci un carnevale nazionale, più o meno come il martedì grasso a Rio. Dovrebbe esserci una settimana di allegria nazionale, una sospensione di tutto il lavoro, di tutti gli affari, di tutte le discriminazioni, di tutte le forme di autorità.


James Douglas Morrison, detto Jim (Melbourne, 8 dicembre 1943 – Parigi, 3 luglio 1971)



giovedì 7 dicembre 2023

John Lennon

 《Combattere per la pace è come fare sesso per la verginità》.


John Lennon (Liverpool, 9 ottobre 1940 – New York, 8 dicembre 1980)




John Lennon

 《Ci sono due forze motivanti fondamentali: la paura e l’amore. Quando abbiamo paura, ci tiriamo indietro dalla vita. Quando siamo innamorati, ci apriamo a tutto ciò che ci offre la vita con passione, eccitazione e accettazione. Abbiamo bisogno di imparare ad amare noi stessi per primi, in tutta la nostra gloria e le nostre imperfezioni. Se non possiamo amare noi stessi, non possiamo aprirci all’amore degli altri. Tutte le speranze per un mondo migliore sono nel coraggio e nella visione a cuore aperto delle persone che accolgono la vita》.


John Lennon (Liverpool, 9 ottobre 1940 – New York, 8 dicembre 1980)



John Lennon

 《Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l’amore, mentre la violenza e l’odio si diffondono alla luce del sole》.


John Lennon (Liverpool, 9 ottobre 1940 – New York, 8 dicembre 1980)




lunedì 20 novembre 2023

Olivia Ninotti

 《L’assassinio di Giulia ci ha colpito forse più di qualsiasi altro perché le immagini centuplicate non sono di una giovane donna acqua e sapone, una laureanda, ma di una ragazzina che aveva perso la madre, una sorella, una figlia , poteva essere la nostra  e invece non sarà più niente.

Il niente è intollerabile.

L’identificazione proiettiva è esplosa potentissima, oltre all’umana compassione per una vita stroncata in modo assurdo.

Una morte così sentita deve diventare un simbolo perchè possa avere un significato.

L'uomo è un animale addomesticato che per secoli ha comandato sugli altri con la frode, la violenza e la crudeltà, sono parole di Charlie Chaplin.

Esistono i mostri? Sì. Ma sono pochi, il resto è la banalità del male.

I tempi non sono diventati più violenti. E’ la violenza di oggi che quando detona in eventi efferati diventa più visibile e immediata. Il quarto potere della comunicazione mediatica è enorme e della stessa portata violenta.

Lo dimentichiamo.

Per ogni femminicidio ,ci sono nascosti centomila atti di violenza senza differenza di genere, età e condizione ,chi fa il nostro mestiere lo sa ed è su questo che la prevenzione ha senso.

Quello che mi scandalizza è come l’ondata emotiva  dilaghi sul pensiero, sul contesto e sull’integrazione di informazioni. Come tutto si trascenda sempre e si polarizzi in concetti vuoti ma, nel paradosso, rassicuranti.

Il patriarcato è colpevole seguendo l'altra onda emotiva già partita con il film della Cortellesi, per la legge della nuvola che sembra un elefante.

La Morante ha scritto: il potere e la violenza sono tutt’uno. Ma non il Potere codificato.

La biologia rende le femmine, i bambini e gli anziani più deboli e dove c’è debolezza fisica, è facile che culturalmente si instauri la legge del più forte che si espande su ogni aspetto della vita.

Tuttavia è vero anche che quando un debole prende il potere, sia anche momentaneo, la violenza di cui può essere capace è molto più crudele e imprevedibile del forte che sa di esserlo.

In questo nostro tempo di grave scissione narcisistica dobbiamo essere tutti potenti e avulsi da ogni male ma dobbiamo volerci bene e rispettare le debolezze (meglio altrui che nostre). Se i nostri figli falliscono un esame, non va bene, si traumatizzano, però dobbiamo educarli che non ci rimangano male se la ragazza li molla o se il ragazzo le tradisce.

Così creiamo disfunzionali e in questo famiglia e società hanno un peso. Ma alcune volte, in alcuni individui più predisposti di altri, i bisogni narcisistici slittano perversamente su un essere umano perché quell’essere umano ci soddisfa, ci specchia e alla fine ci deforma.

Siamo animali addomesticati e la domesticazione intesa come educazione psico-affettiva e sociale può fallire o potenziare in peggio.

All’improvviso quel momento di rabbia, frustrazione detonante, disperazione si trasforma in una lama di potere accecante.

Se questo è un uomo, non è il patriarcato o lo stato.

 E' la  banalità del male》 .


- Olivia Ninotti, neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta e scrittrice



Renè Magritte

 《Il quadro non è la rappresentazione delle idee seguenti: quando noi pronunciamo la parola memoria, noi vediamo che corrisponde all’immagine di una testa umana. Se la memoria può occupare un posto nello spazio, non può essere che all’interno della testa. Allora la macchia di sangue può suggerire in noi la supposizione che la persona di cui vediamo il viso sia stata vittima di un incidente mortale. Infine, si tratta di un avvenimento del passato, che resta presente nel nostro spirito grazie alla memoria》.

Rene Magritte,  riguardo i dipinti intitolati " La memoria"






Malamore, esercizi di resistenza al dolore

 Vorrei poter dire che se devi uscire alle cinque per un impegno improrogabile e alle cinque meno dieci la persona con cui dividi l’esistenza ti pone una questione epocale da cui dipende l’esito della tua giornata, della settimana e della vita, ecco, quella è una prova di forza, una forma sottile di violenza che si esercita nel celebre quesito: dimostrami che cosa è più importante per te.

Perché si sa che l’amore viene prima di tutto, per le donne è certamente così.

Perché se hai interessi fuori, più importante deve essere sempre, tuttavia, l’interesse dentro.

Perché se un uomo può dire “scusami ma ho da fare”, e dimenticarsi l’anniversario, la spesa, la festa di compleanno del bambino, la consegna a domicilio, una donna no, non può farlo.

O meglio: può, ma paga un prezzo.


Concita De Gregorio , Malamore - Esercizi di resistenza al dolore



Michela Murgia

 Il mansplaining, parola resa al meglio in italiano dal neologismo «minchiarimento», è proprio questo: una pratica sessista di superiorità paternalistica esercitata da qualunque uomo che, in una discussione con una donna, si metta a illustrarle le cose in modo accondiscendente e semplificato, dando per scontato che lei ne sappia meno di lui anche quando ci sarebbero abbastanza elementi per supporre il contrario.

[...]

Il minchiarimento si presenta in tante forme, che vanno dalla facilità di interruzione quando a parlare in una conversazione è una donna fino allo spiegone non richiesto, di solito premesso dalla frase «Magari non ti è chiaro…» Questa tecnica produce effetti inconsapevoli. Da un lato conferma il radicatissimo pregiudizio che le donne siano ignoranti e prive di capacità intellettuale.

[...]

È come se un mansplainer avesse scritto in testa, da qualche parte, questo appunto: «Posso accettare che tu, in quanto donna, sappia qualcosa, purché ti sia chiaro che questo qualcosa è comunque meno di quello che so o quindi addio io»


Michela Murgia, Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più




Se domani non torno...', la poesia di Cristina Torres Cáceres

 




Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma. 


Se non ti dico che vengo a cena. Se domani, il taxi non appare. 


Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera. 


Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia. 


Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata. 


Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata. 


Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.


Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l’alcool nel sangue. 


Ti diranno che era giusto, che ero da sola. 


Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana. 


Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria. 


Lo giuro, mamma, sono morta combattendo. 


Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto. 


Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome. 


Perché lo so, mamma, non ti fermerai. 


Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella. 


Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti. 


Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia. 


Sono loro, saranno sempre loro. 


Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono. 


Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me. 


Combatti per urlare più forte di me. 


Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io. 


Mamma, non piangere le mie ceneri. 


Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto. 


Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.


Cristina Torres-Cáceres

giovedì 16 novembre 2023

Voltaire

 “Bevo quaranta caffè al giorno per essere ben sveglio e pensare, pensare, pensare a come poter combattere i tiranni e gli imbecilli. Sarà senz’altro un veleno, ma un veleno lentissimo: io lo bevo già da settant’anni e, finora, non ne ho mai provato i tristi effetti sulla mia salute…"


Voltaire




José Saramago

 “Non si può mai sapere in anticipo di cosa siano capaci le persone, bisogna aspettare, dar tempo al tempo, è il tempo che comanda, il tempo è il compagno che sta giocando di fronte a noi, e ha in mano tutte le carte del mazzo, a noi ci tocca inventarci le briscole con la vita, la nostra.”

(Josè Saramago, Cecità)



José Saramago

 “Perché la vita se la ride delle previsioni,

e mette parole dove noi abbiamo immaginato silenzi,

e repentini rientri quando pensavamo che non ci saremmo incontrati più.”


(José Saramago, Il viaggio dell’elefante)



José Saramago

 “Amo le cose belle,le belle storie che dicono qualcosa,mi piace tutto ciò che fa palpitare il cuore. 


E’ bello aver la pelle d’oca,significa che stai vivendo".


-Josè Saramago



José Saramago

 “Abbiamo tutti i nostri momenti di debolezza, per fortuna siamo ancora capaci di piangere, il pianto spesse volte è una salvezza, ci sono circostanze in cui moriremmo se non piangessimo.”


Cecità, Josè Saramago



Josè Saramago

 Non dobbiamo avere paura

delle differenze d’opinione.

Se tutti la pensassimo allo stesso modo

il mondo sarebbe molto noioso.

Ma non vale la pena uccidere

per le differenze d’opinione.

Dobbiamo cercare di comprendere l’altro

per una semplice ragione:

perché noi siamo

l’altro dell’altro.


José Saramago



José Saramago

 "Si dice che il tempo non si ferma, che nulla ne trattiene l’incessante avanzata, lo si dice sempre con queste trite e ritrite parole, eppure non manca chi si spazientisca per la sua lentezza, ventiquattr’ore per fare un giorno, pensate, e quando si arriva alla fine si scopre che non è servito a niente, il giorno dopo è di nuovo così, sarebbe meglio che saltassimo le settimane inutili per vivere una sola ora piena, un folgorante minuto."

— José Saramago, da “L’anno della morte di Ricardo Reis



José Saramago

«L’uomo più saggio che ho conosciuto in tutta la mia vita non sapeva leggere né scrivere. […] 
Questo è stato mio nonno Jerónimo, pastore e narratore di storie, che al presentire che la morte
lo stava venendo a prendere, è andato a congedarsi dagli alberi del suo podere, uno a uno, 
abbracciandoli e piangendo perché sapeva che non li avrebbe più rivisti.»

José de Sousa Saramago

(discorso per la consegna del Nobel)



José Saramago

 "Il viaggio - nel mondo e sulla carta - è di per sé una specie di continua prefazione, un prologo a qualcosa che deve sempre ancora venire e sta sempre ancora dietro l’angolo”.


— José Saramago - Viaggio in Portogallo (Bompiani, 1996)



José Saramago

 […] del male altrui si guarisce, del proprio si muore, parole che non pronunciò nessuna ma che tutte pensarono, in realtà deve ancora nascere il primo essere umano sprovvisto di quella seconda pelle che chiamiamo egoismo, ben più dura dell’altra che per qualsiasi cosa sanguina.”

— Tratto da Cecità di Saramago



José Saramago

 “Mi lascia indifferente il concetto di felicità, ritengo più importanti la serenità e l’armonia. Il concetto di felicità presuppone che uno sia contentissimo, che se ne vada in giro ridendo, abbracciando tutti, dicendo sono felice, che meraviglia. È chiaro che anche un mal di denti gli toglierà la gioia e, quindi, la felicità. Penso che la serenità sia una cosa diversa. La serenità ha molto dell’accettazione, ma include anche un certo autoriconoscimento dei propri limiti. Vivere in armonia non significa non avere conflitti, ma poter convivere con gli stessi serenamente.”

— Josè Saramago




José Saramago

 Se prima di ogni nostro atto ci mettessimo a prevedere tutte le conseguenze, a considerarle seriamente, anzitutto quelle immediate, poi le probabili, poi le possibili, poi le immaginabili, non arriveremmo neanche a muoverci dal punto in cui ci avrebbe fatto fermare il primo pensiero.


Josè Saramago - Cecità




Jose Saramago

 Perché le parole hanno cessato di comunicare. Ogni parola è detta perché non se ne oda un’altra. La parola, anche quando non afferma, si afferma. La parola non risponde, né domanda: accumula. La parola è l’erba fresca e verde che copre la superficie dello stagno. La parola è polvere negli occhi e occhi bucati. La parola non mostra. La parola dissimula.


Per questo urge mondare le parole perché la semina si muti in raccolto. Perché le parole siano strumento di morte - o di salvezza. Perché la parola valga solo ciò che vale il silenzio dell’atto.


C’è anche il silenzio. Il silenzio, per definizione, è ciò che non si ode. Il silenzio ascolta, esamina, osserva, pesa e analizza. Il silenzio è fecondo. Il silenzio è terra nera e fertile, l’humus dell’essere, la tacita melodia sotto la luce solare. Cadono su di esso le parole. Tutte le parole. Quelle buone e quelle cattive. Il grano e il loglio. Ma solo il grano dà il pane.



José Saramago - Di questo mondo e degli altri

José Saramago

 Josè Saramago e la moglie Pilar del Rio.

Pilar, giornalista e scrittrice, è stata il pilastro sul quale si è retta l'ultima parte di vita di Saramago.


 Di lei, lo scrittore, premio Nobel, disse: " Se non l'avessi incontrata, negli ultimi anni della vita sarei stato molto più vecchio".




José Saramago

 La Fondazione José Saramago, nello storico quartiere Alfama di Lisbona.


Photo by Guendalina Mustica 



Carlo Emilio Gadda

 ‘Il mio gran male è stato sempre e sarà sempre uno: quello di desiderare e sognare, invece di volere e fare.’

 

Carlo Emilio Gadda



martedì 14 novembre 2023

Carlo Emilio Gadda

 “Chi è certo d’aver ragione a forza, nemmeno dubita di poter aver torto in diritto. 

Chi si riconosce genio, e faro alle genti, non sospetta d’essere moccolo male moribondo, o quadrupede ciuco. 

D’un depositario, o d’un commissario, della rinnovata verità non è pensabile ch’egli debba mingere nuove asinerie a ogni nuovo risveglio: in bocca a chi lo sta ad ascoltare a bocca aperta. Be’. La cascatella delle telefonate gerarchesche, come ogni cascatella che si rispetti, era ed è irreversibile in un determinato campo di forze, qual è il campo gravidico, o il campo ossequienziale-scaricabarilistico.”


— Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana




lunedì 13 novembre 2023

Zygmunt Bauman

 Nel mondo liquido moderno, la solidità delle cose – così come la solidità dei rapporti umani – tende a essere considerata male, come una minaccia: dopotutto, qualsiasi giuramento di fedeltà e ogni impegno a lungo termine (per non parlare di quelli a tempo indeterminato) sembrano annunciare un futuro gravato da obblighi che limitano la libertà di movimento e riducono la capacità di accettare le opportunità nuove e ancora sconosciute che (inevitabilmente) si presenteranno. La prospettiva di trovarsi invischiati per l’intera durata della vita in qualcosa o in un rapporto non rinegoziabile ci appare decisamente ripugnante e spaventosa.


Zygmunt Bauman, Cose che abbiamo in comune. 44 lettere dal mondo liquido




giovedì 9 novembre 2023

Yves Montand

 Prima ero innamorato solo delle risposte, ma da quando ho conosciuto te mi piacciono anche le domande. Credo che le risposte rendano saggi, ma le domande rendono umani.


(Yves Montand a Barbra Streisand - L'amica delle 5½)



Philip Roth

 Ai tempi dei miei genitori, e anche ai miei tempi e ai suoi, le carenze erano dell’individuo. Oggi sono della disciplina. Leggere i classici è troppo difficile, dunque la colpa è dei classici. Oggi lo studente sbandiera la sua incapacità come se fosse un privilegio. Non riesco a impararlo, dunque dev’esserci qualcosa di sbagliato. E qualcosa di particolarmente sbagliato deve avere l’insegnate cattivo che pretende d’insegnarlo.


Philip Roth, La macchia umana



Irene Némirovsky

 «Ma allora, cos’è che ti conforta?»


«La certezza della mia libertà interiore, » disse lui dopo aver riflettuto « questo bene prezioso, inalterabile, e che dipende solo da me perdere o conservare. La convinzione che le passioni spinte al parossismo


come capita ora finiscano poi per placarsi. Che tutto ciò che ha un inizio avrà una fine. In poche parole, che le catastrofi passano e che bisogna cercare di non andarsene prima di loro, ecco tutto. Perciò prima di tutto vivere: Primum vivere. Giorno per giorno. Resistere, attendere, sperare».


Irène Némirovsky, “Suite francese"