martedì 28 giugno 2022

Il sabato del villaggio

 XXV


IL SABATO DEL VILLAGGIO


La donzelletta vien dalla campagna,

In sul calar del sole,

Col suo fascio dell’erba; e reca in mano

Un mazzolin di rose e di viole,

Onde, siccome suole,

Ornare ella si appresta

Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.

Siede con le vicine

Su la scala a filar la vecchierella,

Incontro là dove si perde il giorno;

E novellando vien del suo buon tempo,

Quando ai dì della festa ella si ornava,

Ed ancor sana e snella

Solea danzar la sera intra di quei

Ch’ebbe compagni dell’età più bella.

Già tutta l’aria imbruna,

Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre

Giù da’ colli e da’ tetti,

Al biancheggiar della recente luna.

Or la squilla dà segno

Della festa che viene;

Ed a quel suon diresti

Che il cor si riconforta.

I fanciulli gridando

Su la piazzuola in frotta,

E qua e là saltando,

Fanno un lieto romore:

E intanto riede alla sua parca mensa,

Fischiando, il zappatore,

E seco pensa al dì del suo riposo.

 

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,

E tutto l’altro tace,

Odi il martel picchiare, odi la sega

Del legnaiuol, che veglia

Nella chiusa bottega alla lucerna,

E s’affretta, e s’adopra

Di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba.

 

Questo di sette è il più gradito giorno,

Pien di speme e di gioia:

Diman tristezza e noia

Recheran l’ore, ed al travaglio usato

Ciascuno in suo pensier farà ritorno.

 

Garzoncello scherzoso,

Cotesta età fiorita

E’ come un giorno d’allegrezza pieno,

Giorno chiaro, sereno,

Che precorre alla festa di tua vita.

Godi, fanciullo mio; stato soave,

Stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vo’; ma la tua festa

Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.


Piazza Sabato del villaggio, Recanati



Giacomo Leopardi

 " Nulla è più raro al mondo, che una persona abitualmente sopportabile. "


-Leopardi, Pensieri LXXVI




Giacomo Leopardi

 Autografo de "L' infinito" di Giacomo Leopardi,  Biblioteca Nazionale di Napoli.



Sei personaggi in cerca d'autore

 "Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!“ 

—  Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d'autore


Luigi Pirandello

 "Hai mai pensato di andare via e non tornare mai più? Scappare e far perdere ogni tua traccia, per andare in un posto lontano e ricominciare a vivere, vivere una vita nuova, solo tua, vivere davvero? 

Ci hai mai pensato?”

(Luigi Pirandello – Il fu Mattia Pascal)



Luigi Pirandello

 Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco "Kaos". 

(Luigi Pirandello)



I veçchi e i giovani

 “Non ti tracciar vie da seguire, figliuolo mio; né abitudini, né doveri; va’, va’, muoviti sempre; scròllati di tratto in tratto d’addosso ogni incrostatura di concetti; cerca il tuo piacere e non temere il giudizio degli altri e neanche il tuo, che puoi stimar giusto oggi e falso domani.”

( Luigi Pirandello,"I vecchi e i giovani", 1° edizione originale 1913)



Luigi Pirandello

 A quanti uomini, presi nel gorgo d'una passione, oppure oppressi, schiacciati dalla tristezza, dalla miseria, farebbe bene pensare che c'é sopra il soffitto il cielo, e che nel cielo ci sono le stelle.

- "Quaderni di Serafino Gubbio operatore", Luigi Pirandello



Il turno

 Giovane d’oro, sì sì, giovane d’oro, Pepè Alletto! – Il Ravì si sarebbe guardato bene dal negarlo; ma quanto a concedergli la mano di Stellina, no via: non voleva che se ne parlasse neanche per ischerzo.

– Ragioniamo!

Gli sarebbe piaciuto maritare la figlia col consenso popolare, come diceva: e andava in giro per la città, fermando amici e conoscenti per averne un parere. Tutti però, sentendo il nome del marito che intendeva dare alla figliuola, strabiliavano, trasecolavano:

– Don Diego Alcozèr?

Il Ravì frenava a stento un moto di stizza, si provava a sorridere e ripeteva, protendendo le mani:

– Aspettate… Ragioniamo!

Ma che ragionare! Alcuni finanche gli domandavano se lo dicesse proprio sul serio:

– Don Diego Alcozèr?

E sbruffavano una risata.

Da costoro il Ravì si allontanava indignato dicendo:

– Scusate tanto, credevo che foste persone ragionevoli.

Perché lui, veramente, ci ragionava su quel partito, ci ragionava con la più profonda convinzione che fosse una fortuna per la figliola. E s’era intestato a persuaderne anche gli altri, quelli almeno che gli permettevano di sfogare l’esasperazione crescente di giorno in giorno. 

(Luigi Pirandello, Il turno)



Uno, nessuno, centomila

 C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno.


—  Luigi Pirandello, "Uno, nessuno, centomila".



Luigi Pirandello

 La civiltà vuole che si auguri il buon giorno a uno che volentieri si manderebbe al diavolo; ed essere bene educati vuol dire appunto esser commedianti.


—  Luigi Pirandello, L'uomo, la bestia e la virtù



Edvard Munch

 Edvard Munch, I solitari (1899), olio su tela ( Oslo, Munchmuseet).



Luigi Pirandello

 Fare i cinici è pure un modo di dare leggerezza alla vita quando comincia a pesare.

—  Luigi Pirandello, Diana e la Tuda



Luigi Pirandello

  Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere, mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io, vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate, vivi gli anni che ho vissuto io, e cadi là dove sono caduto io, e rialzati come ho fatto io. Ognuno ha la propria storia. E solo allora mi potrai giudicare.

Luigi Pirandello 



Le Maschere nell' Arte

 Felice Casorati, "Maschere", 1921, olio su tela dimensioni 110 x 80 cm - "Galleria d' Arte Narciso", Torino.



Il fu Mattia Pascal

 Le anime hanno un loro particolare modo d'intendersi, d'entrare in intimità, fino a darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali. Han bisogni lor proprii e le loro proprie aspirazioni le anime, di cui il corpo non si dà per inteso, quando veda l'impossibilità di soddisfarli e di tradurle in atto. E ogni qualvolta due che comunichino fra loro così, con le anime soltanto, si trovano soli in qualche luogo, provano un turbamento angoscioso e quasi una repulsione violenta d'ogni minimo contatto materiale, una sofferenza che li allontana, e che cessa subito, non appena un terzo intervenga. Allora, passata l'angoscia, le due anime sollevate si ricercano e tornano a sorridersi da lontano.


Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal



Le lettere di Pirandello a Maria Antonietta Portulano

 In me son quasi due persone. Tu già ne conosci una; l’altra, neppur la conosco bene io stesso. Soglio dire, ch’io consto d’un gran me e d’un piccolo me: questi due signori sono quasi sempre in guerra tra di loro; l’uno è spesso all’altro sommamente antipatico. Il primo è taciturno e assorto continuamente in pensieri, il secondo parla facilmente, scherza e non è alieno dal ridere e dal far ridere. Quando questi ne dice qualcuna un po’ scema, quegli va allo specchio e se lo bacia. Io son perpetuamente diviso tra queste due persone. Ora impera l’una, ora l’altra. Io tengo naturalmente moltissimo di più alla prima, voglio dire al mio gran me; mi adatto e compatisco la seconda, che è in fondo un essere come tutti gli altri, coi suoi pregi comuni e coi comuni difetti. 


Quale dei due amerai di più, Antonietta mia? 


In questo consisterà in gran parte il segreto della nostra felicità.


Da una lettera di Pirandello del 1894 indirizzata alla futura moglie Antonietta



La vita variopinta

 Vasilij Kandinskij,  La vita variopinta, tempera su tela (130×162,5 cm) 1907 -  Städtische Galerie im Lenbachhaus , Monaco



L' artefice della fortuna critica di Pirandello

 «La tragedia di Enrico IV è la tragedia della vita in forma esemplare, tale appunto essendo la tragedia della vita per Pirandello: doversi necessariamente dare forma e non potersene contentare, chè sempre, presto o tardi, la vita paga il fio della forma che si è data o lasciata dare. Il centro del dramma pirandelliano è qui: in questo scontrarsi della vita con la forma in cui l’individuo l’ha incanalata o in cui per lui l’hanno incanalata gli altri. Pirandello sceglie i suoi personaggi nel comune materiale della vita, il meno eroico, il più consuetudinario e ordinario possibile: impiegati professionisti professori commercianti borghesucci. Li sceglie, cioè, nella classe in cui è più viva la preoccupazione delle regole delle convenienze delle forme delle finzioni delle apparenze delle maschere sociali. Dà loro un corpo sgraziato o infelice, con qualche particolarità del viso o del corpo o qualche tic ripugnante o antipatico o curioso. Li colloca negli ambienti più banali e piccolo borghesi che si possono immaginare. E, attraverso una preparazione lenta minuziosa secca arida ingrata, fatta di battute in apparenza disordinate e confuse, ma dalle quali a poco a poco, per una serie di accenni più o meno indiretti, s’incomincia a delinear la vicenda, li conduce al momento in cui tra la loro spontaneità vitale e la maschera che o si erano volontariamente posta o si erano lasciata porre sul volto si determina una opposizione violenta o quando, affacciandosi come in uno specchio nella costruzione che gli altri si sono fatta di loro, non vi si riconoscono e delirano di dolore e di orrore al dirsi : questo sono io».


Adriano Tilgher, Studi sul teatro contemporaneo, Roma, Libreria di Scienze e Lettere, 1923