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lunedì 22 gennaio 2024

Storie d'amore

 Nell’estate del 1929 Magritte, Buñuel, Paul Eluard e la moglie Elena Devulina Diakanoff, chiamata Gala, andarono a trovare il pittore in Spagna. In questa occasione Dalì e Gala si conobbero e si innamorarono.



domenica 19 luglio 2020

Agnese Borsellino

Perché la vita è bella, me l'ha insegnato il mio Paolo, me lo ripeteva canticchiando le canzoni della nostra giovinezza.
Gli sarebbe piaciuto il film di Roberto Benigni, che si intitola proprio cosi.. La vita è bella.
Racconta che può emergere tanta speranza anche dove sembra non esserci.
Quel film l'avremmo guardato tutti quanti insieme, figli e nipoti, seduti allegramente in soggiorno.

(Agnese Borsellino)


lunedì 6 luglio 2020

Ennio Morricone

"Il primo giudice delle mie composizioni è  mia moglie. È sempre lei la prima ad ascoltare le mie musiche, e a darmi l’ok o a bocciarle. Del suo consiglio mi fido. C’è un motivo per cui faccio sentire per prima a mia moglie i nuovi pezzi: in passato, qualche regista mi ha “buggerato”. È capitato, infatti, che, tra le composizioni che gli avevo sottoposto, scegliesse le peggiori. Per cui, ora faccio una preselezione con mia moglie: le chiedo di darmi un giudizio semplice, in modo da scartare le cose che potrebbero non andare. Anche per il nuovo film di Tornatore è stato così: gli ho portato direttamente le cose migliori che avevo scritto".
(Ennio Morricone)


giovedì 7 maggio 2020

Storie d' amore

《Caro Signor Rossellini,
ho visto i suoi film Roma città aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo 'ti amo', sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei.
Ingrid Bergman »

venerdì 17 aprile 2020

Storie d'amore

Il Gabo e la Gaba

Conobbe la sua futura moglie, Mercedes, quando aveva soli nove anni. Le propose di sposarlo a un ballo quando ne compì quattordici, ma dovette attendere che lei avesse ventisei anni per poterla portare all'altare il 21 marzo 1958 a Barranquilla.
Mercedes gli restò accanto per 54 anni, fino all'ultimo giorno di vita di Gabo, il 17 aprile 2014.

giovedì 16 aprile 2020

Carmen Yanez

«Avevo 15 anni, lui 18. Scriveva poesie, faceva teatro. Lo portò a casa mio fratello, che era pittore e suo amico. Un anno dopo ci fidanzammo. I miei genitori erano contrari: "Un poeta? Lascia perdere. Un tipo così non ha futuro". Uscivo con lui di nascosto, i miei vennero a saperlo e mi impedirono di vederlo. Alla fine non ci restò che fuggire, come Romeo e Giulietta. E, subito dopo, era tempo di affrontare "seriamente" la situazione. Avevo appena compiuto 19 anni, ero piccola e magra, sembravo molto più giovane. Ci siamo sposati l'11 settembre del 1971. Undici settembre. Fu il giorno in cui il prete venne a casa dei miei genitori. Perché noi, in chiesa, non ci saremmo mai andati»...
« Divorziammo, da buoni amici. Dopo qualche tempo, cominciammo a comunicare per telefono. Una chiamata, una seconda e un'altra ancora. Ci sentivamo per parlare di Carlo, ma finiva che si restava a chiacchierare per un'ora e mezzo. Mi mandava tutti i suoi manoscritti, ero la prima a leggerli. Credo lo facesse per impressionarmi. E finalmente nell'89, ci trovammo a Göteborg per un simposio. Fu molto triste. C'erano forse troppe aspettative, in realtà parlammo pochissimo: c'era come un grande vuoto tra di noi. Anche lui era strano, silenzioso. Così, ricominciammo a comunicare per lettera. Lettere bellissime, che custodisco ancora.
Un giorno mi telefona la moglie tedesca. Mi invita in Germania. È sola, mi racconta che Lucho parla solo e sempre di Pelusa. Che ama solo Pelusa. Due giorni dopo arriva lui. E lei si offre di tenermi per una settimana mio figlio Jorge. Così partiamo, io e Luis. Parigi. La città dell'amore.
Sei mesi dopo, ci trasferimmo a Gijon e
ci sposammo per la seconda volta il 21 agosto 2004».

La poetessa Carmen Yanez, moglie di Luis Sepúlveda

Luis Sepùlveda

La più bella storia d'amore

L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.

Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.

Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.

Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.

Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda una stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perché La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi
               Luis Sepulveda

martedì 14 aprile 2020

Epistulae

Jean-Paul Sartre a Simone de Beauvoir
Ottobre 1939
Se ci fosse stato bisogno di sentire sino a che punto siamo uniti, questa guerra fantasma avrebbe avuto almeno questo di buono, che lo ha fatto sentire. Ma non era necessario. Tuttavia essa dà una risposta alla domanda che vi tormentava: amore mio, voi non siete “una cosa della mia vita” – sia pure la più importante – perché la mia vita non è più mia, non la rimpiango nemmeno e voi siete sempre me. Voi siete molto di più, siete voi che mi permettete di immaginare qualsiasi avvenire in qualsiasi vita.

martedì 23 aprile 2019

Storie d'amore

Luglio 1923
Non lo nascondo: sono così disabituato all’idea della gente – ti prego, capiscimi – così disabituato, che i primi minuti del nostro incontro mi sembravano uno scherzo, un travestimento ingannevole […] Ci sono solo alcune cose di cui è difficile parlare: si scuote il loro meraviglioso polline toccandole con le parole… Sì, ho bisogno di te, del mio racconto di fate. Perché tu sei l’unica persona a cui posso parlare del grido di una nuvola, del canto di un pensiero e del fatto che quando oggi sono andato a lavorare e ho visto ogni girasole in faccia, mi hanno sorriso anche loro con i loro semi […]
Vladimir Nabokov a Véra Slonim

martedì 4 dicembre 2018

Epistulae

Marburg, 21 febbraio 1925 

[…] Perché l'amore è un dolce fardello? Perché noi ci trasformiamo in ciò che amiamo, eppur restiamo noi stessi. Vogliamo dire grazie all'amato, ma non troviamo niente che sia sufficiente se non il dono di noi stessi. Così l'amore trasforma la gratitudine in fedeltà a se stessi e nella capacità di credere incondizionatamente nell'altro.

Martin Heidegger ad Hannah Arendt

Epistulae

Hannah Arendt - Martin Heidegger, Lettere 1925-1975 e altre testimonianze, 1998



Epistulae

Sì amor mio, i nostri cuori hanno messo radici l’uno nell’altro ed i nostri passi vanno in armonia. E quest’armonia niente può turbarla, anche se la vita va avanti. Questi sciocchi credono che fedeltà ci sia quando la vita attiva cessa e s’inchioda a Una persona. Costoro si privano non solo della vita comune, ma della vita come tale…”
Hannah Arendt a Martin Heidegger

sabato 10 novembre 2018

Lettere

"Faccio tutto ciò che posso perchè il mio amore non ti disturbi, ti guardo di nascosto, ti sorrido quando non mi vedi. Poso il mio sguardo e la mia anima ovunque vorrei posare i miei baci: sui tuoi capelli, sulla tua fronte, sui tuoi occhi, sulle tue labbra, ovunque le carezze abbiano libero accesso."

- Juliette Drouet a Victor Hugo

venerdì 7 settembre 2018

Storie d'amore

L'amore è la vita, è la cosa principale. Dall'amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L'amore è il cuore di tutte le cose… Se il cuore interrompe il suo lavoro, anche tutto il resto si atrofizza, diventa superfluo, inutile. Ma se funziona non può non manifestarsi in ogni cosa. Senza di te (non senza di te “nella lontananza”, interiormente senza di te) io cesso di agire.
Vladimir Majakovskij a Lili Brik.

domenica 24 giugno 2018

giovedì 17 maggio 2018

Storie d'amore

[…] mi manchi più di quanto potessi immaginare anche se mi ero preparata a sentire molto la tua mancanza.
Dalla lettera d’amore di Vita Sackville a Virginia Woolf

domenica 13 maggio 2018

Epistulae

Ho tante energie. Puoi prenderle tutte, e in me ne sorgeranno di nuove. Ti voglio un bene immenso, la mia anima vuole un bene immenso alla tua anima. Di tanto in tanto la mia anima vorrebbe coricarsi accanto alla tua anima. A poco a poco non ha più nulla a che fare con il desiderio che una donna può provare per un uomo. A volte vorrei poter distendere il mio corpo nudo, così come Dio l'ha creato, accanto al tuo corpo nudo, così come Dio ti ha creato - e in questo modo avrei solo la sensazione che la mia anima potrebbe distendersi accanto alla tua.
Se in un'epoca come questa non si crolla per la tristezza o non ci si indurisce e si diviene cinici, o non si tende alla rassegnazione - e tutto ciò per proteggere se stessi -, allora si diventa sempre più teneri e dolci, e sciolti, comprensivi e affettuosi.
Etty Hillesum in una lettera a Julius Spier

martedì 19 settembre 2017

Lettere a Milena

"Se c’è qualcosa di cui sono sicuro è che vorrei coprirti di baci. In verità, qualche volta ho pensato anche a coprirti di carezze (di quelle delicate che si scambiano al buio, per riconoscersi e appartenersi, gli amanti), ma queste avrebbero avuto un ruolo propedeutico volto a rivelare i punti migliori per distribuire i baci (di cui sopra)."
Franz Kafka, Lettere a Milena 

Storie d'amore

Sono stato innamorato di una grande artista e di una grande donna. E sono stato fortunato, per aver conosciuto una persona eccezionale che mi ha fatto diventare prima uomo e poi artista, una fortuna, lo dico con il cuore a pezzi, che ora pago con il grande dolore che provo. Per lei, che era un dono della vita, ho sentito un amore ininterrotto. Io che ho sempre desiderato diventare un artista, stavo con una artista vera, un privilegio unico averla accanto, vedere che le sue scelte erano sempre fatte per migliorarsi; non era artista per ambizione personale o smania di ricchezza, lei viveva l'arte come una missione e per questa ha affrontato grandissime rinunce improntate all'etica, alla bellezza, alla cultura. Era figlia di un timidissimo vigile urbano che ho conosciuto e lei era riuscita con enorme fatica e rinunciando alle cose futili a coltivarsi. Amava i libri, fino all'ultimo li ha voluti con sé, ai complimenti vacui preferiva quelli del suo pubblico fatto di persone modeste e intellettuali schivi. Andava orgogliosissima, tra i tanti premi, dall'aver ricevuto due volte il Duse, stravolgendo così il regolamento che non consentiva doppioni. Questi ultimi tre anni, sono stati terribili per lei e anche per me. Nonostante ciò, malata, sottoposta a cure faticosissime affrontate con enorme coraggio, viveva per tornare sulla scena e ha ancora portato al successo tre lavori straordinari: Casa di bambola, Il dolore, un meraviglioso monologo e Filumena Marturano per la televisione. Era una donna vera, con una nobiltà d'animo fortissima. I suoi sentimenti erano puri, s'interessava di piccoli artisti, saltimbanchi, gente semplice, era lontana dalla meschinità, dalle menzogne, dalla cattiveria, dal cattivo gusto. Lei mi ha insegnato la sua cultura straordinaria e io le ho fatto amare la cultura del Sud. Come i grandi aveva un fortissimo senso dell'umorismo e della musica. Aveva lo swing, una grazia interiore; ballava come nessuna, si aggiornava in maniera che mi lasciava stupefatto, aveva una passione per la sceneggiata, come per Ronconi e Medea, era multiforme. Tutto senza mai un accenno al botteghino, non abbiamo mai parlato di soldi noi due. Oggi la ricorderà Emma Bonino: non si conoscevano bene ma Mariangela l'amava perché riconosceva in lei il suo stesso rigore. Sempre con un sorriso. Quello con cui ci ha lasciato.
— Il privilegio di averla accanto, Renzo Arbore per Mariangela Melato (19 settembre 1941 - 11 gennaio 2013)

sabato 2 settembre 2017

Storie d'amore

Tante, tante cose ti vorrei dire che mi si affollano alla mente e mi gonfiano in cuore e che diventano fredde e sciocche nella carta.
Questo solo ti dico, che ti ho ancora e sempre dinanzi agli occhi, e ti accompagnano in ogni ora della tua giornata, e sento che mi manca la più cara e la miglior parte di me stesso. Come hai fatto a prendermi così?
da una lettera di Giovanni Verga a Dina Castellazzi (1900)