sabato 5 aprile 2014

Luigi Comencini (Salò, 8 giugno 1916 – Roma, 6 aprile 2007)

Il cinema deve usare necessariamente linguaggi diversi da quelli letterari. Il regista deve dare la sua lettura interpretativa.
- Luigi Comencini





La scuola di Atene


La Scuola di Atene è un affresco (770×500 cm circa) di Raffaello Sanzio, databile al 1509-1510 e situato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro "Stanze Vaticane", poste all'interno dei Palazzi Apostolici. Rappresenta una delle opere pittoriche più rilevanti dello Stato della Città del Vaticano, visitabile all'interno del percorso dei Musei Vaticani.
Dopo essersi insediato, papa Giulio II, manifestò presto il desiderio di non utilizzare gli appartamenti del suo predecessore, Alessandro VI, scegliendo quindi altre stanze al piano superiore realizzate al tempo di Niccolò VI e Pio II a metà del XV secolo, quando furono decorate da artisti del centro Italia tra cui Piero della Francesca. Giulio II volle ridecorarle e chiamò a lavorare un gruppo eterogeneo di artisti, ai quali si aggiunse, negli ultimi mesi del 1508, Raffaello Sanzio. Colpito dalle prove del pittore urbinate, il papa decise di affidargli l'intera decorazione degli appartamenti, distruggendo tutto quello fatto in precedenza. Vasari riferisce che Raffaello fu molto dispiaciuto di dover distruggere le parti dipinte da Piero della Francesca, di cui non conosciamo il soggetto.

La Stanza della Segnatura, tra le future Stanze di Eliodoro e dell'Incendio di Borgo, fu la prima ad essere decorata, con un tema legato all'ordinamento ideale della cultura umanistica, divisa in teologia, filosofia, poesia e giurisprudenza, a ciascuna delle quali è dedicata una parete. Tale disposizione ha fatto pensare che la stanza fosse originariamente destinata a biblioteca e studiolo privato del pontefice, anche se non vi sono documenti in tale senso. Fin dal suo completamento vi si insediò infatti il Tribunale della "Segnatura Gratiae et Iustitiae", che le diede il nome.

La decorazione pittorica si avviò dalla volta, per proseguire poi alla parete est, dove venne raffigurata la Disputa del Sacramento e quella ovest della Scuola di Atene. Raffaello e i suoi aiuti vi attesero nel corso dal 1509 al 1510.
Non è chiaro quanto fu frutto della fantasia e della cultura dell'artista e quanto venne invece dettato dal papa e dai suoi teologi. Sicuramente Raffaello venne coadiuvato nella definizione del tema, ma è altresì risaputa la straordinaria fama che circondava l'artista, pienamente inseritosi nell'ambiente colto della curia romana da venire più volte esaltato dai letterati.

Durante il sacco di Roma gli affreschi della Stanza della Segnatura, come anche altre opere d'arte subirono danni dai soldati luterani che accesero fuochi il cui fumo danneggiò gli affreschi e tracciarono scritte incise sulla fascia basamentale che vennero coperte da ridipinture seicentesche.
Se la Disputa celebra la verità rivelata, la Scuola di Atene esalta la ricerca razionale. L'affresco, inquadrato da un arco dipinto, rappresenta i più celebri filosofi e matematici dell'antichità intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva.

Le figure sono disposte sostanzialmente su due piani definiti da una larga scalinata che taglia l'intera scena. Un primo e più numeroso gruppo è disposto ai lati di una coppia centrale di figure che conversano, identificate in Platone e Aristotele. Un secondo gruppo autonomo, in cui sono stati individuati i pensatori interessati alla conoscenza della natura e dei fenomeni celesti, è disposto in primo piano sulla sinistra, mentre di un terzo, anch'esso indipendente, ristretto e disposto simmetricamente al secondo, è di difficile l'identificazione dell'ambito intellettuale, nonostante gli sforzi degli studiosi; indizio è la presenza di una figura identificata in Euclide intento a tracciare una dimostrazione geometrica.

Raffaello Sanzio (Urbino, 28 marzo o 6 aprile 1483 – Roma, 6 aprile 1520)

Presunto autoritratto (1506 circa), Galleria degli Uffizi, Firenze

Kafka sulla spiaggia

Gente priva di immaginazione, intollerante, senza orizzonti. Gente che vive una realtà fatta di convinzioni tutte sue, slogan vuoti, ideali orecchiati qua e là, sistemi rigidi. Sono queste le persone che mi fanno davvero paura. Le temo e le disprezzo. Sono casi senza speranza.
— Haruki Murakami, “Kafka sulla spiaggia

Bette Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989)

Se volete sapere davvero cosa voglia dire recitare non guardate film, ma andate piuttosto a qualche party a Hollywood.
Bette Davis

Bette Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989)

Perchè mi riesce così bene interpretare una prostituta? Sarà perchè non lo sono. Forse è per questo che Joan Crawford interpreta sempre signore perbene.
- Bette Davis



Bette Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989)

"Mi sposerò nuovamente solo se troverò un uomo che possiede quindici milioni di dollari, che me ne intesti almeno la metà, e  che mi assicuri di morire entro un anno".
- Bette Davis






Bette Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989)

Nella vita abbondano i maschi, ma scarseggiano gli uomini.
- Bette Davis


Jonny Depp e l'incontro con Allen Ginsberg

Ho avuto l’onore di incontrare e conoscere Allen Ginsberg per un breve periodo. Il primo incontro avvenne a New Jork a uno stage musicale: entrambi avevamo una parte nel film “the united states of poetry”. Io stavo leggendo un brano da Mexico City Blues di Kerouac e più esattamente il 211 coro. Mentre lo stavo provando per la telecamera, vidi con la coda dell’occhio un viso familiare. “Merda”, pensai, “quello è Ginsberg”. Fummo presentati e lui si lanciò immediatamente in un’infuocata interpretazione per mostrarmi il modo migliore di eseguire il coro in qeustione. “Come lo avrebbe fatto Jack!” sottolineò Allen.
Ero di fronte a uno dei poeti più dotati e importanti del XX secolo. E con tutta la sincerità e il fegato che riuscii a mettere insieme dissi: “Si, ma non lo sto leggendo come se fossi lui. Lo sto leggendo io, è la mia interpretazione della sua opera”.
Silenzio, un LUUUNGO silenzio. Tic tac, tic tac, tic tac…sorridendo nervosamente, i miei occhi andavano titubanti dal suo viso al pavimento. Aspirai metà della mia cinque-millesima sigaretta della giornata con una boccata mostruosa e riempii del mio veleno l’aria intorno a noi.
Fu in quel preciso momento che ricordai della sua poesia “Don’t smoke!” troppo tardi…Accidenti, ragazzo…sei già nei guai! Guardai Ginsberg, lui mi guardò, il regista ci guardò entrambi e la troupe guardò lui: fu un attimo, ma che attimo. Gi occhi di Allen si strinsero, poi cominciarono a brillare come due luci. Sorrise con un sorriso mistico e sentii come se Dio in persona mi avesse perdonato il più terribile dei peccati.
Dopo le riprese, tornammo in auto al suo appartamento nella Lower East Side per un té. Allen fu cos’ gentile da raccontarmi gli anni con kerouac, Cassady e gli altri. Parlammo di diverse cose, dal costo di una corsa in limousine al tono di vocce acuto di Oscar Wilde, di cui possedeva una registrazione della lettura di “The ballad of Reading Goal”. Flirtò imperturbabilmente e senza sosta per tutto il tempo che restai con lui, permettendomi anche di fumare a patto che restassi vicino alla finestra. Mi fece una dedica su un libro e un altro paio di autografi (uno per mio fratello, ovviamente). Poi tornai in albergo e scoprii che mi aveva già richiamato per un invito a non so che cosa.
Da quel giorno in poi ci tenemmo sempre in contatto e qualche volta ci incontrammo, sino alla nostra ultima telefonata, appena tre giorni prima della sua scomparsa.
Mi chiamò per dirmi che stava per morire e sarebbe stato bello incontrarci ancora una volta prima che se ne andasse. Era così calmo e sereno che dovetti chiedergli come si sentiva inquella situazione. mi rispose con grazia che era come un’increspatura in un mare di tranquillità. Poi pianse e io con lui; mi disse che mi voleva bene e io pure.
Gli dissi che sarei andato a New Jork al più presto e, cazzo, stavo per andarci – la notizia arrivò solo qualche giorno dopo.
Ginsberg era un grand’uomo, come i suoi vecchi amici. Insieme hanno spianato la strada a molti e molti altri ancora che verranno. Il contributo di questi uomini va ben oltre le loro parole. Senza sulla strada, l’urlo o il pasto nudo, per esempio, avremmo avuto la fortuna di conoscere Hunter S. Thompson e Bob Dylan? O un’infinità di altri scrittori e poeti di quel calibro nati negli anni 50 e 60? Dove saremmo senza classici moderni come “Paura e delirio a Las Vegas” o “The times they are a-Changin”?
Mi sono successe tante cose nei venti anni successivi al momento in cui mi sono seduto e ho aspirato a lungo, per la prima volta, il capolavoro di Kerouac.
Sono stato muratore, benzinaio, pessimo meccanico, stampatore, musicista, venditore televisivo, attore, bersaglio dei gironali scandalistici. Ma neanche per un momento ho abbandonato la strada mostratami da Jack attraverso mio fratello. E’ stato un viaggio interessante, pesante dal punto di vista emotivo e psicologico, ma straordinario per gli anni a venire.
E so che senza le sante parole di questi grandi scrittori che bruciavano nella mia testa sarei probabilmente finito legato a un letto in qualche clinica, massacrato fino a diventare irriconoscibile o morto per chissà quale disgrazia.
In conclusione, cosa può dire chiunque – professori, studenti, biografi – su questi angeli e diavoli che una volta camminavano tra noi, anche se forse a un passo da terra?
Johnny Depp


Irwin Allen Ginsberg (Newark, 3 giugno 1926 – New York, 5 aprile 1997)

Allen Ginsberg 
Urlo

Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla
follia, affamate isteriche nude,
trascinarsi nei quartieri negri all'alba
in cerca di un sollievo astioso,
alternativi dalle teste d'angelo in fiamme per l'antica celeste
connessione con la dinamo stellata nel meccanismo
della notte,

che in poverta' e stracci e occhi vuoti e fatti sedevano
fumando nell'oscurita' soprannaturale di
appartamenti con acqua fredda galleggianti tra le cime delle citta'
contemplando il jazz,
che esponevano i cervelli al Cielo sotto l'El[1] e
vedevano angeli maomettani barcollare illuminati su tetti
condominiali,
che attraversavano universita' con freddi occhi splendenti
allucinando l'Arkansas e la tragedia della Blake-light
fra gli studiosi della guerra,
che venivano espulsi dalle accademie per estremismo &
pubblicazione di odi oscene sulle finestre del
cranio,
che si annidavano in stanze non sbarbate in mutande, bruciando
i loro soldi in cestini dei rifiuti e ascoltando
il Terrore attraverso il muro,
che venivano perquisiti nelle barbe pubiche tornando via
Laredo con una cintura di marijuana per New York,
che mangiavano fuoco in alberghi riverniciati o bevevano trementina a
Parco Paradiso, morte, o purgatoriavano i propri
busti notte dopo notte
con sogni, con droghe, con incubi a occhi aperti,
alcol e cazzo e palle infinite,
incomparabili vicoli ciechi di nuvola vibrante e
fulmine nella mente scagliata verso i poli di
Canada & Paterson, che illumina tutto l'im-
moto mondo del Tempo in mezzo,
solidita' di Peyote di saloni, albe di cimitero dell'albero verde del
cortile, ubriachezza di vino sui tetti,
borghi commerciali di giretto da fumati semaforo lampeggiante
al neon, vibrazioni di sole e luna
e albero nelle ruggenti foschie invernali di Brooklin,
proclami Ashcan e luce mentale di re gentile,
che si incatenavano a metropolitane per l'interminabile
corsa da Battery al benedetto Bronx sotto benzedrina
finche' il rumore di ruote e bambini li faceva scendere
tremanti con la bocca convulsa e abbattuti il cervello inaridito
tutti drenati di splendore nella sconfortante luce di Zoo,
che si immergevano tutta la notte in luce sottomarina di Blickford's
emergevano e sedevano a smaltire la birra svaporata dopo
mezzogiorno in un desolato Fugazzi's, ascoltando il frastuono
d'inferno dal jukebox a idrogeno,
che parlavano senza interruzione settanta ore da parco a
casa a bar a Bellevue a museo al Ponte
di Brooklin,

battaglione disperso di conversazionalisti platonici che saltavano
fuori da scalinate da uscite di sicurezza da davanzali
dall'Empire State dalla luna,
chiacchiericciando strillando vomitando sussurrando fatti
e ricordi e aneddoti e pugni nell'occhio
e traumi di ospedali e carceri e guerre,
interi intelletti degurgitati in flusso di coscienza per sette giorni
e notti con occhi brillanti, carne per la
Sinagoga gettata sul pavimento,
che svanivano nel nulla Zen New Jersey lasciando una
pista di ambigue cartoline illustrate dell'Atlantic
City Hall,
soffrendo calure orientali e artriti Tangerine
e emicranie della Cina durante astinenze da roba
in una camera squallidamente arredata di Newark,
che giravano e giravano a mezzanotte nello
spiazzo della ferrovia domandandosi dove andare, e andavano,
senza spezzare nessun cuore,
che accendevano sigarette a camionate camionate camionate arrancando
nella neve verso fattorie solitarie nella notte
del nonno,
che studiavano Plotino Poe San Giovanni della Croce telepatia
e bebop cabbala perche il cosmo vibro'
istintivamente ai loro piedi in Kansas,
che si aggiravano solitari per le strade dell'Idaho cercando
angeli indiani visionari che fossero angeli indiani
visionari,
che pensavano di essere solo pazzi quando Baltimora
risplendette in estasi soprannaturale,
che saltavano in limousine con il Cinese dell'Oklahoma
ispirati dalla pioggia invernale di semaforo di paesino
a mezzanotte,
che si aggiravano affamati e soli per Houston
cercando jazz o sesso o zuppa, e seguirono lo
spagnolo brillante per conversare sull'America
e l'Eternita', un'impresa disperata, e cosi' si
imbarcarono per l'Africa,
che sparivano nei vulcani del Messico lasciando
dietro di se' nient'altro che l'ombra dei jeans
e la lampada lava e cenere di poesia sparpagliata nel
camino Chicago,
che riapparivano nel West investigando
sull'FBI in barbe e pantaloncini e grandi occhi
pacifisti sexy con la loro pelle abbronzata mentre
distribuivano incomprensibili volantini,
che si procuravano bruciature di sigarette sulle braccia per protesta
contro foschia narcotica di tabacco del Capitalismo,
che distribuivano pamphlet Supercomunisti a Union
Square piangendo e spogliandosi mentre le sirene
di Los Alamos li lamentavano via, e lamentavano
via Wall, e il traghetto di Staten Island pure
si lamentava,
che scoppiavano in lacrime nella palestra bianca nudi e
tremanti di fronte al meccanismo di altri
scheletri,
che mordevano ispettori sul collo e strillavano con gioia
in macchine della polizia per non aver commesso alcun crimine salvo
la propria pederastia in selvaggia ebollizione e intossicazione,
che ululavano in ginocchio nella metropolitana e venivano
trascinati via dal tetto agitando genitali e
manoscritti,
che si lasciavano fottere in culo da motociclisti
santi, e urlavano di gioia,
che pompavano e venivano pompati da quei serafini umani,
i marinai, carezze dell'Atlantico e amore
Caraibico,
che scopavano la mattina la sera in giardini
di rose ed erba di parchi pubblici e
cimiteri spargendo il loro seme liberamente per
chiunque volesse venire,
che singhiozzarono all'infinito provando a ridacchiare ma se la cavarono
con un gemito dietro un separe' di un bagno turco
quando il biondo & nudo angelo venne a infilzarli
con la spada,
che perdevano i ragazzi per le tre vecchie maledizioni del destino
la maledizione con un occhio solo del dollaro eterosessuale
la maledizione con un occhio solo che ammicca dall'utero
e la maledizione con un occhio solo che non fa nient'altro che
star seduta tutto il giorno a tagliare i fili d'oro
intellettuali del telaio dell'artigiano,
che copulavano estatici e insaziabili con una bottiglia di
birra un fidanzatino un pacchetto di sigarette una
candela e cadevano giu' dal letto, e continuavano sul
pavimento e nel soggiorno e finivano collassati
sul muro con una visione di troiaggine perfetta e orgasmo
che eludeva l'ultimo sprazzo di coscienza,
che addolcivano le fiche di un milione di ragazze tremanti
al tramonto, e avevano gli occhi rossi la mattina
ma erano preparati ad addolcire la fica del sole
nascente, chiappe balenanti nei fienili e nude
al lago,
che andavano a puttane per il Colorado in una miriade
di auto civette rubate, N.C., eroe segreto di questi
versi, amatore e Adone di gioia-di-Denver
alla memoria delle sue innumerevoli trombate di ragazze
in parcheggi vuoti e retri di tavole calde, sedili traballanti
di cinema, su cime di montagne in grotte o con
cameriere ossute in sollevamenti di sottane solitarie
ai bordi di strade familiari & specialmente solipsismi segreti
di gabinetti di stazioni di servizio & pure parchi di paese natio,
che sfumavano via in vasti film sordidi, erano sostituiti
nei sogni, si svegliavano a un inatteso manhattan, e
si tiravano fuori da sottoscala intossicati
di tocai senza cuore e orrori di sogni di ferro
da Terza Strada & vagavano verso uffici di
disoccupazione,
che camminavano tutta la notte con le scarpe piene di sangue sulle
banchine di neve aspettando che una porta dell'East
River si aprisse su una stanza piena di vapore
e oppio,
che creavano grandi drammi suicidi sui cornicioni
d'appartamento dell'Hudson sotto il riflettore blu
da coprifuoco della luna & le loro teste saranno
incoronate con l'alloro nell'oblio,
che mangiavano lo stufato d'agnello dell'immaginazione o digerivano
il granchio sul fondo fangoso dei fiumi di
Bowery,
che piangevano per la dolcezza delle strade spingendo carrelli
pieni di cipolle e cattiva musica,
che sedevano in scatole respirando nell'oscurita' sotto il
ponte, e si alzavano per costruire clavicembali nelle
loro stanze,
che tossivano al sesto piano di Harlem coronata di fiamme
sotto il cielo tubercoloso circondati
da casse arancioni di teologia,
che scribacchiavano tutta la notte completamente esaltati per sublimi
incantesimi che nel giallo mattino erano
strofe di spazzatura,
che cucinavano animali fradici polmoni cuore zampe coda borsht
& tortillas sognando il puro regno
vegetale,
che si infilavano sotto camion della carne in cerca di
un uovo,
che lanciavano gli orologi giu' dal tetto per esprimere il proprio voto
per un Eternita' al di fuori del Tempo, & delle sveglie
gli caddero sulla testa ogni giorno per il decennio successivo,
che si tagliarono i polsi per tre volte in successione senza
successo, ci rinunciarono e furono costretti ad aprire negozi
di antichita' dove credettero di stare
invecchiando e piangevano,
che furono bruciati vivi nei loro innocenti completi di flanella
su Madison Avenue fra esplosioni di versi plumbei
& il clangore corazzato dei reggimenti
della moda & gli squittii alla nitroglicerina delle
fatine della pubblicita' & il gas tossico di sinistri
editori intelligenti, o furono investiti dai
tassisti ubriachi della Realta' Assoluta,
che saltarono giu' dal Ponte di Brooklin questo e' successo
veramente e se ne andarono via ignoti e dimenticati
nel labirinto spettrale della zuppa di vicoli di
Chinatown & camion dei pompieri, nemmeno una birra gratis,
che cantavano dalle finestre disperati, cadevano dal
finestrino della metropolitana, saltavano sul lurido Passaic,
scavalcavano negri, gridavano per tutta la strada,
danzavano su bicchieri di vino rotti a piedi scalzi frantumavano
dischi fonografici di jazz tedesco dei nostalgici
anni '30 europei finivano il whisky e
vomitavano rumorosamente nella maledetta tazza del cesso, gemiti
nelle orecchie e l'esplosione di colossali fischi di
vapore,
che sfrecciavano sulle autostrade del passato viaggiando
verso la fuoriserie-Golgota dell'altro veglia in solitudine di
prigione o incarnazione jazz di Birmingham,
che guidavano per i campi settantadue ore per scoprire
se io ho avuto una visione o tu hai avuto una visione o lui ha
avuto una visione per scoprire l'Eternita',
che visitarono Denver, che morirono a Denver, che
tornarono da Denver & aspettarono invano, che
si occuparono di Denver & incubarono & furono soli a
Denver e infine se ne andarono per scoprire il
Tempo, & ora a Denver mancano molto i suoi eroi,
che caddero in ginocchio in cattedrali irrecuperabili pregando
per la salvezza dell'altro e luce e tette,
finche' l'anima si illuminava il pelo per un secondo,
che si spaccavano la testa in prigione aspettando
criminali impossibili con teste d'oro e il
fascino della realta' nei cuori che cantassero
dolci blues di Alcatraz,
che si ritirarono in Messico per coltivare un vizio, o sulle Montagne
Rocciose per intenerire Budda o a Tangeri per i ragazzi
o nel Sud del Pacifico per la locomotiva nera o
a Harvard per Narciso a Woodlawn alla
collana di margherite o alla tomba,
che esigevano test sanitari accusando la radio di
ipnotismo & restavano con la loro demenza & le loro
mani & la corte divisa,
che lanciavano insalata di patate ai relatori del CCNY sul Dadaismo
e succesivamente si presentavano sui
gradini di granito del manicomio con teste rasate
e discorsi carnevaleschi di suicidio, richiedendo
lobotomia immediata,
e che ricevevano invece il vuoto solido dell'insulina
Metrazolo elettricita' idroterapia psico-
terapia terapia occupazionale pingpong &
amnesia,
che per seria protesta capovolsero simbolicamente un unico
tavolo da pingpong, riposando brevemente in catatonia,
ritornando anni dopo veramente calvi a parte una parrucca di
sangue, e lacrime e dita, al destino visibile di pazzo delle guardie
delle citta' manicomio dell'Est,
le fetide sale del Pilgrim State, di Rockland e di Greystone,
bisticciandosi con gli echi dell'anima,
scatenandosi nella solitudine-panca-dolmen-impero
dell'amore a mezzanotte, sogno di vita un incubo,
corpi mutati in pietra pesanti come la
luna,
con mamma finalmente *******, e l'ultimo fantastico libro
lanciato fuori dalla finestra del locale, e l'ultima
porta chiusa alle 4 AM e l'ultimo telefono
sbattuto contro il muro per risposta e l'ultima stanza
arredata svuotata fino all'ultimo
mobile mentale, una rosa gialla di carta arrotolata
su una gruccia di fil di ferro nell'armadio, e persino
quella immaginaria, niente altro che uno speranzoso pezzettino
di allucinazione
ah, Carl, finche' non sei al sicuro neanch'io sono al sicuro, e
ora sei proprio nel completo brodo animale del
tempo
e chi dunque corse per le strade ghiacciate ossessionato
da un improvviso balenio dell'alchimia dell'uso
dell'ellissi il catalogo il metro & il piano
vibrante,
che sogno' e realizzo' brecce umanizzate in Tempo & Spazio
grazie a immagini giustapposte, e intrappolo'
l'arcangelo dell'anima tra due immagini visive
e unifico' i verbi elementari e concilio' il nome
e l'insorgere della coscienza saltando
con la sensazione di Pater Omnipotens Aeterna
Deus
per ricreare la sintassi e la misura della povera prosa
umana e apparire davanti a te muto e intelligente e
tremante di vergogna, respinto eppure
confessandosi l'anima per conformarla ai ritmi
del pensiero nella sua nuda testa infinita,
il barbone matto e battito d'angelo nel Tempo, sconosciuto,
eppure mettendo giu' qui quanto potrebbe rimanere da dire
nel tempo dopo la morte,
e sorse reincarnato nei panni spettrali del jazz nell'ombra
di corno dorato della banda e soffio' le
sofferenze d'amore della nuda mente dell'America in
un eli eli lamma lamma sabachtani grido di sassofono che
fece rabbrividire le citta' fino all'ultima radio
con il cuore assoluto del poema della vita macellato
dai loro stessi corpi buono da mangiare per mille
anni.



II

Quale sfinge di cemento e alluminio gli ha spaccato il cranio e ha mangiato
i loro cervelli e la loro immaginazione?
Moloch! Solitudine! Sporco! Bruttezza! Ashcan e dollari irraggiungibili!
Bambini urlanti sotto trombe delle scale! Ragazzi che gemono negli eserciti!
Vecchi che piangono nei parchi!
Moloch! Moloch! Incubo di Moloch! Moloch il senza amore! Moloch
Mentale! Moloch il grande giudicatore di uomini!
Moloch il carcere incomprensibile! Moloch prigione senz'anima ossa in croce
e Congresso di dolori! Moloch i cui edifici sono sentenze!
Moloch la vasta pietra della guerra! Moloch i governi
stupefatti!
Moloch la cui mente e' puro meccanismo! Moloch il cui sangue e' denaro
che corre! Moloch le cui dita sono dieci eserciti! Moloch il cui petto
e' una dinamo cannibale! Moloch il cui orecchio e' una tomba fumante!
Moloch i cui occhi sono mille finestre schermate! Moloch i cui grattacieli
si ergono nelle lunghe strade come innumerevoli Geova! Moloch le cui
fabbriche sognano e stridono nella nebbia! Moloch i cui fumaioli e
antenne coronano le citta'!
Moloch il cui amore e' infinito olio e pietra! Moloch la cui anima e' elettricita'
e banche! Moloch la cui poverta' e' lo spettro del genio! Moloch
il cui destino e' una nuvola di idrogeno asessuato! Moloch il cui nome e' la
Mente!
Moloch nel quale siedo solitario! Moloch nel quale sogno Angeli! Pazzia nel
Moloch! Bocchinaro nel Moloch! Senzamore e senzauomo nel Moloch!
Moloch che e' penetrato presto nella mia anima! Moloch nel quale sono coscienza
senza corpo! Moloch che mi ha terrorizzato via dalla mia estasi
naturale! Moloch che io abbandono! Svegliati Moloch! Luce che urla dal
cielo!
Moloch! Moloch! Appartamenti robot! sobborghi invisibili! tesori di sheletri!
capitali cieche! manifatture diaboliche! nazioni spettrali! manicomi
invincibili! cazzi di granito! bombe mostruose!
Si sono rotti la schiena per sollevare Moloch al Cielo! Pavimenti, alberi, radio,
tonnellate! sollevando la citta' al Cielo che esiste ed e' dappertutto attorno
a noi!
Visioni! presagi! allucinazioni! miracoli! estasi! portati via dal fiume
americano!
Sogni! adorazioni! illuminazioni! religioni! l'intero bastimento di stronzate
emotive!
Cambiamenti radicali! al fiume! capriole e crocifissioni! via con la corrente!
Esaltazioni! Epifanie! Disperazioni! Suicidi e grida di animali di dieci
anni! Menti! Nuovi amori! Generazione ribelle! giu' sugli scogli del
Tempo!
La benedetta risata autentica nel fiume! L'hanno vista tutti! gli occhi selvatici! le benedette grida!
Hanno dato l'addio! Sono saltati dal tetto! nella solitudine! facendo ciao!
portando fiori! Giu' nel fiume! nella strada!


III

Carl Solomon! Sono con te a Rockland
dove sei piu' pazzo di me
Sono con te a Rockland
dove dovrai sentirti ben strano
Sono con te a Rockland
dove imiti l'ombra di mia madre
Sono con te a Rockland
dove hai assassinato le tue dodici segretarie
Sono con te a Rockland
dove ridi per questo umorismo invisibile
Sono con te a Rockland
dove siamo grandi scrittori sulla stessa orribile macchina da scrivere
Sono con te a Rockland
dove la tua condizione e' diventata seria e lo riporta la radio
Sono con te a Rockland
dove le facolta' del cranio non tollerano piu' i vermi dei
sensi
Sono con te a Rockland
dove bevi il te' dal seno delle zitelle di Utica
Sono con te a Rockland
dove fai battute sul fisico delle tue infermiere le arpie del Bronx
Sono con te a Rockland
dove gridi in camicia di forza che stai perdendo la partita
dell'autentico pingpong degli abissi
Sono con te a Rockland
dove pesti sul pianoforte catatonico l'anima e' innocente e
immortale non dovrebbe morire mai empiamente in un manicomio armato
Sono con te a Rockland
dove cinquanta altri shock non restituiranno mai piu' la tua anima al corpo
dal suo pellegrinaggio verso una croce nel nulla
Sono con te a Rockland
dove accusi i dottori di demenza e trami la rivoluzione
ebrea socialista contro il Golgota nazionale fascista
Sono con te a Rockland
dove separerai i cieli di Long Island e farai risorgere il tuo
vivente Gesu' umano dalla tomba sovrumana
Sono con te a Rockland
dove ci sono venticinquemila compagni rabbiosi che cantano tutti assieme
le strofe finali dell'Internazionale
Sono con te a Rockland
dove abbracciamo e baciamo gli Stati Uniti sotto le lenzuola gli
Stati Uniti che tossisce tutta la notte e non ci lascia dormire
Sono con te a Rockland
dove ci svegliamo elettrificati dal coma per gli aeroplani delle
nostre anime che rombano sul tetto sono venuti a sganciare bombe angeliche
l'ospedale si illumina mura immaginarie franano O smunte legioni
correte fuori O scossa di grazia a stelle e strisce la guerra
eterna e' giunta O vittoria lascia perdere le mutande siamo liberi
Sono con te a Rockland
nei miei sogni cammini gocciolando da un viaggio di mare sull'autostrada
attraverso l'America in lacrime verso la porta della mia villetta nella notte
dell'Occidente


Irwin Allen Ginsberg (Newark, 3 giugno 1926 – New York, 5 aprile 1997)

E' troppo tempo che sono solo. Voglio l'amore per il quale sono nato. Voglio te qui con me, ora.
- Allen Ginsberg






Irwin Allen Ginsberg (Newark, 3 giugno 1926 – New York, 5 aprile 1997)

«La poesia non è un'espressione. E' il tempo di notte, dormire nel letto, pensiero di quello che realmente pensi, rendere il mondo privato pubblico, ed è questo che il poeta fa.»

Allen Ginsberg


Bette Davis (Lowell, 5 aprile 1908 – Neuilly-sur-Seine, 6 ottobre 1989)

Ho orrore del romanticismo a buon mercato.
- Bette Davis in "Eva contro Eva"