sabato 5 aprile 2014

Jonny Depp e l'incontro con Allen Ginsberg

Ho avuto l’onore di incontrare e conoscere Allen Ginsberg per un breve periodo. Il primo incontro avvenne a New Jork a uno stage musicale: entrambi avevamo una parte nel film “the united states of poetry”. Io stavo leggendo un brano da Mexico City Blues di Kerouac e più esattamente il 211 coro. Mentre lo stavo provando per la telecamera, vidi con la coda dell’occhio un viso familiare. “Merda”, pensai, “quello è Ginsberg”. Fummo presentati e lui si lanciò immediatamente in un’infuocata interpretazione per mostrarmi il modo migliore di eseguire il coro in qeustione. “Come lo avrebbe fatto Jack!” sottolineò Allen.
Ero di fronte a uno dei poeti più dotati e importanti del XX secolo. E con tutta la sincerità e il fegato che riuscii a mettere insieme dissi: “Si, ma non lo sto leggendo come se fossi lui. Lo sto leggendo io, è la mia interpretazione della sua opera”.
Silenzio, un LUUUNGO silenzio. Tic tac, tic tac, tic tac…sorridendo nervosamente, i miei occhi andavano titubanti dal suo viso al pavimento. Aspirai metà della mia cinque-millesima sigaretta della giornata con una boccata mostruosa e riempii del mio veleno l’aria intorno a noi.
Fu in quel preciso momento che ricordai della sua poesia “Don’t smoke!” troppo tardi…Accidenti, ragazzo…sei già nei guai! Guardai Ginsberg, lui mi guardò, il regista ci guardò entrambi e la troupe guardò lui: fu un attimo, ma che attimo. Gi occhi di Allen si strinsero, poi cominciarono a brillare come due luci. Sorrise con un sorriso mistico e sentii come se Dio in persona mi avesse perdonato il più terribile dei peccati.
Dopo le riprese, tornammo in auto al suo appartamento nella Lower East Side per un té. Allen fu cos’ gentile da raccontarmi gli anni con kerouac, Cassady e gli altri. Parlammo di diverse cose, dal costo di una corsa in limousine al tono di vocce acuto di Oscar Wilde, di cui possedeva una registrazione della lettura di “The ballad of Reading Goal”. Flirtò imperturbabilmente e senza sosta per tutto il tempo che restai con lui, permettendomi anche di fumare a patto che restassi vicino alla finestra. Mi fece una dedica su un libro e un altro paio di autografi (uno per mio fratello, ovviamente). Poi tornai in albergo e scoprii che mi aveva già richiamato per un invito a non so che cosa.
Da quel giorno in poi ci tenemmo sempre in contatto e qualche volta ci incontrammo, sino alla nostra ultima telefonata, appena tre giorni prima della sua scomparsa.
Mi chiamò per dirmi che stava per morire e sarebbe stato bello incontrarci ancora una volta prima che se ne andasse. Era così calmo e sereno che dovetti chiedergli come si sentiva inquella situazione. mi rispose con grazia che era come un’increspatura in un mare di tranquillità. Poi pianse e io con lui; mi disse che mi voleva bene e io pure.
Gli dissi che sarei andato a New Jork al più presto e, cazzo, stavo per andarci – la notizia arrivò solo qualche giorno dopo.
Ginsberg era un grand’uomo, come i suoi vecchi amici. Insieme hanno spianato la strada a molti e molti altri ancora che verranno. Il contributo di questi uomini va ben oltre le loro parole. Senza sulla strada, l’urlo o il pasto nudo, per esempio, avremmo avuto la fortuna di conoscere Hunter S. Thompson e Bob Dylan? O un’infinità di altri scrittori e poeti di quel calibro nati negli anni 50 e 60? Dove saremmo senza classici moderni come “Paura e delirio a Las Vegas” o “The times they are a-Changin”?
Mi sono successe tante cose nei venti anni successivi al momento in cui mi sono seduto e ho aspirato a lungo, per la prima volta, il capolavoro di Kerouac.
Sono stato muratore, benzinaio, pessimo meccanico, stampatore, musicista, venditore televisivo, attore, bersaglio dei gironali scandalistici. Ma neanche per un momento ho abbandonato la strada mostratami da Jack attraverso mio fratello. E’ stato un viaggio interessante, pesante dal punto di vista emotivo e psicologico, ma straordinario per gli anni a venire.
E so che senza le sante parole di questi grandi scrittori che bruciavano nella mia testa sarei probabilmente finito legato a un letto in qualche clinica, massacrato fino a diventare irriconoscibile o morto per chissà quale disgrazia.
In conclusione, cosa può dire chiunque – professori, studenti, biografi – su questi angeli e diavoli che una volta camminavano tra noi, anche se forse a un passo da terra?
Johnny Depp


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