sabato 15 marzo 2014

Tu quoque, Brute, fili mi!

"Quando egli fu seduto, i congiurati lo attorniarono come per rendergli omaggio. E subito Tillio Cimbro, che si era assunto il compito di dare il via all'azione, gli si avvicinò come per chiedergli qualcosa, e, quando l'altro fece un cenno di rifiuto rimandando ad altro momento. gli afferrò da entrambe le spalle la toga; poi, mentre Cesare gridava: "ma questa è violenza!", uno dei due Casca lo ferì da dietro un poco sotto la gola. Cesare, afferrato il braccio di Casca, lo trafisse con uno stilo; ma poi, mentre tentava di dare un balzo, fu bloccato da un'altra ferita. Quando si rese conto di essere da ogni parte preso di mira dalle armi impugnate, si avvolse la toga intorno al capo, mentre con la sinistra ne fece scendere le pieghe sino in fondo ai piedi, per cadere più compostamente con la parte inferiore del corpo anch'essa coperta. E così, fu trafitto da ventitrè ferite, emettendo un solo gemito al primo colpo, senza una parola. Alcuni però, hanno raccontato che , a Bruto che gli si avventava contro, egli disse : "καὶ σύ, τέκνον;" . Ormai spirato, mentre tutti fuggivano qua e là, egli rimase lì a giacere per qualche tempo, finchè, caricato su una lettiga, con il braccio che ne pendeva giù, tre giovani schiavi lo riportarono a casa. E fra tante ferite, a parere del medico Antistio, nessuna fu riscontrata veramente letale, tranne la seconda che aveva ricevuto nel petto".
Gaio Svetonio Tranquillo, De vita Caesarum, Liber Primus, Divus Iulius



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