martedì 25 febbraio 2014

La riforma della commedia dell'arte

Goldoni è un professionista del teatro, che vive dei proventi del proprio lavoro e le cui opere sono inserite in un circuito commerciale: andando a teatro e pagando il biglietto il pubblico decreta il maggiore o minore successo delle commedie. Per queste ragioni durante la sua lunga carriera Goldoni si impegna nella riforma della commedia tradizionale, dovendo ottenere il consenso del pubblico, ma sarà anche degli impresari e degli attori, senza l'appoggio dei quali non sarebbe possibile introdurre alcuna novità.
Goldoni affida il suo pensiero sul teatro a due testi del 1750. Ne "Il teatro comico" mette in scena una compagnia teatrale durante le prove di una commedia, illustrando così, con un esempio di teatro nel teatro, i principi della riforma : la sostituzione del canovaccio, in base al quale gli attori improvvisano, con un testo scritto per intero; la presentazione di luoghi e persone reali; la semplificazione della trama, non più costruita su equivoci, scambi di persone ecc. Questi concetti sono ribaditi nella Prefazione alla prima raccolta delle commedie, in cui Goldoni esplicita i suoi modelli di riferimento: il Mondo e il Teatro, cioè la realtà viva e autentica degli uomini e la finzione scenica. La soppressione della maschera è un processo lento, che il commediografio veneziano inizia già nel 1738 con il Momolo cortesan, per cui il protagonista scrive tutti i dialoghi. Allo stesso tempo opera il riscatto delle figure femminili, liberate dalla rigidità del ruolo fisso di servetta: emblema di questo percorso è Mirandolina, protagonista della Locandiera (1753). Goldoni, inoltre, ritrae spesso la borghesia veneziana, in cui il pubblico può riconoscersi; anche il popolo, però, specialmente dalla fine degli anni Cinquanta, diventa fonte di ispirazione: si pensi a Il campiello (1756) o a Le baruffe chiozzotte ( 1760). L'esigenza di realismo fa scegliere a Goldoni il veneziano come lingua privilegiata, tanto più che a Venezia tutti, dai ceti popolari alle classi più colte, si esprimono in dialetto. Ma non mancano testi in cui usa l'italiano o, negli anni trascorsi a Parigi, il francese.

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